L'imputata non poteva viaggiare stando alla certificazione medica. L'impedimento è legittimo e la motivazione della Corte di Appello illogica.
Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 2 ottobre – 4 novembre 2013, n. 44440
Presidente Mannino – Relatore Lombardi
Ritenuto in fatto
1. Con sentenza in data 10/01/2013 la Corte di appello di Potenza, giudicando a seguito di annullamento con rinvio dalla Corte Suprema di cassazione, in riforma della sentenza del Tribunale di Melfi in data 31/05/2011, impugnata dal P.G., ha affermato la colpevolezza di G.M. in ordine al reato di cui all'art. 181 del D. Lgs n. 42/2004, a lei ascritto per avere realizzato a meno di 300 metri dalla linea di battigia del lago (omissis) un gazebo di mt. 36 di superficie per 4 di altezza, poggiato sul suolo e destinato a fini espositivi, senza l'autorizzazione dell'amministrazione preposta alla tutela del vincolo, condannandola alla pena di mesi tre di arresto ed Euro 22.0000,00 di ammenda.
2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso l'imputata, tramite il difensore, che la denuncia per violazione di legge e vizi di motivazione.
2.1 Violazione degli art. 177 e 178 lett. c) c.p.p. in relazione al mancato accoglimento dell'istanza di rinvio dell'udienza per legittimo impedimento della imputata.
Si eccepisce la nullità dell'ordinanza, e degli atti consequenziali, con la quale la Corte territoriale ha omesso di differire il giudizio di appello, malgrado l'esistenza di un legittimo impedimento dell'imputata a comparire, provato tramite certificazione medica attestante che la G. era affetta da sindrome vertiginosa con conseguente impossibilità di muoversi e viaggiare.
La patologia da cui era affetta l'imputata costituiva impedimento alla partecipazione attiva al dibattimento. L'ordinanza ha disatteso le risultanze della certificazione medica senza adeguata motivazione e, peraltro, confondendo la assoluta impossibilità di viaggiare con quella di condurre un mezzo proprio.
2.2 Inosservanza ed errata applicazione dell'art. 181 del D. Lgs. n. 42/2004, come integrato dall'art. 3 del D. Lgs n. 63/2008, in relazione all'art. 44 lett. c) del DPR n. 380/2001, nonché difetto e/o mancanza di motivazione.
Ai sensi degli art. 3 e 10 del DPR n. 380/2001 è richiesto il permesso di costruire per tutte le attività qualificabili come interventi di nuova costruzione che comportino la trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio.
Restano, pertanto, sottratte al regime autorizzatorio le opere cosiddette precarie, funzionali, cioè, ad esigenze contingenti e temporalmente circoscritte, cessate le quali sono destinate ad essere rimosse.
Nel caso in esame, secondo quanto emerso dall'istruttoria espletata nel giudizio di primo grado, il manufatto di cui alla contestazione era costituito da un gazebo, poggiato sul suolo e destinato alla vendita. Tale manufatto non necessitava di alcun provvedimento abilitativo e, quindi, neanche della autorizzazione paesaggistica.
La Corte territoriale si è limitata ad aderire al principio di diritto affermato dalla sentenza di annullamento con rinvio senza addurre alcuna motivazione in ordine alla possibilità di qualificare un gazebo come manufatto edilizio.
Considerato in diritto
1. Il primo motivo di ricorso è fondato.
2. È stato precisato dalle Sezioni Unite di questa Corte che "in tema di impedimento a comparire dell'imputato, il giudice, nel disattendere un certificato medico ai fini della dichiarazione di contumacia, deve attenersi alla natura dell'infermità e valutarne il carattere impeditivo, potendo pervenire ad un giudizio negativo circa l'assoluta impossibilità a comparire solo disattendendo, con adeguata valutazione del referto, la rilevanza della patologia da cui si afferma colpito l'imputato" (Sez. U, sentenza n. 36635 del 27/09/2005, Gagliardi, RV 231810; massime precedenti conformi: n. 5193 del 1999 Rv. 213174, n. 12948 del 2004 Rv. 228637).
La Corte territoriale, nel respingere la richiesta di differimento dell'udienza per legittimo impedimento dell'imputata, non si è attenuta all'enunciato principio di diritto.
Emerge dall'esame del certificato medico datato 09/01/2013, prodotto dal difensore all'udienza del 10/01/2013, che la G. era affetta da sindrome vertiginosa con prognosi di cinque giorni e l'attestazione che la stessa non poteva viaggiare.
Orbene, la motivazione con la quale la Corte territoriale ha ritenuto la insussistenza di un impedimento assoluto a comparire si palesa manifestamente illogica, in quanto il carattere assoluto dell'impedimento è stato escluso in base al rilievo che "ben poteva l'imputata servirsi di mezzi pubblici per raggiungere ...".
Risulta, quindi, evidente la illogicità di tale affermazione, non suffragata da ulteriori argomentazioni, con riferimento alla attestazione della certificazione medica circa la impossibilità per la G. di viaggiare.
Deve essere, pertanto, dichiarata la nullità dell'ordinanza dichiarativa della contumacia dell'imputata, ai sensi dell'art. 420 quater, comma 4, c.p.p., e della consequenziale sentenza con rinvio alla Corte territoriale competente ai sensi dell'art. 623, comma 1 lett. c), c.p.p..
L'accoglimento del primo motivo di ricorso preclude l'esame delle ulteriori censure della ricorrente.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Salerno.
06-11-2013 00:59
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