Il marito aggredisce quotidianamente la moglie davanti ai figli. Il figlio interviene con un'ascia contro il padre per difendere la madre e la sorella. Si all'attenuante della provocazione.
Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 19 novembre – 18 dicembre 2013, n. 51051
Presidente Giordano – Relatore La Posta
Ritenuto in fatto
1. Con sentenza del 14.6.2011 il Gup del Tribunale di Roma, all'esito del giudizio abbreviato, condannava W.F., con le circostanze attenuanti generiche ritenute equivalenti all'aggravante contestata, alla pena di anni quattro e mesi otto di reclusione in relazione al reato di tentato omicidio in danno del padre, colpito al volto e in altre parti del corpo con un'ascia da lavoro.
La Corte di appello di Roma in data 10.5.2012, in parziale riforma della predetta sentenza, riconosceva la circostanza attenuante della provocazione che riteneva, unitamente alle circostanze attenuanti generiche, prevalente sull'aggravante cointestata, rideterminando, conseguentemente, la pena in anni tre e mesi due di reclusione; confermava nel resto la decisione di primo grado. Riteneva, invece, infondata la richiesta del riconoscimento dell'attenuante di cui all'art. 62 n. 1 cod. pen. in ragione della circostanza che la condotta dell'imputato era finalizzata a soccorrere la madre e la sorellina dalla feroce aggressione del padre, tenuto conto che per configurare l'invocata attenuante occorre che si agisca per uno scopo spiccatamente nobile ed altruistico che non può realizzarsi se la finalità dell'azione è quella di commettere un illecito penale, tanto più un omicidio.
2. Avverso la sentenza di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione l'imputato, a mezzo del difensore di fiducia, denunciando la violazione di legge ed il vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento della circostanza attenuante di cui all'art. 62 n. 1 cod. pen..
Lamenta che la motivazione della Corte di appello sul punto è illogica ed in contrasto con la ratio della norma invocata che, fermo restando il giudizio di disvalore penale della condotta, esprime la volontà del legislatore di sanzionare in maniera meno grave il comportamento delittuoso che sia determinato da ragioni comunque apprezzabili di elevato significato etico o sociale. Richiama la precedente decisione n. 14856 del 24/10/1990.
Considerato in diritto
Il ricorso, ad avviso del Collegio, non è fondato e, pertanto, deve essere rigettato.
Infatti, deve rilevarsi che la possibilità di applicare simultaneamente l'attenuante dei motivi di particolare valore morale o sociale e quella della provocazione è subordinata all'accertamento, in concreto, della loro ascrivibilità a distinte situazioni poiché qualora il fatto che ne è alla base sia unico, per il principio del ne bis in idem sostanziale che impedisce la reiterata valutazione del medesimo elemento ai fini della riduzione della pena, deve applicarsi una sola delle anzidette circostanze (Sez. 1, n. 29929 del 08/07/2010, Salvaguardia, rv. 248018).
Alle luce di tale principio che il Collegio condivide, deve rilevarsi che l'attenuante della provocazione è stata riconosciuta all'imputato dai giudici di secondo grado in considerazione dell'accertata condotta aggressiva tenuta dal padre, costantemente e da lungo tempo nei confronti della madre e manifestata anche alla presenza dei figli e, quindi, dell'imputato che aveva agito per difendere la madre. Pertanto, la circostanza attenuante di cui all'art. 62 n. 1 cod. pen. nella fattispecie risulta incompatibile con la già riconosciuta circostanza della provocazione. In tal senso, quindi, deve essere corretta la motivazione della sentenza impugnata.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento della spese processuali.
20-12-2013 10:15
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