I collegamenti con la criminalità organizzata non si possono presumere ma vanno accertati in concreto in relazione all'ottenimento dei benefici penitenziari ex art. 4 bis, ultimo comma, ordinamento penitenziario.
Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 22 ottobre – 5 dicembre 2013, n. 48890
Presidente Giordano – Relatore Cavallo
Ritenuto in fatto
1. P.C. , ricorre per cassazione, per il tramite del suo difensore, avverso l'ordinanza indicata in epigrafe, con la quale era stato respinto dal Tribunale di Sorveglianza di Napoli il reclamo da lui proposto avverso il provvedimento di rigetto della richiesta di liberazione anticipata con riferimento ai semestri di detenzione espiati dal 18 febbraio 2004 al 18 dicembre 2006 e dal 5 aprile 2011 al 5 aprile 2012 deliberato dal Magistrato di sorveglianza della sede, che aveva ritenuto ostassero alla concessione del beneficio, secondo quanto evidenziato nel provvedimento impugnato, l'attualità di collegamenti del prevenuto con la criminalità organizzata e la mancata collaborazione della giustizia.
1.1 Si deduce in particolare nel ricorso, che la decisione impugnata è illegittima per violazione di legge (art. 4 bis Ord. Pen.) e manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione, avendo il tribunale fondato la propria decisione, sostanzialmente, sul contenuto di informative di polizia (dei Carabinieri di Ercolano) e di una comunicazione della DDA, senza sottoporre le stesse ad accurata valutazione critica e, quel che più rileva, senza indicare le specifiche circostanze di fatto da cui dedurre l'attualità, in costanza di detenzione, dei collegamenti del detenuto con la criminalità organizzata.
1.2 In particolare, la circostanza espressamente evocata nel provvedimento impugnato, che il P. è stato attinto da ordinanza cautelare in carcere per i reati di cui all'art. 416 bis e 629 cod. pen. aggravati ex art. 7 legge n. 203/1991, non può assumere, ad avviso del ricorrente, decisiva rilevanza nel presente giudizio, riferendosi tali imputazioni a fatti antecedenti alla restrizione.
1.3 Il Tribunale, quindi, in assenza di concreti elementi tratti da altre fonti, in base ai quali affermare l'attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata, del tutto incongruamente aveva negato la concessione del beneficio pur riconoscendo la sussistenza del necessario requisito della regolare condotta intramuraria.
Considerato in diritto
1. L'impugnazione proposta nell'interesse del P. , nei termini di seguito precisati, è fondata e merita quindi accoglimento.
1.1 Secondo principi ormai consolidati nella giurisprudenza di questa Corte (cfr. Sez. 1, 13/1/94, ric. Ricciardi, rv. 196392, e più di recente, Sez. 1, Sentenza n. 4195 del 09/01/2009, dep. 29/01/2009, imp. Calcagnile, Rv. 242843) “la preclusione istituita dall'art. 4 bis ord. pen., u.c. presuppone che l'attualità di collegamenti con la criminalità organizzata sia accertata in concreto e che possa, cioè, predicarsi sulla base di specifici elementi sintomatici una perdurante e qualificata pericolosità del detenuto, capace di giustificare - a prescindere dalla entità della pena da scontare e dalla natura o gravità del reato commesso, purché si tratti di delitto doloso - la sua sottrazione sia alle misure alternative che ai benefici penitenziari premiali. Sicché neppure quella espressa dal Procuratore nazionale o distrettuale antimafia, che pure deve fondarsi su dettagliati elementi, è valutazione vincolante per il giudice, che deve sottoporla a controllo sia per quanto attiene l'apprezzamento dei dati fattuali esposti, sia, a maggior ragione, per quel che concerne il giudizio di attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata”.
Nel caso in esame il Tribunale di sorveglianza, pur dichiarando formalmente di condividere tali principi, li ha poi di fatto disattesi, allorquando, ha affermato, genericamente, che nell'informativa della DDA il P. è definito un "irriducibile" senza però esplicitare le concrete ragioni di tale definizione, al di là della annotazione della già accertata sua pregressa partecipazione, sia pure con ruolo apicale, ad un'associazione per delinquere di tipo mafioso e dell'adesione a tale sodalizio anche di suoi congiunti.
In particolare, il provvedimento impugnato, come già precisato, fornisce indicazioni soltanto in merito alle fonti su cui il tribunale ha basato il proprio giudizio circa l'attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata, ma non già relativamente agli elementi fattuali da cui emergerebbe tale dato; lacuna motivazionale tanto più rilevante, ove si consideri, che per quanto è dato desumere in proposito dal testo del provvedimento, sia le summenzionate informative e l'ordinanza cautelare emessa nei confronti del P. che la sentenza di condanna in esecuzione, riferiscono, essenzialmente, di una accertata partecipazione del ricorrente ad un sodalizio di tipo mafioso dedito al traffico stupefacente, che risale ad un periodo certamente anteriore al marzo 2006, data di deliberazione della sentenza di secondo grado.
Il Tribunale ha fatto insomma ricorso a valutazioni apodittiche ovvero di tipo presuntivo e ha omesso di verificare le conclusioni cui è pervenuto tramite siffatto procedimento induttivo alla luce dei risultati obiettivi tratti dall'osservazione del comportamento del ricorrente. È dunque venuto meno all'obbligo di fornire adeguata e coerente giustificazione delle ragioni per le quali ha ritenuto che effettivamente sussisteva la condizione ostativa indicata dalla L. n. 354 del 1975, art. 4 bis, comma 3 bis.
2. Il provvedimento impugnato va di conseguenza annullato con rinvio al Tribunale di sorveglianza di Napoli, che procederà a nuovo esame attenendosi ai principi precedentemente enunciati.
P.Q.M.
annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di sorveglianza di Napoli.
07-12-2013 10:35
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