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Sentenza

Il termine per le indagini preliminari a dire della difesa è decorso: per la Cassazione l'iscrizione nel registro degli indagati necessita della completa identificazione degli stessi. Atti utilizzabili.
Il termine per le indagini preliminari a dire della difesa è decorso: per la Cassazione l'iscrizione nel registro degli indagati necessita della completa identificazione degli stessi. Atti utilizzabili.
Corte di Cassazione, Sez. II Penale, sentenza 23 aprile – 6 giugno 2013, n. 24941
Presidente Petti – Relatore Fiandanese

Svolgimento del processo

La Corte di Appello di Lecce - Sezione distaccata di Taranto, confermava la condanna pronunciata il 7 gennaio 2009 dal G.U.P. del Tribunale di Taranto, nei confronti di M.C. , A.C.C.N. e L.G. , dichiarati colpevoli del delitto di truffa aggravata per essersi ripetutamente allontanati dal posto di lavoro, senza richiedere il previsto permesso orario, ma anzi risultando regolarmente in servizio per effetto delle registrazioni effettuate a mezzo dell'apparecchiatura marcatempo, inducendo in errore la ASL di (…) che gli erogava l'intera retribuzione.
Propongono ricorso per cassazione i difensori degli imputati, i quali propongono un motivo comune:
mancanza di motivazione in ordine alla eccezione di inutilizzabilità delle indagini preliminari per violazione degli artt. 405 e 406 c.p.p. Tale eccezione era stata sollevata in sede di udienza preliminare e rigettata con ordinanza del G.U.P. del Tribunale di Taranto in data 8 ottobre 2007 e la Corte di Appello aveva rigettato il relativo motivo di gravame limitandosi a rinviare alla predetta ordinanza, trattandosi di "mera riproposizione" della eccezione già respinta dal G.U.P. I difensori, dopo avere dedotto la mancanza di risposta a specifici motivi di appello, ripropongono la suddetta eccezione, affermando che le indagini avevano avuto inizio a seguito di una denuncia sporta da C.A. che aveva comportato l'iscrizione, in data 28 febbraio 2004, nel registro delle notizie di reato di D.C. + 4 odierni imputati, pertanto, da quella data decorreva il dies a quo delle indagini e non dalla diversa data ritenuta dai giudici di merito del 12 febbraio 2005, successiva ad un seconda denuncia che aveva comportato l'iscrizione nel registro delle notizie di reato di P.M. e P.N., per i quali vi sarà uno stralcio.
Il difensore di M. , inoltre, deduce anche i seguenti motivi:
1) mancanza o illogicità della motivazione, in quanto la Corte di Appello avrebbe dovuto aderire alla tesi difensiva della irrilevanza del danno economico, poiché gli accertamenti effettuati dalla polizia giudiziaria riguardavano condotte limitate e circoscritte ad alcuni giorni.
2) mancato riconoscimento dell'attenuante del risarcimento del danno con criterio di prevalenza.
3) mancanza di motivazione in merito alla contestazione ex art. 479 c.p..
Il difensore della L. deduce, inoltre, l'illogicità della motivazione, per la irrilevanza del danno economico ed anche perché se vi era la prova dell'uscita dell'imputata dall'ufficio, non era stata acquisita la prova di un eventuale rientro, sicché non si potrebbe escludere la possibilità che quell'allontanamento potesse essere limitato ad una pausa dal lavoro.
Il difensore della A. , inoltre, deduce motivo identico a quest'ultimo proposto dalla L. e si lamenta, altresì, del diniego del riconoscimento dell'attenuante del risarcimento del danno con criterio di prevalenza.

Motivi della decisione

I ricorsi sono infondati e devono essere rigettati. Con riferimento al motivo, proposto da tutti i ricorrenti, di inutilizzabilità delle indagini preliminari per pretesa scadenza del termine, deve osservarsi che l'iscrizione nel registro delle notizie di reato del nome della persona alla quale questo è attribuito, per gli effetti che ne derivano ai fini del computo del termine di durata delle indagini e della utilizzabilità degli atti compiuti, postula la completa identificazione della stessa, non essendo sufficiente al riguardo la semplice indicazione del nome e del cognome. Ciò si ricava, tra l'altro, dall'art. 417 c.p.p., comma 1, lett. a), che, tra i requisiti formali della richiesta di rinvio a giudizio indica le "generalità dell'imputato o le altre indicazioni personali che valgano a identificarlo" (Sez. 1, 27 settembre 1996, Maceri, Rv. 206218). D'altra parte, soltanto nei confronti della persona compiutamente identificata possono innestarsi i vari meccanismi di controllo e di contraddittorio che l'art. 406 c.p.p. prevede in sede di proroga dei termini delle indagini, evocando, dunque, la necessità che alla formale iscrizione del nominativo dell'indagato nel registro di cui all'art. 335 c.p.p. corrisponda l'accertamento della identità soggettiva della persona cui l'iscrizione stessa si riferisce (Sez. 2, n. 36590 del 26 settembre 2007, Trotta, Rv. 237806). D'altra parte, la questione si rivela comunque priva di concreto risalto agli effetti dell'odierno scrutinio, non avendo il ricorrente neppure indicato l'atto o gli atti che - in ipotesi - sarebbero stati compiuti dopo la scadenza del termine delle indagini.
Le tesi difensive dei ricorrenti M. e L. sulla presunta irrilevanza del danno economico sono manifestamente infondate, poiché non è data alternativa: o il danno esiste (e nel caso di specie non vi è dubbio che esista posto che è stata concessa l'attenuante del risarcimento del danno) ed è configurabile il reato oppure non esiste e non è configurabile il reato in mancanza di evento offensivo.
La doglianza del M. e della A. relativa al mancato riconoscimento dell'attenuante del risarcimento del danno con criterio di prevalenza non è consentita in questa sede di legittimità, poiché il giudice di appello, con motivazione corretta dal punto di vista logico e giuridico, ha giustificato la sua valutazione, ritenendo che il risarcimento medesimo non fosse espressione di "resipiscenza".
Del tutto infondato e incomprensibile è la deduzione del ricorrente M. di difetto di motivazione con riferimento al delitto di cui all'art. 479 c.p., posto che con riferimento a tale reato l'imputato è stato assolto in primo grado perché il fatto non sussiste.
Il motivo di ricorso di L. e A. con il quale si contesta la mancata acquisizione della prova di un eventuale rientro in ufficio delle imputate, non è consentito per la L. , in quanto non risulta proposto con i motivi di appello, e, comunque, trova una specifica risposta anche per la A. nel punto in cui la sentenza impugnata afferma, con valutazione dei fatti non sindacabile in questa sede di legittimità, che "secondo la prova specifica, non rientrava in ufficio e che l'orario al quale era tenuta era continuativo, senza possibilità, cioè, di allontanarsi dall'ufficio sicché falsa è la timbratura in uscita alle ore 19 e priva di qualsivoglia fondamento e legittimità l'ipotesi difensiva di una pausa dal lavoro".
I ricorsi, dunque, devono essere rigettati, con la conseguenza della condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Avv. Antonino Sugamele

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