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Sentenza

Liberazione anticipata. Il Tribunale di Sorveglianza deve accertare che durante la detenzione all'estero il condannato non abbia già usufruito di analogo beneficio.
Liberazione anticipata. Il Tribunale di Sorveglianza deve accertare che durante la detenzione all'estero il condannato non abbia già usufruito di analogo beneficio.
Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 19 aprile – 20 maggio 2013, n. 21373
Presidente Chieffi – Relatore Tardio

Ritenuto in fatto

1. Con ordinanza del 26 giugno 2012, il Tribunale di sorveglianza di Roma ha rigettato il reclamo proposto da P.G. , detenuto presso la Casa circondariale di Roma, avverso l'ordinanza dell'1 dicembre 2010, che aveva rigettato la richiesta di liberazione anticipata con riferimento ai periodi detentivi in valutazione dal 20 dicembre 1995 al 23 aprile 1996 e dall'8 marzo 1998 al 22 ottobre 2002.
Il Tribunale, a ragione della decisione, rilevava che:
- il Ministro dell'interno spagnolo aveva comunicato che il reclamante nei periodi indicati, pur avendo ricevuto due encomi, era incorso in quattro sanzioni disciplinari, tre delle quali qualificate gravi e una molto grave;
- non era pervenuta la specificazione richiesta in merito alla natura di dette infrazioni, che il reclamante aveva collegato, quanto a tre, alle sue condizioni di salute;
- il reclamo era comunque infondato, poiché la detenzione patita all'estero non poteva valere come detenzione sofferta in Italia per la possibile diversità dei presupposti richiesti per la sua concessione e per la possibile sussistenza di altri benefici già ottenuti dal reclamante durante la stessa.
2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, per mezzo del suo difensore, il condannato, che ne ha chiesto l'annullamento sulla base di unico motivo, con il quale denuncia violazione di legge, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., in relazione alla richiesta di liberazione anticipata, evidenziando di trovarsi detenuto all'estero in forza di sentenza italiana in attesa di estradizione per l'Italia e che non avrebbe mai potuto usufruire dei benefici previsti dall'ordinamento penitenziario dello Stato straniero.
3. Il Procuratore Generale presso questa Corte ha depositato requisitoria scritta e ha concluso per l'annullamento con rinvio dell'ordinanza impugnata, richiamandosi al principio espresso da questa Corte con sentenza n. 2956 del 24 ottobre 2012.

Considerato in diritto

1. Il ricorso è fondato e deve essere accolto.
2. Questa Corte ha, con recente decisione (Sez. 1, n. 31012 del 06/06/2012, dep. 30/07/2012, Paci, Rv. 253292), fissato il principio di diritto secondo il quale i benefici regolamentati dall'art. 54 Ord. Pen. in favore del detenuto, che fornisca prova di partecipazione all'opera di rieducazione, sono applicabili anche ai periodi di detenzione espiati in uno Stato estero della Comunità Europea per fatti giudicati in quel Paese, quando l'espiazione sia poi completata nello Stato italiano.
2.1. Tale principio, ripreso successivamente da questa Sezione (con sentenza n. 46805 del 24/10/2012, dep. 04/12/2013, D'Anna, non massimata), è stato affermato richiamando:
- il testo letterale dell'art. 54 Ord. Pen., che non distingue se la detenzione da considerare sia quella inflitta da un giudice italiano ovvero da un giudice straniero, né se la stessa sia stata in parte espiata in struttura carceraria estera;
- il principio della fungibilità delle detenzioni espiate in Stati diversi, che, fissato normativamente dall'art. 738 cod. proc. pen., trova significativa espressione nel processo di integrazione giuridica tra Stati della Unione Europea;
- la previsione dell'art. 16, comma 1, d.lgs. n. 161 del 2010, che, nel dare esecuzione nel diritto interno alla decisione quadro 2008/909/GAI, volta all'armonizzazione dei sistemi esecutivi e a una loro sostanziale fungibilità, ha stabilito che "la pena espiata nello Stato di emissione è computata ai fini della esecuzione";
- i principi espressi dalla Convenzione di Strasburgo nella parte in cui, con riguardo alla continuazione della esecuzione (art. 10, comma 2), stabilisce che, "se la sua legge lo esige", lo Stato di esecuzione "può, per mezzo di una decisione giudiziaria o amministrativa, adattare la sanzione alla pena o misura prevista dalla propria legge interna per lo stesso tipo di reato";
- i principi costituzionali, in forza dei quali deve darsi pratica concretizzazione degli istituti normativi nazionali ai fini della risocializzazione del detenuto, e deve garantirsi la parità di trattamento del detenuto quanto alla valutazione della pena, a prescindere dal luogo della espiazione della stessa o delle sue parti, anche in rapporto ad altri detenuti che non hanno espiato all'estero parte della pena.
2.2. Con l'indicato principio di diritto questa Corte si è posta in consapevole contrasto con diverso arresto, cui si è uniformato il Tribunale con l'ordinanza impugnata e che ha stabilito che, "in tema di esecuzione in Italia di sentenza straniera, la liberazione anticipata può trovare applicazione solo con riferimento al periodo della esecuzione della pena in Italia e non con riguardo al periodo di esecuzione sofferto nello Stato di condanna" (Sez. 1, n. 33520 del 07/07/2010, dep. 13/09/2010, Aita, Rv. 248125), lo stesso criticando ed esaustivamente indicando le ragioni del diverso opinamento, posto a fondamento, unitamente alla parziale diversità delle fattispecie esaminate, del diverso predetto principio.
2.3. Il principio è stato in seguito condiviso e riaffermato da questa Sezione (con sentenza n. 7917 del 08/11/2012, dep. 18/02/2013, Gradica, non massimata), anche con riguardo alla fattispecie attinente a soggetto straniero, condannato in Italia, arrestato all'estero in esecuzione di mandato di arresto internazionale e lì rimasto detenuto, in attesa della estradizione, per un periodo valutato poi come presofferto rispetto alla pena in espiazione in Italia.
3. Il Collegio ritiene di uniformarsi agli indicati principi di diritto con riguardo alla fattispecie de qua, poiché il ricorrente ha subito periodi di detenzione in carcere spagnolo, indicati nella sua richiesta e riscontrati con l'ordinanza impugnata, condividendosi le ragioni già evidenziate da questa Corte nel rimarcare che l'esecuzione della pena deve avvenire nel rispetto della disciplina legislativa dello Stato di esecuzione, e quindi anche dei benefici penitenziari dalla stessa previsti, e secondo una interpretazione c.d. costituzionalmente orientata delle pertinenti norme.
Tale rilievo è, peraltro, in continuità all'indirizzo di legittimità, risalente nel tempo e in più occasioni coerentemente e logicamente ripreso, favorevole alla concessione della liberazione anticipata in relazione ai semestri di detenzione espiati all'estero (Sez. 1, n. 3193 del 15/07/1997, dep. 28/10/1997, Ciaccio, Rv. 176906; Sez. 1, n. 2304 del 09/04/1996, dep. 30/05/1996, Ronch, Rv. 204923; Sez. 1, n, 6204 del 12/11/1999, dep. 07/12/1999, Gstrein, Rv. 214832; Sez. 1, n.17229 del 27/02/2001, dep. 28/04/2001, P.G. in proc. Fidanzati, Rv. 218745).
4. La richiesta ammissibile deve essere pertanto esaminata nel merito da parte del Tribunale di sorveglianza di Roma, al quale gli atti devono essere rinviati per nuovo esame, previo annullamento dell'ordinanza impugnata.
Secondo i criteri più volte indicati in questa sede il Giudice del rinvio, in particolare, dovrà provvedere, ricorrendo ai mezzi che presiedono all'assistenza e alla cooperazione giudiziaria e richiedendo la collaborazione dei competenti organi sociali e amministrativi, ad acquisire gli elementi di giudizio che, pur in mancanza di sottoposizione del condannato ad attività trattamentali, siano idonei a rappresentare la sua partecipazione all'opera di rieducazione, la sua revisione critica della propria condotta e la sua volontà di abbandonare gli schemi di vita devianti, valutando il suo comportamento in istituto, l'osservanza delle prescrizioni e degli obblighi impostigli, l'eventuale attività lavorativa da lui svolta, l'atteggiamento manifestato nei confronti degli operatori penitenziari e la qualità dei rapporti intrattenuti con i compagni di detenzione e con i familiari (Sez. 1, n. 2304 del 09/04/1996, già citata), e accertando, nello stesso tempo, che durante la detenzione all'estero il condannato non abbia già fruito di misura alternativa con effetto equivalente a quello che consegue, nell'ordinamento italiano, alla liberazione anticipata, e che la richiesta di applicazione di una tale misura non sia stata già respinta dalla competente autorità straniera.

P.Q.M.

Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di sorveglianza di Roma.
Avv. Antonino Sugamele

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