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Sentenza

Inutilizzabilità delle risultanze delle intercettazioni telefoniche: nel fascicolo delle indagini preliminari non ci sono i supporti magnetici originali dei dialoghi intercettati.- Nullità di ordine generale a regime intermedio, ai sensi dell'art. 178 c.p.p., lett. e) non più deducibile considerata la scelta di rito abbreviato.
Inutilizzabilità delle risultanze delle intercettazioni telefoniche: nel fascicolo delle indagini preliminari non ci sono i supporti magnetici originali dei dialoghi intercettati.- Nullità di ordine generale a regime intermedio, ai sensi dell'art. 178 c.p.p., lett. e) non più deducibile considerata la scelta di rito abbreviato.
Cassazione penale  sez. II Data: 11/10/2013 ( ud. 11/10/2013 , dep.21/10/2013 ) Numero:    43103

                        LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE                   
                           SEZIONE SECONDA PENALE                        
    Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:                            
    Dott. FIANDANESE Franco         -  Presidente   -                    
    Dott. GALLO      Domenico       -  Consigliere  -                    
    Dott. CERVADORO  Mirella        -  Consigliere  -                    
    Dott. BELTRANI   Sergio         -  Consigliere  -                    
    Dott. DI MARZIO  Fabrizio       -  Consigliere  -                    
    ha pronunciato la seguente:                                          
                         sentenza                                        
    sul ricorso proposto da: 
                   L.C.D., nato il (OMISSIS); 
                 M.F., nato il (OMISSIS); 
                  F.D., nato il (OMISSIS); 
                 F.A., nato il (OMISSIS); 
    avverso la sentenza della Corte di Appello di Bari del 25.11.2011; 
    Sentita  la  relazione della causa fatta dal consigliere Fabrizio  Di 
    Marzio; 
    udita  la  requisitoria  del  sostituto  procuratore  generale  Sante 
    Spinaci,  il  quale  ha  concluso  chiedendo  che  i  ricorsi   siano 
    rigettati; 
    uditi  i difensori degli imputati Domenico Caruso (per          L.C. 
         D.);  Ruggero Sfrecola (per               F.D.  e         F. 
         A.) i quali hanno concluso per l'accoglimento dei ricorsi. 
                     


    Fatto
    RITENUTO IN FATTO

    1. Con la sentenza in epigrafe, la Corte di Appello di Bari, in riforma della sentenza del GUP del Tribunale di Trani in data 20 luglio 2010, assolvendo gli odierni ricorrenti da taluni dei reati loro ascritti, ha confermato, tra le altre, e con riguardo alle posizioni rilevanti in questa sede, la condanna di: L.C. D. per le imputazioni di cui al capo A, B1, C, D2; unificate sotto il vincolo della continuazione con riguardo al reato più grave di cui al capo B1; M.F. per le imputazioni di cui al capo A, C1, C3, C4; unificate sotto il vincolo della continuazione con riguardo al reato più grave di cui al capo C4; F. D. per le imputazioni di cui al capo A, C, D2; unificate sotto il vincolo della continuazione con riguardo al reato più grave di cui al capo C; F.A. per le imputazioni di cui al capo A, C4, D; unificate sotto il vincolo della continuazione con riguardo al reato più grave di cui al capo C4.

    2. Ricorrono per cassazione, taluni assistiti da difensore, tutti gli imputati esponendo motivi in parte sovrapponibili.

    - La principale ragione di doglianza concerne l'inutilizzabilità delle risultanze delle intercettazioni telefoniche ai fini della ricostruzione dei fatti per cui è processo, e del giudizio di penale responsabilità degli imputati. Si contesta, al proposito, violazione dell'art. 606 c.p.p., lett. B, C, E, in relazione agli artt. 191, 268, 269 e 271 c.p.p., nonchè all'articolo 6 CEDU, per violazione del diritto di difesa. Si premette che il compendio probatorio a carico degli imputati è costituito da intercettazioni telefoniche.

    Di tali intercettazioni, tuttavia, come precisato negli atti di appello, non sussisterebbero i supporti magnetici originari riproduttivi dei dialoghi intercettati. In particolare, gli imputati lamentano di aver constatato l'assenza del relativo disco ed Rom nel fascicolo delle indagini preliminari (ove sono contenuti soltanto i brogliacci delle conversazioni captate); precisando di aver depositato istanza di accesso al server ove tali intercettazioni avrebbero dovuto essere contenute a mezzo del proprio consulente tecnico al fine dell'esercizio del diritto di difesa, ma di non aver avuto riscontro alcuno. Nei ricorsi si aggiunge che, all'esito della condanna in primo grado, avendo constatato la perdurante assenza dei supporti delle intercettazioni originari, i difensori provvedevano ad avanzare apposita istanza al GUP e al Pubblico ministero per la messa a disposizione del materiale captativo. Nonostante le autorizzazioni concesse da tali organi di giustizia, la polizia giudiziaria avrebbe riferito che in realtà non c'era alcun originale da visionare ma eventualmente soltanto una copia di detto materiale. Si ipotizza, a tal riguardo, l'intervenuta distruzione dei supporti: con violazione dell'art. 268 c.p.p., perchè in tal modo si sarebbe preclusa la possibilità per gli imputati di effettuare l'accertamento sul contenuto delle intercettazioni stabilito nel comma 6, della norma;

    con violazione, altresì, dell'art. 269 c.p.p., perchè tale eventuale distruzione sarebbe avvenuta prima della pronuncia della sentenza definitiva; con violazione, inoltre, dell'art. 6 CEDU per essere stato in tal modo compresso il diritto di difesa dell'imputato che in effetti pur avendo richiesto di poter accedere alle intercettazioni telefoniche non è stato soddisfatto in tale legittima pretesa.

    Si precisa, ulteriormente, che la messa a disposizione dei semplici brogliacci non dovrebbe soddisfare le legittime pretese della difesa;

    tanto più che questa Corte di legittimità, proprio in un processo nei confronti dell'imputato L. (e relativo alla fase cautelare della presente vicenda) ha stabilito che il mancato rilascio della copia delle intercettazioni telefoniche determina violazione del diritto di difesa con la conseguente inutilizzabilità delle stesse ai fini del libero convincimento del giudice.

    2. Inoltre, gli imputati L. e M. contestano violazione di legge in relazione all'art. 416 c.p., e vizio di motivazione in relazione alla ritenuta penale responsabilità a titolo di concorso nella associazione per delinquere finalizzata alla commissione dei delitti di rapina e ricettazione. In via preliminare, in entrambi i ricorsi si contesta l'interpretazione fornita dalle corti di merito in ordine al contenuto e al significato delle conversazioni captate, spesso provvedendo a fornire una alternativa interpretazione del dichiarato. Il primo imputato rileva inoltre che nessuno dei collaboratori di giustizia, tutti autoaccusatisi di aver effettuato rapine, abbiano mai indicato lo stesso come partecipe ad alcuna associazione per delinquere costituita a tale scopo; inoltre, dalla gran parte delle intercettazioni raccolte nel processo nulla emergerebbe a carico dell'imputato - nemmeno citato dalle persone intercettate - mentre per l'episodio contestato al capo C dell'imputazione, in cui ad essere intercettato è lo stesso ricorrente, si osserva che da tale dato potrebbe emergere al massimo una responsabilità a titolo di concorso in quella rapina, ma non a titolo di partecipazione all'associazione a delinquere. Il secondo imputato osserva che la responsabilità a titolo di partecipazione sarebbe stata illogicamente dedotta dalla Corte di appello da una singola conversazione intercettata in data 25 agosto 2008, nella quale un coimputato ( F.D.) cerca di convincere il ricorrente a collaborare al sostentamento della famiglia dell'associato C.G., in quel periodo in carcere; e poi attraverso l'indebita generalizzazione dei rapporti intercorrenti tra i soggetti in questione nel senso di contiguità di rapporti non sono familiari ma anche economici.

    3. Ulteriori motivi di ricorso presentati dal L. concernono il vizio di motivazione in ordine alla ritenuta penale responsabilità dell'imputato: - per la rapina contestata al capo B1, giacchè la Corte di appello mentre afferma che la stessa sarebbe stata commessa in (OMISSIS) alle 15:10, allo stesso tempo sostiene che l'imputato sarebbe giunto in (OMISSIS) soltanto alle 15:36 dello stesso giorno; - per la rapina contestata al capo C, giacchè dal compendio indiziario costituito da intercettazioni telefoniche non sarebbero emerse prove significative a carico dell'imputato, non essendo nemmeno stato rinvenuto il bottino all'esito della disposta perquisizione nella casa; - per la rapina contestata al capo D2, giacchè dal compendio indiziario costituito da intercettazioni telefoniche non sarebbero emerse prove significative a carico dell'imputato: avendo gli autori materiali del fatto negato la presenza di ulteriori complici e non essendo decisive le poche frasi intercettate con riguardo al detto episodio. Con l'ultimo motivo, l'imputato lamenta vizio di motivazione in relazione alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, negata in primo grado sull'erroneo presupposto della sussistenza di numerosi precedenti penali; giudizio non rivisitato in secondo grado nonostante l'intervenuta prova della erroneità di detto presupposto.

    4. Ulteriori motivi di ricorso presentati da M. concernono:

    violazione di legge in relazione agli artt. 125 e 597 c.p.p., nonchè vizio di motivazione per avere la Corte di appello rigettato l'eccezione di nullità dell'ordinanza con cui, nel corso dell'udienza del 13 aprile 2010, era statuita l'irricevibilità dell'istanza di patteggiamento avanzata dall'imputato, essendo state omesse le motivazioni di tale decisione. Si denuncia di illogicità e contrarietà alla legge della motivazione resa a riguardo dalla Corte territoriale secondo cui l'eccezione di nullità sarebbe infondata atteso che l'istanza di patteggiamento non sarebbe stata sollecitata nel corso di giudizio, avendo i difensori portato al successivo esame esclusivamente questioni di merito. Rileva infatti l'imputato di aver concluso, all'udienza dell'8 novembre 2011, per l'accoglimento dei motivi di appello, nessuno escluso: e dunque tra di essi ricompreso anche il motivo relativo alla sollevata eccezione di nullità, pertanto niente affatto rinunciata.

    Con un motivo finale, in tema di trattamento sanzionatorio, si lamenta vizio di motivazione e violazione di legge in relazione all'art. 81 c.p., comma 2, artt. 99, 62 bis, 69, 133 c.p., atteso il mancato riconoscimento del vincolo della continuazione tra le condanne di cui al presente procedimento e quelle di cui alla sentenza irrevocabile emessa dalla corte di appello di Bari 19 maggio 2009; attesa la mancata esclusione della recidiva contestata; atteso il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, e infine con riguardo al giudizio di comparazione delle circostanze e al quantum della pena irrogata. Si osserva infatti che su tali questioni la Corte di appello avrebbe omesso qualsiasi motivazione.

    5. F.A. e F.D. lamentano, infine, l'assenza di motivazione, nella sentenza impugnata, rispetto alle doglianze contenute nell'atto di appello, che devono intendersi in questa sede riproposte.

    6. Con memoria pervenuta in data 16 settembre 2013 la costituita parte civile Banca Popolare di Puglia e Basilicata ha argomentato la propria richiesta di rigetto di tutti i ricorsi, chiedendo liquidarsi le spese.
    Diritto
    CONSIDERATO IN DIRITTO

    1. I ricorsi sono infondati e devono essere rigettati.

    2. In particolare, sono infondati i motivi di carattere processuale.

    3. Ciò è a dirsi, innanzitutto, per il motivo relativo alla nullità della sentenza siccome fondata su intercettazioni inutilizzabili. Per giurisprudenza di questa Corte, il diritto all'ascolto dei file è prerogativa difensiva; l'ascolto diretto delle conversazioni o comunicazioni intercettate non può essere in alcun modo surrogata dai c.d. brogliacci, stesi senza contraddittorio e senza garanzia di fedeltà dalla polizia giudiziaria. La violazione del diritto all'ascolto delle registrazione e quello legato alla copia dei file audio da luogo ad una compressione del diritto di difesa, tale da concretare una nullità di ordine generale a regime intermedio, ai sensi dell'art. 178 c.p.p., lett. e), perchè cade direttamente sulla possibilità di vaglio critico del momento nel quale si concreta la prova (Cass. sez. 6^, 17.9.2013, n. 41362). Ciò posto, tale nullità di ordine generale a regime intermedio non è più deducibile, in quanto sanata, con la scelta del rito abbreviato, anche in considerazione della possibilità di optare per il giudizio ordinario o di subordinare la richiesta della definizione con il procedimento speciale all'integrazione probatoria. (Fattispecie in cui l'imputato, detenuto in regime di cui all'art. 41 bis ord. pen., non aveva potuto esercitare l'accesso alle registrazioni, perchè l'ingresso nella casa circondariale della strumentazione necessaria per la lettura audio-video dei supporti, pur se autorizzato dal G.I.P., era stato impedito per ragioni di sicurezza dal direttore dell'istituto) (Cass. sez. 6^, 7.2.2013, n. 19191; sez. 6^;

    15.12.2011, n. 21265). Nel caso di specie, pur non avendo gli imputati avuto accesso alle registrazioni, e pur avendo scelto gli stessi il rito abbreviato, non hanno condizionato tale scelta all'espletamento dell'incombente istruttorio. Questa opzione esprime una precisa strategia difensiva, che non lascia spazio alle doglianze invece articolate nel senso della avvenuta lesione diritto di difesa.

    In effetti, il difensore, ritenendo l'ascolto delle intercettazioni necessario alla difesa, ben avrebbe potuto richiedere il giudizio abbreviato condizionato al deposito delle registrazioni. Queste considerazioni assorbono gli ulteriori rilievi difensivi in ordine alla eventuale intervenuta distruzione dei supporti delle intercettazioni medesime (rilievi peraltro formulati in via del tutto ipotetica e in assenza del benchè minimo riscontro in atti).

    4. Parimenti infondato è il motivo sollevato dal M. in ordine alla nullità dell'ordinanza con cui, nel corso dell'udienza del 13 aprile 2010, era statuita l'irricevibilità dell'istanza di patteggiamento avanzata dall'imputato, essendo state omesse le motivazioni di tale decisione. Come infatti emerge dalla lettura del verbale di udienza in camera di consiglio del 13 aprile 2010, il rigetto dell'istanza patteggiamento risulta motivata ai sensi dell'art. 444 c.p.p., comma 2, nonchè art. 51 c.p.p., comma 3 bis. A fronte di tale motivazione, non risulta dal verbale in oggetto contestazione alcuna svolta dal difensore in udienza. Inoltre, nella successiva udienza in cui si è celebrato il giudizio abbreviato, parimenti il difensore nulla osserva sul punto. In conclusione, l'imputato pur non essendo stato ammesso al procedimento di patteggiamento, ha chiaramente accettato la decisione usufruendo della richiesta subordinata del giudizio abbreviato da lui stesso formulata con la istanza depositata in data 12 novembre 2009.

    5. Quanto ai motivi, sollevati da più ricorrenti, concernenti i segnalati vizi di motivazione in ordine alla ricostruzione dei fatti, è d'uopo premettere che ricorre il vizio di motivazione illogica o contraddittoria solo quando emergono elementi di illogicità o contraddizioni di tale macroscopica evidenza da rivelare una totale estraneità fra le argomentazioni adottate e la soluzione decisionale (Cass. 25 maggio 1995, n. 3262). In altri termini, occorre che sia mancata del tutto, da parte del giudice, la presa in considerazione del punto sottoposto alla sua analisi, talchè la motivazione adottata non risponda ai requisiti minimi di esistenza, completezza e logicità del discorso argomentativo su cui la decisione è fondata e non contenga gli specifici elementi esplicativi delle ragioni che possono aver indotto a disattendere le critiche pertinenti dedotte dalle parti (Cass. 15 novembre 1996, n. 10456). Queste conclusioni restano ferme pur dopo la legge n. 46 del 2000 che, innovando sul punto l'art. 606 c.p.p., lett. e), consente di denunciare i vizi di motivazione con riferimento ad "altri atti del processo": alla Corte di cassazione resta comunque preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l'autonoma adozione di nuovi o diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, ritenuti maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa, dovendosi essa limitare a controllare se la motivazione dei giudici di merito sia intrinsecamente razionale e capace di rappresentare e spiegare l'iter logico seguito, (ex plurimis: Cass. 1 ottobre 2008 n. 38803). Quindi, pur dopo la novella, non hanno rilevanza le censure che si limitano ad offrire una lettura alternativa delle risultanze probatorie, dal momento che il sindacato della Corte di cassazione si risolve pur sempre in un giudizio di legittimità e la verifica sulla correttezza e completezza della motivazione non può essere confusa con una nuova valutazione delle risultanze acquisite. La Corte, infatti, deve limitarsi a verificare se la giustificazione del giudice di merito sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento (v. Cass. 3 ottobre 2006, n. 36546;

    Cass. 10 luglio 2007, n. 35683; Cass. 11 gennaio 2007, n. 7380) e tale da superare il limite del ragionevole dubbio. La condanna al là di ogni ragionevole dubbio implica, infatti, in caso di prospettazione di un'alternativa ricostruzione dei fatti, che siano individuati gli elementi di conferma dell'ipotesi ricostruttiva accolta, in modo da far risultare la non razionalità del dubbio derivante dalla stessa ipotesi alternativa, con la precisazione che il dubbio ragionevole non può fondarsi su un'ipotesi alternativa del tutto congetturale seppure plausibile (v. Cass. sez. 4^, 17.6.2011, n. 30862; sentenza Sezione 1^, 21 maggio 2008, Franzoni, rv. 240673;

    anche Sezione 4^, 12 novembre 2009, Durante, rv. 245879). La motivazione è invece mancante non solo nel caso della sua totale assenza, ma anche quando le argomentazioni addotte dal giudice a dimostrazione della fondatezza del suo convincimento siano prive di completezza in relazione a specifiche doglianze formulate dall'interessato con i motivi d'appello e dotate del requisito della decisività (Cass. 17 giugno 2009, n. 35918).

    6. In particolare, quanto ai motivi sollevati dagli imputati L. e M. in relazione alla ritenuta penale responsabilità a titolo di concorso nella associazione per delinquere deve osservarsi che, benchè formalmente si contesti non soltanto il vizio di motivazione ma anche la violazione di legge in relazione all'articolo 416 del codice penale, in realtà le difese sono argomentate soltanto nel primo senso, essendo volte a contestare come illogica e infondata la ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito in ordine alla partecipazione degli imputati alla consorteria criminale. Su questa precisazione, deve ribadirsi che in materia di intercettazioni telefoniche, l'interpretazione del linguaggio e del contenuto delle conversazioni costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, che si sottrae al sindacato di legittimità se motivata in conformità ai criteri della logica e delle massime di esperienza (da ultimo, cfr. Cass. sez. VI, 11.2.2013, n. 11794). Poichè nei ricorsi non si segnalano nè si argomentano effettive illogicità motivazionali sul punto le doglianze si mostrano manifestamente infondate, avendo la Corte territoriale dato ampiamente esposto il compendio probatorio posto a fondamento della decisione, svolgendosene dettagliatissima ricostruzione con riguardo sia alla organizzazione criminale che ai delitti-scopo da pagina 40 pagina 160; e dando conto delle caratteristiche di detta associazione a delinquere (alle pagine 161- 163 della sentenza impugnata) nonchè dei ruoli assunti nella compagine associativa dagli odierni imputati (nelle successive pagine da 164 a 166).

    7. Lo stesso deve dirsi per i motivi sollevati dal L. relativamente al vizio di motivazione in ordine alla ritenuta penale responsabilità dell'imputato per le rapine contestate ai capi C e D2, avendo la Corte territoriale logicamente interpretato il contenuto delle conversazioni captate e non avendo invece l'odierno imputato effettivamente individuato cadute logico del ragionamento della Corte. Così, quanto al primo episodio, l'interpretazione della intercettazione tra l'odierno imputato e F.D., secondo cui gli stessi avrebbero parlato della divisione del bottino, non si mostra evidentemente illogica per il solo fatto che tale bottino non sia stato rinvenuto. Allo stesso modo, quanto all'ulteriore episodio, la ricostruzione fatta dalla Corte d'appello del significato delle intercettazioni telefoniche dei colloqui tra l'odierno imputato e F.D. relativi, ancora una volta, al bottino non sono inficiabili, sotto il profilo logico, dalla affermazione dell'esecutore materiale della rapina di aver agito in completa solitudine. Per quanto concerne la rapina contestata al capo B1, benchè nella sentenza della Corte di appello di risulti che la stessa sarebbe stata commessa in (OMISSIS) alle 15:10, ma anche che l'imputato sarebbe giunto in Bisceglie soltanto alle 15:36 dello stesso giorno, la motivazione superano il vaglio della logicità giacchè in essa si evidenzia come nella mattina del giorno della rapina l'imputato si trovasse in automobile con l'esecutore materiale del reato, F.F. - essendo stati gli stessi fermati da una pattuglia della polizia nel corso di un controllo nei pressi di (OMISSIS) - e come in orario compatibile con la rapina commessa dal Fiorella reo confesso, l'imputato si trovasse nelle vicinanze dei luoghi nella funzione di complice-accompagnatore: secondo le lineari deduzioni della Corte di appello - dedotte dal viaggio mattutino in macchina dei due coimputati in Abruzzo e dalla successiva presenza pomeridiana del L. nelle vicinanze del luogo della rapina commessa dal coimputato in (OMISSIS).

    8. Quanto alle ulteriori doglianze sollevate da F.A. e F.D. sempre in ordine all'assenza di motivazione, nella sentenza impugnata, rispetto alle doglianze contenute nell'atto di appello, la genericità di tali doglianze ne determina l'inammissibilità.

    9. Circa gli ulteriori motivi sollevati nei ricorsi, concernenti il trattamento sanzionatorio, deve osservarsi che il giudice d'appello, con motivazione congrua ed esaustiva, anche previo specifico esame degli argomenti difensivi attualmente riproposti, è giunto a una valutazione di merito come tale insindacabile nel giudizio di legittimità, quando - come nel caso di specie - il metodo di valutazione delle prove sia conforme ai principi giurisprudenziali e l'argomentare scevro da vizi logici (Cass. pen. sez. un., 24 novembre 1999, Spina, 214794), rilevando in particolare (v. p. 166 della sentenza impugnata) la negatività della personalità degli imputati con osservazioni non viziate da alcun travisamento. Il che, da un lato giustifica ampiamente la decisione dei giudici di merito sull'ammontare della pena per come stabilito in sentenza; dall'altro lato rende ampiamente conto della decisione assunta in ordine al mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche per gli imputati L. e M. e da quest'ultimo quanto al riconoscimento della recidiva; mentre, quanto alla doglianza sollevata dal M. in punto di giudizio sul nesso di continuazione, è sufficiente rilevare la eccessiva genericità con cui la stessa è formulata nell'atto di appello per verificare la correttezza della decisione della sentenza impugnata anche in punto di esaustività della motivazione. Del resto questa Corte ha chiarito che in sede di legittimità non è censurabile una sentenza per il suo silenzio su una specifica deduzione prospettata col gravame quando la stessa è disattesa dalla motivazione della sentenza complessivamente considerata. Pertanto, per la validità della decisione non è necessario che il giudice di merito sviluppi nella motivazione la specifica ed esplicita confutazione della tesi difensiva disattesa, essendo sufficiente per escludere la ricorrenza del vizio che la sentenza evidenzi una ricostruzione dei fatti che conduca alla reiezione della deduzione difensiva implicitamente e senza lasciare spazio ad una valida alternativa. Sicchè, ove il provvedimento indichi con adeguatezza e logicità quali circostanze ed emergenze processuali si sono rese determinanti per la formazione del convincimento del giudice, sì da consentire l'individuazione dell'iter logico-giuridico seguito per addivenire alla statuizione adottata, non vi è luogo per la prospettabilità del denunciato vizio di preterizione. (Cass. Sez. 2 sent. n. 29434 del 19.5.2004 dep. 6.7.2004 rv 229220). Per questi rilievi deve concludersi che la determinazione in concreto della pena costituisce il risultato di una valutazione complessiva e non di un giudizio analitico sui vari elementi offerti dalla legge, sicchè l'obbligo della motivazione da parte del giudice dell'impugnazione deve ritenersi compiutamente osservato, anche in relazione alle obiezioni mosse con i motivi d'appello, quando egli, accertata negazione della pena tra il minimo e il massimo edittale, affermi di ritenerla adeguata o non eccessiva.

    Ciò dimostra, infatti, che egli ha considerato sia pure intuitivamente e globalmente, tutti gli aspetti indicati nell'art. 133 c.p., ed anche quelli specificamente segnalati con i motivi d'appello. (Cass. Sez. 6, sent. n. 10273 del 20.5.1989 dep. 12.7.1989 rv. 181825. Conf. mass. N. 155508; n. 148766; n. 117242).

    10. Non può accogliersi l'istanza della parte civile in ordine alla liquidazione delle spese contenute nella memoria in atti giacchè il difensore non è intervenuto nella udienza davanti a questa Corte.

    Infatti, nel giudizio di legittimità l'imputato non è tenuto al rimborso delle spese processuali a favore della parte civile che, dopo avere depositato memorie, non sia intervenuta nella discussione in pubblica udienza (Cass. sez. 1^ 4.10.12, n. 41287).

    11. Ne consegue il rigetto dei ricorsi e, per il disposto dell'art. 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
    PQM
    P.Q.M.

    Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

    Così deciso in Roma, il 11 ottobre 2013.

    Depositato in Cancelleria il 21 ottobre 2013
Avv. Antonino Sugamele

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