Fa retromarcia ed investe un pedone. Conducente responsabile.
Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 27 giugno - 30 agosto 2013, n. 35824
Presidente Bianchi – Relatore Grasso
Ritenuto in fatto
1. Il G.U.P. del Tribunale di Forlì, con sentenza dell'1/2/2008, dichiarata B.M. responsabile del delitto di omicidio colposo, con violazione delle norme che disciplinano la circolazione stradale, ai danni di C.L. (si contestava all'imputata che, effettuando manovra di retromarcia, senza le opportune cautele, attinto il C. , ne aveva provocato la morte, a causa delle lesioni patite cadendo al suolo), applicate le attenuanti generiche con criterio di equivalenza, ed effettuata la riduzione del rito abbreviato, condannò l'imputata alla pena sospesa stimata di giustizia, nonché al risarcimento del danno in favore delle P.C. da liquidarsi in separata sede.
1.1. La Corte d'appello di Bologna, alla quale si era rivolta l'imputata, con sentenza del 3/6/2011, assolse costei perché il fatto non costituisce reato.
1.2. A fronte del convincimento del Tribunale in ordine alla condotta colposa dell'imputata, la quale, effettuando manovra particolarmente pericolosa, non aveva posto la dovuta attenzione nell'accertarsi che l'area retrostante fosse libera, la Corte bolognese, valorizzando la circostanza che la vittima, avente andatura incerta e in stato d'ebbrezza alcolica, era sbucata d'improvviso da dietro l'autovettura dell'imputata e non potendosi, altresì, escludere che l'uomo fosse caduto al suolo per fatto proprio (lo sbattere delle chiavi sul lunotto posteriore dell'autovettura sarebbe stato solo una conseguenza dell'autonoma caduta), assolse l'imputata con la formula che si è sopra riportata.
2. Le parti civili propongono ricorso per cassazione avverso quest'ultima sentenza corredato da due motivi di censura.
2.1. Con il primo motivo, denunziante violazione dell'art. 154 del cod. della str., viene dedotto che la Corte territoriale non aveva tenuto conto che la manovra di retromarcia, per la sua specifica pericolosità, deve essere effettuata con la massima cautela e padronanza del mezzo. Non assumevano rilievo le condizioni della vittima: la conducente avrebbe dovuto avvistarla ed arrestare la manovra tempestivamente; ancor più considerando che, trattandosi di strada ad unico senso obbligato al pedone era bastevole accertarsi, prima di compiere l'attraversamento, che alle sue spalle non giungessero veicoli.
2.2. Con il secondo motivo viene dedotto vizio motivazionale in questa sede rilevabile.
La Corte territoriale non aveva tenuto conto che dalla scheda medica redatta al momento del ricovero constava annotato che il C. era stato investito; inoltre, la stessa imputata aveva dichiarato di aver sentito un rumore sordo e visto una mano appoggiata al vetro posteriore; lo stesso pedone, ancor cosciente, raccontò ai medici di essere stato investito.
Andava, di poi, osservato che: il luogo ove era stata riscontrata la chiazza ematica era incompatibile con una caduta per fatto proprio del pedone; la madre dell'imputata aveva dichiarato di aver sentito qualcosa di metallico sbattere contro il vetro posteriore; un urto a lentissima velocità ben si conciliava con l'assenza di danni visibili alla carrozzeria; non poteva assumere rilievo stabilire se la vittima attraversò in un senso o nell'altro; l'asserito stato d'ubriachezza non era stato mai riscontrato; in assenza d'impatto non si sarebbe avuto rumore di sorta.
Considerato in diritto
3. Il ricorso, che riguarda il solo profilo degli interessi civili, trattandosi di sentenza di assoluzione impugnata dalla sola P.C., merita di essere accolto in relazione ad entrambe le prospettazioni impugnatorie.
3.1. Questa stessa Sezione ha in più occasioni condivisamente affermato che la manovra di retromarcia va eseguita con estrema cautela, lentamente e con il completo controllo dello spazio retrostante. Pertanto, il conducente, qualora si renda conto di avere dietro le spalle una strada che non rende percepibile l'eventuale presenza di un pedone, se non può fare a meno di effettuare la manovra, deve porsi nelle condizioni di controllare la strada, ricorrendo, se del caso, alla collaborazione di terzi che, da terra, lo aiutino per consentirgli di fare retromarcia senza alcun pericolo per gli altri utenti della strada (Cass., Sez. 4, n. 8600 del 2/4/1993; in termini non dissimili, Cass. Sez. 4, n. 14434 del 25/9/1990 e Cass., Sez. 4, n. 12117 del 26/4/1989). Di conseguenza, nel caso in esame, quale che sia stato il senso dell'attraversamento della vittima e quali che siano state le sue condizioni psico-fisiche, non par dubbio che, ove l'automobilista si fosse attenuta alla regola (l'art. 154, cit.) che impone particolare e specifica prudenza e diligenza, ove necessario, facendosi aiutare dalla terza trasportata (la madre), l'evento si sarebbe scongiurato.
3.2. Il ragionamento motivazionale della Corte territoriale, inoltre, appare gravemente incoerente nell'avere valutato a favore dell'imputata significative emergenze probatorie di senso contrario. La madre della B. , che prendeva posto all'interno dell'autovettura quale passeggera, dichiarò di avere sentito il rumore di qualcosa di metallico che sbatteva contro il vetro, che indusse la figlia ad arrestare immediatamente la marcia [all'indietro]. Inoltre, l'imputata, nell'immediatezza, aveva spontaneamente dichiarato che, intrapresa manovra di retromarcia, aveva percepito un rumore sordo e visto una mano appoggiata sul lunotto posteriore (quella della vittima che stava per cadere al suolo). Sul vetro del lunotto posteriore dell'autovettura, in effetti, era stata poi rilevata una “leggerissima impronta che può essere riconducibile all'arto del C. ”.
Pur ammesso che la vittima zoppicasse e tenesse andatura incerta, anche a causa dello stato d'ebbrezza alcolica, difficilmente contestabile (egli, infatti, dal reperto neurologico ospedaliero risulta aver rigurgitato abbondante vomito di materiale vinoso), ciò non poteva far venir meno l'obbligo di particolare diligenza e prudenza che grava sull'imputata.
In definitiva, avutosi il contatto (conclusione, questa, alla quale paiono univocamente condurre le risultanze di cui sopra e che, peraltro, la stessa Corte territoriale avrebbe fatto propria con l'adozione della formula assolutoria perché il fatto non costituisce reato), mancando l'adozione delle cautele di cui s'è detto, la condotta del pedone (se del caso derivante dalle sue condizioni psico-fisiche) assume rilievo solo a riguardo della ripartizione percentuale della colpa.
4. S'impone, pertanto, ai sensi dell'art. 622, cod. proc. pen., il rinvio al giudice civile competente per valore in grado d'appello, il quale statuirà anche sul regolamento delle spese fra le parti per questo giudizio.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello.
06-09-2013 14:09
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