La Cassazione ribadisce: non è configurabile il concorso tra il reato di detenzione di materiale pedopornografico ed il reato di pornografia minorile.
Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 9 – 24 maggio, n. 22454
Presidente Squassoni – Relatore Lombardi
Ritenuto in fatto
1. Con la impugnata ordinanza il Tribunale di Catanzaro ha confermato il provvedimento del G.I.P. del medesimo Tribunale in data 29/12/2012, con il quale era stata applicata a C.A. la misura cautelare degli arresti domiciliari, quale indagato dei reati di cui agli art. 110, 600 ter e 600 quater c.p., a lui ascritti per avere prodotto numerosissime fotografie riproducenti minori seminudi o completamente nudi, gran parte dei quali con l'esibizione del pene in erezione, e due fotografie raffiguranti giovani intenti a compiere atti sessuali, nonché per avere detenuto detto materiale.
Il Tribunale del riesame ha affermato la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico dell'indagato in ordine alla produzione diretta del predetto materiale pedopornografico, oltre alla sua detenzione, nonché del pericolo di reiterazione criminosa, in considerazione della pericolosità della condotta, non altrimenti contenibile che con l'applicazione della misura restrittiva della libertà personale.
2. Avverso l'ordinanza ha proposto ricorso l'imputato, tramite il difensore, che la denuncia per violazione di legge e vizi di motivazione.
2.1 Vizi di motivazione, nonché violazione ed errata applicazione degli art. 292 c.p.p. e 600 ter c.p..
Si denuncia carenza di motivazione dell'ordinanza impugnata in relazione ai rilievi difensivi svolti dinanzi al Tribunale del riesame ed, in particolare, alle deduzioni riguardanti la configurabilità del reato di cui all'art. 600 ter c.p..
Dalle indagini è esclusivamente emerso che l'imputato era autore di alcune foto aventi contenuto pedopornografico, peraltro in numero notevolmente inferiore a quello indicato nell'ordinanza, destinate ad uso strettamente personale.
In assenza di un concreto pericolo di diffusione del predetto materiale non è configurabile il reato di cui alla contestazione.
La fattispecie criminosa richiede che la condotta risulti inserita in un contesto organizzativo almeno embrionale e di destinazione anche potenziale alla diffusione del materiale pedopornografico. Elementi carenti nel caso in esame.
Le foto inoltre risultavano realizzate negli anni 70-80 in epoca antecedente all'introduzione dell'art. 600 ter c.p..
2.2 Vizi di motivazione in relazione all'applicazione degli art. 292 e 280 c.p.p..
Anche in ordine alla fattispecie di cui all'art. 600 quater c.p. si denuncia carenza di motivazione dell'ordinanza con riferimento alle deduzioni difensive con le quali si era fatto rilevare che detta fattispecie criminosa costituisce norma di chiusura rispetto all'ipotesi di cui all'art. 600 ter c.p..
In sede di riesame era stato contestato anche l'effettivo numero delle foto aventi contenuto pedopornografico con la conseguente insussistenza della aggravante dell'Ingente quantità.
Peraltro, esclusa detta aggravante, la pena prevista per il reato risultava altresì ostativa all'applicazione della misura cautelare ai sensi dell'art. 280 c.p.p..
Considerato in diritto
1. Il ricorso è fondato per quanto di ragione.
2. Secondo il consolidato indirizzo interpretativo di questa Suprema Corte, che non appare sul punto in contrasto con le successive modificazioni dell'art. 600 ter, primo comma, c.p., introdotte dall'art. 2, comma 1 lett. a) della legge 6 febbraio 2006 n. 38 e, di recente, dall'art. 4, comma 1 lett. h) n. 1), della legge 1 ottobre 2012 n, 172, "Poiché il delitto di pornografia minorile di cui al primo comma dell'art. 600 ter cod. pen. - mediante il quale l'ordinamento appresta una tutela penale anticipata della libertà sessuale del minore, reprimendo quei comportamenti prodromici che, anche se non necessariamente a fine di lucro, ne mettono a repentaglio il libero sviluppo personale con la mercificazione del suo corpo e l'immissione nel circuito perverso della pedofilia - ha natura di reato di pericolo concreto, la condotta di chi impieghi uno o più minori per produrre spettacoli o materiali pornografici è punibile, salvo l'ipotizzabilità di altri reati, quando abbia una consistenza tale da implicare concreto pericolo di diffusione del materiale prodotto." (Sez. U, Sentenza n. 13 del 31/05/2000, P.M. in proc. Bove, Rv. 216337 e, più recentemente, sez. 3, sentenza n. 1814 del 2008, Marchionni, Rv. 238566; sez. 3, sentenza n. 17178 del 11/03/2010, Flak, v. 246982; altre conformi: n. 5774 del 2005 Rv. 230732, n. 27252 del 2007 Rv. 237204, n. 49604 del 2009 Rv. 245749).
Orbene, dall'ordinanza impugnata non emerge, pur a fronte dell'ingente quantitativo del materiale pedopornografico che si afferma essere stato prodotto dell'indagato, l'accertamento della esistenza di un concreto pericolo di diffusione dello stesso mediante la valutazione di tempi, modalità e mezzi tramite i quali sarebbe avvenuta la produzione delle foto.
È appena il caso di rilevare sul punto che la contestazione del ricorrente, dedotta al fine di escludere l'aggravante dell'ingente quantità, in ordine all'effettivo numero delle foto che ritraggono minori in pose che ne mostrano gli organi sessuali o coinvolti nel compimento di atti sessuali non può trovare spazio in sede di legittimità.
È, altresì, fondato il secondo motivo di ricorso limitatamente alla non configurabilità del concorso tra il reato di detenzione di materiale pedopornografico ed il reato di pornografia minorile, dovendo applicarsi, in virtù della clausola di riserva di cui all'art. 600 quater cod. pen., la più grave fattispecie di cui all'art. 600 ter cod. pen., rispetto alla quale la detenzione costituisce, quindi, un "post factum" non punibile." (citata sez. 3, sentenza n. 1814 del 2008, Marchionni).
L'ordinanza impugnata, pertanto, deve essere annullata con rinvio per un nuovo esame che tenga conto degli enunciati principi di diritto.
P.Q.M.
Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Catanzaro.
27-05-2013 22:58
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