Ricostruzione scuole a l’Aquila: a distanza di tre anni dal fatto non si può applicare alcuna misura cautelare.
Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 26 febbraio – 9 maggio 2013, n. 20112
Presidente Serpico – Relatore De Amicis
Ritenuto in fatto
1. Con ordinanza emessa in data 19 novembre 2012 il Tribunale del riesame di l'Aquila ha revocato la misura cautelare degli arresti domiciliari applicata a S.C. con provvedimento adottato dal G.i.p. presso il Tribunale di L'Aquila in data 15 ottobre 2012. Le imputazioni provvisorie enucleate a carico dell'indagato hanno ad oggetto condotte di turbativa di una pubblica gara per l'affidamento di incarichi inerenti ad indagini strutturali post-sisma nelle scuole di L'Aquila e provincia - nella cui assegnazione egli sarebbe stato favorito da G.G., Provveditore alle opere pubbliche di L'Aquila - e di abuso d'ufficio, per avere ricevuto dal su citato Provveditorato l'incarico di lavori di progettazione e messa in sicurezza inerenti alla viabilità e alla ricostruzione di opere pubbliche a seguito del terremoto.
2. Con altra ordinanza emessa in pari data, il Tribunale del riesame di L'Aquila ha revocato la misura cautelare dell'obbligo di presentazione alla P.G. applicata al coindagato G.G. con provvedimento adottato dal G.i.p. presso il Tribunale di L'Aquila in data 15 ottobre 2012. Le imputazioni provvisorie enucleate a carico dell'indagato hanno ad oggetto condotte di turbativa di una pubblica gara per l'affidamento di incarichi inerenti ad indagini strutturali post-sisma nelle scuole di L'Aquila e provincia - attraverso cui sarebbe stato favorito uno studio di progettazione gestito dal coindagato S.C. - e di abuso d'ufficio per aver assegnato, allo studio di progettazione di cui è titolare lo stesso S., lavori di progettazione e messa in sicurezza inerenti alla ricostruzione di opere pubbliche a seguito del terremoto di L'Aquila.
3. Avverso le predette ordinanze del Tribunale del riesame di L'Aquila ha proposto ricorso per cassazione la Procura della Repubblica presso il Tribunale di L'Aquila, deducendone la carenza e la contraddittorietà della motivazione in relazione ai profili qui di seguito evidenziati:
a) per quel che attiene alla posizione dello S., pur ritenendo sussistenti le esigenze cautelari, il Tribunale del riesame ha considerato eccessiva la misura degli arresti domiciliari in ragione del tempo trascorso ed ha ritenuto, dunque, fronteggiabile il pericolo di reiterazione dei reati con l'applicazione di una misura interdittiva, che tuttavia non ha emesso, erroneamente considerandola del tutto inefficace a seguito della sospensione dell'indagato dall'ordine degli ingegneri della Provincia di Roma: al riguardo, infatti, l'impugnata ordinanza non avrebbe valutato il dato oggettivo della norma di cui all'art. 46 del R.D. n. 2537/1925, secondo cui la misura sospensiva ha valore sino alla revoca della misura cautelare, con la conseguenza che il provvedimento di annullamento adottato dal Tribunale del riesame ne ha comportato l'immediata revoca;
b) per quel che attiene alla posizione del G., inoltre, la motivazione risulterebbe contraddittoria, poiché vi si afferma che l'indagato, pur essendo Provveditore alle opere pubbliche in Campania, non può commettere reati della stessa specie di quello per il quale si procede, avuto riguardo alla carenza di motivazione del provvedimento in precedenza adottato dal G.i.p. circa le esigenze di cui all'art. 274, lett. c), c.p.p., ed all'insufficienza delle risultanze offerte dalle attività investigative, laddove il provvedimento adottato dal G.i.p. non solo avrebbe valutato l'attualità delle esigenze, ma avrebbe ben distinto le posizioni dei due indagati, graduando conseguentemente l'intensità del vincolo cautelare.
Considerato in diritto
4. Il ricorso è infondato e va conseguentemente rigettato in ordine ad entrambe le posizioni processuali sopra indicate.
5. Occorre preliminarmente rilevare, alla luce di un pacifico insegnamento giurisprudenziale, che, in tema di misure coercitive, la distanza temporale tra i fatti e il momento della decisione cautelare, giacché tendenzialmente dissonante con l'attualità e l'intensità dell'esigenza cautelare, comporta un rigoroso obbligo di motivazione sia in relazione al requisito dell'attualità, sia in relazione alla scelta della misura (Sez. 6, n. 27865 del 10/06/2009, dep. 07/07/2009, Rv. 244417; Sez. 2, n. 21564 del 08/05/2008, dep. 28/05/2008, Rv. 240112; v., inoltre, Sez. 2, n. 47416 del 30/11/2011, dep. 21/12/2011, Rv. 252050).
Nel caso di specie, i fatti oggetto della contestazione in sede cautelare risalgono ad un'epoca ricompresa fra il mese di giugno e quello di settembre del 2009, ossia a circa tre anni di distanza dalla data di adozione del provvedimento applicativo delle misure cautelari poi revocate dal Tribunale.
V'è inoltre da considerare, con riferimento alla sola posizione del G. , che, nell'ambito dei reati contro la P.A., il giudizio di prognosi sfavorevole sulla pericolosità sociale dell'incolpato non è di per sé impedito dalla circostanza che l'indagato abbia dismesso la carica o esaurito l'ufficio nell'esercizio del quale aveva realizzato la condotta addebitata, purché il giudice fornisca adeguata e logica motivazione sulle circostanze di fatto che rendono probabile che l'agente, pur in una diversa posizione soggettiva, possa continuare a porre in essere condotte antigiuridiche aventi lo stesso rilievo ed offensive della stessa categoria di beni e valori di appartenenza del reato commesso (v., ex multis, Sez. 6, n. 9117 del 16/12/2011, dep. 07/03/2012, Rv. 252389).
6. Ciò premesso, le impugnate ordinanze, pur nell'incerto susseguirsi di talune sequenze argomentative che ne connotano il percorso motivazionale, devono ritenersi corrette nella parte in cui hanno delibato l'inesistenza di esigenze cautelari atte a giustificare l'applicazione delle misure coercitive revocate in sede di riesame.
Al di là della pretesa contraddittorietà dell'iter motivazionale, nella parte in cui si esclude l'esistenza del pericolo di reiterazione delle condotte criminose - che il ricorrente deduce più su profili "lessicali" che non su concrete premesse fattuali - restano i dati ineludibili della notevole lontananza nel tempo dei fatti contestati e della mancata illustrazione di positive e specifiche emergenze investigative atte a suffragare l'ipotizzato periculum in libertate con riferimento alla particolare natura della vicenda in contestazione.
La circostanza, infatti, che il legislatore abbia avvertito la necessità di inserire, nell'art. 292, comma secondo, lett. c), c.p.p. - come novellato ad opera della L. 8 agosto 1995, n. 332 - tra i requisiti che obbligatoriamente devono comporre la motivazione dell'ordinanza cautelare anche lo specifico riferimento, quanto alle esigenze che giustificano la misura, alla vantazione "del tempo trascorso dalla commissione del reato", sta a significare che la pregnanza del periculum di volta in volta preso in considerazione, deve necessariamente "attualizzarsi" in proporzione diretta con il tempus commissi delicti, sull'ovvia presupposizione che, alla maggior distanza temporale dei fatti, ineluttabilmente finisca di regola per corrispondere un proporzionale affievolimento delle esigenze di cautela.
Ne discende, conclusivamente, che la mancata prospettazione di elementi positivi e specifici che denotino la concretezza e l'attualità dell'ipotizzato pericolo di recidiva, avuto riguardo proprio alla natura ed alla lontananza nel tempo dei fatti, ha coerentemente indotto il Tribunale del riesame a negare la sussistenza dei presupposti per l'applicazione del vincolo cautelare.
P.Q.M.
rigetta il ricorso del P.M..
11-05-2013 17:05
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