La sposa, il sacerdote e i testimoni celebrano il matrimonio, ma lo sposo è in coma, stato vegetativo. E' nullo ?
Matrimonio concordatario con lo sposo che versa in stato vegetativo - E' valido agli effetti civili ?
Corte di Cassazione Sez. Quinta Pen. - Sent. del 07.01.2013, n. 240
Presidente Teresi - Relatore De Marzo
Ritenuto in fatto
1. Con sentenza del 16/02/2011, la Corte d'appello di Milano, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Como, sezione distaccata di Erba del 24/11/2009, ha assolto l'imputata R.E. dall'imputazione ascrittale perché il fatto non costituisce reato, revocando le connesse statuizioni civili, ha dichiarato C.C. carente di legittimazione ad impugnare la sentenza e ha confermato nel resto la decisione di primo grado.
2. Le imputazioni originarie coinvolgevano: a) C.C. , P.B. , Ca.La. e D.M.R. , perché, in concorso tra loro, la prima nella qualità di sposa, il secondo nella qualità di sacerdote, gli ultimi due quali testimoni, formando l'atto di matrimonio celebrato in data (…) tra la prima e Pa.Ac.Co. , avevano attestato falsamente che entrambi i contraenti erano stati interrogati dal sacerdote celebrante ed avevano espresso il loro consenso e che, successivamente, il sacerdote aveva dato lettura degli articoli del codice civile riguardanti i diritti e i doveri dei coniugi, circostanze non vere, in quanto il Pa. si trovava ricoverato in una clinica in coma, in stato vegetativo (art. 110 e 479 cod. pen.); b) R.E. , perché, in qualità di ufficiale dello stato civile del comune, avendo ricevuto la richiesta di trascrizione agli effetti civili del matrimonio di cui al capo a), pur risultando agli atti che lo sposo era in stato di coma, eseguendo la trascrizione, attestava falsamente l'insussistenza di impedimenti inderogabili, circostanza non vera, dal momento che il Pa. versava in stato di incapacità di intendere e di volere (art. 479 cod. pen.).
3. Nel giudizio di primo grado si era costituita parte civile Pa.Id.Cl. , sorella dello sposo, deceduto in seguito, senza essersi ripreso dallo stato comatoso.
Il Tribunale di Como: 1) aveva assolto gli imputati in relazione al capo a) sopra riportato, non avendo gli stessi reso false attestazioni, dal momento che il matrimonio era stato celebrato con rito canonico in articulo mortis ed era stato espressamente indicato nell'atto che uno dei nubendi era in stato comatoso; 2) aveva condannato la R. alla pena ritenuta di giustizia; 3) aveva, a norma dell'art. 537, cod. proc. pen,, dichiarato la falsità della trascrizione dell'atto di matrimonio e ne aveva ordinato la cancellazione.
4. La Corte d'Appello, prima di assolvere anche la R. , essendo insufficiente la prova dell'elemento soggettivo, ha ritenuto, ai sensi dell'art. 599, comma 1, lett. a) cod. proc. pen., la C. carente di legittimazione ad impugnare la pronuncia di primo grado con riguardo al capo della sentenza aveva ordinato la cancellazione della trascrizione dell'atto di matrimonio. Secondo la Corte, l'art. 537 cod. proc. pen. consente l'autonoma impugnazione della pronuncia sulla falsità dei documenti anche all'imputato prosciolto, ma limitatamente al capo della sentenza che contiene la decisione sull'imputazione. Pertanto la C. era priva di legittimazione, dal momento che non le non era stata rivolta alcuna accusa riguardo alla trascrizione dell'atto di matrimonio, avendo la sua imputazione ad oggetto esclusivamente la formazione dell'atto di matrimonio.
5. Nell'interesse della C. è stato proposto ricorso per cassazione, affidato a due articolati motivi.
5.1. Con il primo motivo, si lamenta, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. b) e c) cod. proc. pen., inosservanza ed erronea applicazione di norme di legge, nonché inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità, inutilizzabilità o di decadenza, con particolare riferimento agli artt. 537 e 591, comma 1, lett. a) cod. proc. pen.
La ricorrente rileva che l'art. 537, comma 2 cod. proc. pen. impedisce di ordinare la cancellazione, la ripristinazione, la rinnovazione quando possono essere pregiudicati interessi di terzi non intervenuti come parti nel processo. Da tale previsione si ricava che la parte del processo ha il diritto di impugnare le statuizioni in punto di falsità dei documenti che incidano sui suoi interessi. E, nella specie, la cancellazione della trascrizione dai registri dello stato civile del matrimonio canonico avrebbe impedito al matrimonio di produrre i suoi effetti nell'ordinamento dello Stato. In questa prospettiva, la regola di legittimazione ad impugnare posta dall'art. 537, comma 3, cod. proc. pen., si pone, da un lato, come norma speciale rispetto a quella di cui all'art. 593, comma 2, cod. proc. pen., e, dall'altro, come logico sviluppo della disciplina contenuta nel comma 2 del medesimo art. 537.
5.2. Con il secondo motivo, la ricorrente lamenta, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. b) cod. proc. pen., inosservanza ed erronea applicazione di norme di legge, con particolare riguardo agli artt. 479 cod. pen., 12, 13, 16 della legge 27 maggio 1929, n. 847, e 8 della legge 25 marzo 1985, n. 121, sottolineando l'erroneità dell'affermazione della Corte per cui il matrimonio, nel caso di specie, non avrebbe dovuto essere trascritto, per l'incapacità naturale del nubendo. La ricorrente rileva che tale vizio non rientra tra le cause, tassative, ostative alla trascrizione del matrimonio canonico, disciplinate dall'art. 12 della L. n. 847 del 1929, ma rappresenta, a seguito della sentenza 1 marzo 1971, n. 32 della Corte costituzionale, dichiarativa dell'illegittimità costituzionale dell'art. 16 della medesima L. n. 847 cit., solo una causa di impugnazione della trascrizione.
6. Nella sua memoria, la parte civile rinvia alle argomentazioni della Corte territoriale in punto di legittimazione all'impugnazione e, nel merito, rileva che l'assoluta impossibilità dello sposo, in stato comatoso, di esprimere il consenso determina l'inesistenza del matrimonio.
Considerato in diritto
1. Il primo motivo del ricorso è fondato.
Come già precisato da questa Corte (Sez. 5, n. 16506 del 21/04/2006, Di Sero, Rv. 234455), il capo della sentenza relativo alla declaratoria di falsità è appellabile dall'imputato anche in caso di proscioglimento, posto che l'art. 537, comma 3, cod. proc. pen. istituisce una regola speciale rispetto a quella dettata dall'art. 593, comma 2, cod. proc. pen.
Ciò posto, deve rilevarsi che, già sul piano letterale, l'art. 537, comma 3 non circoscrive affatto l'impugnazione dell'imputato al capo della sentenza che contiene la decisione sull'imputazione a lui contestata.
La norma, infatti, si limita a individuare il mezzo di gravame posto a disposizione dell'imputato e prevede che la pronuncia sulla falsità è impugnabile, anche autonomamente, con il mezzo previsto dalla legge per il capo che contiene la decisione sull'imputazione.
Ne discende che la legittimazione all'impugnazione riposa sul presupposto previsto, in generale, dall'art. 568, comma 4, cod. proc. pen. (”per proporre impugnazione è necessario avervi interesse”).
Tale conclusione è rafforzata dalla lettura sistematica dell'art. 537 del codice di rito, il cui comma 2 esclude che la cancellazione, la rinnovazione o la riforma dell'atto o del documento possano essere ordinate, quanto siano suscettibili di pregiudicare gli interessi di terzi non intervenuti come parti nel procedimento. Il legislatore, in tal modo, condiziona lo stesso potere dell'autorità giudiziaria di assumere decisioni rispetto all'atto alla partecipazione degli interessati al procedimento, con la conseguenza che del tutto coerentemente deve poi riconoscersi a questi ultimi, in quanto espressamente considerati come parti del procedimento stesso, il potere di impugnazione di cui al successivo comma 3 del medesimo art. 537 cod. proc. pen.
2. La sentenza va pertanto annullata con rinvio. Il riconoscimento della legittimazione ad impugnare, infondatamente negata dal giudice di secondo grado, comporta infatti la necessità che sia sempre quest'ultimo a delibare il merito delle questioni proposte. Un diversa soluzione finirebbe per privare la parte interessata di un grado di giudizio.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Milano per il giudizio.
Depositata in Cancelleria il 07.01.2013
10-01-2013 20:16
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