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Sentenza

E' confiscabile un edificio realizzato con fondi illeciti su un terreno di provenienza lecita.
E' confiscabile un edificio realizzato con fondi illeciti su un terreno di provenienza lecita.
Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 30 ottobre 2012 - 29 aprile 2013, n. 18807
Presidente De Roberto – Relatore Paoloni

Motivi della decisione

1. Nell'ambito del procedimento di prevenzione instaurato nei confronti di A..M. , ritenuto persona pericolosa (artt. 1 L. 1423/56, 1 L. 575/65) quale indiziato di appartenere ad una consorteria mafiosa con specifico ruolo di organizzatore di traffici di sostanze stupefacenti e – quindi - usualmente dedito ad attività delittuose e abituato a vivere con i proventi delle stesse, il Tribunale di Crotone su proposta del locale Procuratore della Repubblica con decreto in data 30.9.2009 ha ordinato la confisca - ai sensi dell'art. 2 ter L. 575/65 - di beni, già sottoposti a sequestro di prevenzione, costituiti da autoveicoli, disponibilità bancarie e cespiti immobiliari facenti capo a prossimi congiunti conviventi del M. e considerati in sua concreta disponibilità.
1.1. Muovendo dal dato della totale assenza di qualsiasi reddito di lecita provenienza del "nullatenente" proposto, il Tribunale ha disposto la confisca: a) di una vettura Citroen (valore 8.500,00 Euro) intestata a M..C. convivente del M. ; b) di una vettura Hyundai Santa Fé (valore 18.300,00 Euro, prezzo di acquisto 37.900,00 Euro) intestata a D..M. , zio convivente del proposto; c) di un terreno in località (omissis) (valore 9.500,00 Euro) e di disponibilità bancarie presso la B.N.L. (saldo creditore di conto corrente, controvalore di una polizza vita) per un totale importo di Euro 79.000,00 intestate allo stesso zio; d) di una vasta area di terreno con i fabbricati sulla stessa insistenti, formati da un centro sportivo denominato (omissis) (nato come "scuola calcio" e composto da articolata struttura cementizia: spogliatoi, magazzino, sale segreteria e attività didattica, campo sportivo, tribuna spettatori e annesse pertinenze) e da un edificio su due piani adibito ad abitazione, centro sportivo e edificio realizzati senza licenza e non censiti in catasto, riconducibili alla disponibilità del citato M.D. e del rispettivo valore, stimato da consulenza tecnica svolta dal Tribunale, di Euro 294.000,00 (centro sportivo) e di Euro 195.000,00 (edificio a due piani).
1.2. Beni, tutti, confiscati in ragione della palese sperequazione tra il loro rilevante valore e i redditi dichiarati e disponibili (derivanti da lecite fonti di guadagno) del proposto e dei suoi congiunti, per i quali ultimi opera - in difetto di dati comprovanti un lecito acquisto dei beni da autonome fonti finanziarie - la presunzione semplice di disponibilità in capo al proposto (art. 2 bis, co. 3, L. 575/65). Sproporzione rispetto al cui oggettivo accertamento non rileva, a parere del Tribunale, l'assenza di una simmetrica relazione temporale tra l'epoca delle acquisizioni patrimoniali originarie e la collocazione temporale dell'attività criminosa di A..M. , stante l'autonomia normativa tra le due fattispecie dell'art. 2 ter, co. 3, L. 575/65 della sproporzione reddituale dei beni confiscati e della loro derivazione da attività illecite (frutto o reimpiego di proventi di condotte criminosi).
Con riguardo alle voci più rilevanti del compendio confiscato, rappresentate dal centro sportivo e dal contiguo immobile abitativo (e relative aree territoriali) facenti capo a M.D. , il Tribunale ha escluso potersi inquadrare la posizione del terzo intervenuto, la società costruttrice MA.M.I.DO. s.r.l., acquirente della sola superficie immobiliare da tale F.R. (proprietario limitrofo) per atto pubblico del 14.3.2006, in quella del terzo acquirente di buona fede. La società ha compiuto un consapevole acquisto di un'area occupata ed edificata abusivamente (dal M. e dal suo defunto genitore) e in un contesto di palese "situazione di soggezione" non utilmente smentita dall'azione civile promossa nei confronti del M. per il rilascio delle particelle di terreno acquistate. A tal fine i giudici di primo grado hanno valorizzato la domanda riconvenzionale proposta dal M. nel giudizio civile instaurato dalla MAMIDO s.r.l., con cui ha rivendicato l'originaria proprietà del compendio per intervenuta usucapione. Domanda cui il Tribunale ha assegnato sicure valenze "confessorie" in punto di effettiva sua disponibilità, nel quinquennio antecedente la proposta di applicazione di misure preventive a carico del nipote A..M. , dell'area e dei manufatti in essa esistenti, sì da elidere l'assunto della società MAMIDO di un suo asserito acquisto degli immobili abusivi confiscati in virtù del principio dell'accessione di cui all'art. 934 c.c..
2. Adita dal gravame del terzo interessato M.D. , la Corte di Appello di Catanzaro con decreto emesso il 21.10.2011 ha parzialmente accolto l'impugnazione proprio in riferimento agli immobili gravanti sul terreno oggetto di contestazione tra l'appellante e la MAMIDO s.r.l., costituiti dal centro sportivo e dall'edificio abitativo, lasciando invariata la misura ablativa sui restanti beni.
2.1. La Corte distrettuale ha, da un lato, confermato la convivenza-coabitazione del M. con il nipote (unicità del nucleo familiare), quanto meno fino alla data iniziale del procedimento di prevenzione (udienza 8.5.2008), il presunto spostamento di dimora dell'appellante (contraddetto, per altro, dai dati dell'anagrafe comunale) essendo avvenuto in epoca certamente successiva all'acquisto dei beni confiscati da parte del M. . Da un altro lato la Corte ha considerato suscettibili di confisca tutti i beni al medesimo riferibili, che - in mancanza di sui redditi personali - debbono ritenersi avvenuti attraverso il reimpiego di capitali illeciti rappresentativi di palese squilibrio di valore con le sole fonti finanziarie lecite dell'appellante, del proposto e degli altri componenti del nucleo familiare. In particolare i documenti prodotti dall'impugnante non dimostrano la lecita origine delle sue disponibilità bancarie, né la possibilità di acquistare l'autovettura Hyundai (solo in parte coperta con un finanziamento), né la disponibilità del centro sportivo e dell'adiacente immobile abitativo, le cui edificazioni abusive sono avvenute in epoca in cui (inizio anni 2000) il proposto A..M. è già inserito in ambienti criminale di matrice mafiosa dediti al traffico di stupefacenti.
2.2. Nondimeno la Corte territoriale non ha condiviso la conclusione del Tribunale in ordine all'escluso acquisto in buona fede da parte della MAMIDO s.r.l. dell'area territoriale occupata da M.D. e da questi abusivamente edificata nei termini descritti. Per i giudici del gravame alla società va riconosciuta la posizione di soggetto terzo in buona fede, siccome estranea ad ogni rapporto con A..M. e lo zio e neppure sospettabile di eventuale interposizione fittizia nella titolarità dell'area immobiliare. Area la cui abusiva occupazione ad opera dei M. il dante causa della società, il formale proprietario V..F. , ha da anni denunciato, di tal che legittimamente la società acquirente ha promosso azione di rilascio nei confronti di D..M. (cui questi ha opposto in via riconvenzionale la propria usucapione). Con la conseguenza che la MAMIDO s.r.l. è, allo stato, proprietaria terza e in buona fede di tutte le particelle di terreno e del centro sportivo. Così come deve ritenersi legittima proprietaria dell'edificio abitativo la terza di buona fede A..V. . Opere che sono state, quindi, realizzate dai M. su terreno altrui, così dando luogo al loro acquisto per accessione ex art. 934 cod. civ. in capo ai proprietari del terreno (Fonte e poi la MAMIDO s.r.l.) e dell'edificio (V. ), “perfezionatosi sin dal momento in cui le opere sono venute ad esistenza, a nulla rilevando la rivendicata usucapione del M. , che necessita, per spiegare effetti, di una sentenza costitutiva del giudice civile". Di qui la revoca, deliberata dalla Corte territoriale della confisca del terreno e dei fabbricati su di esso insistenti (centro sportivo Big Sport e edificio a due piani) con loro restituzione alla MAMIDO s.r.l. (centro sportivo) e alla terza Aurora Versano (edificio abitativo).
2.3. Avverso il decreto della Corte di Appello di Catanzaro hanno proposto ricorso per cassazione il terzo interessato M.D. , con un atto d'impugnazione dei difensori e con un atto d'impugnazione personale, e il Procuratore Generale della Repubblica di Catanzaro. Ricorsi i cui motivi sono di seguito riassunti.
3. Nell'interesse di D..M. sono stati presentati, come detto, due atti di ricorso, uno dei difensori e uno personale del M. .
3.1. Con il ricorso dei due difensori sono delineati tre motivi di censura.
3.1.1. Erronea applicazione degli artt. 2 bis e 2 ter L. 575/65. Il presupposto per dedurre la fittizia titolarità dei beni del ricorrente, siccome riconducibili al proposto nipote M.A. , è offerto dalla coabitazione dell'interessato e del proposto. Ma i giudici di appello hanno misconosciuto i documenti difensivi attestanti la diversa dimora del ricorrente e della madre in luogo diverso da quello del nipote, avendo essi mantenuto la residenza nella casa occupata da M.A. solo per non perdere il diritto di assegnatari dell'immobile di edilizia popolare del Comune di Crotone.
3.1.2. Violazione dell'art. 178, lett. a), c.p.p. La Corte di Appello, pronunciandosi sui metodi di acquisto a titolo originario del terreno e dei manufatti la cui proprietà ha ritenuto di attribuire alla MAMIDO s.r.l. e alla V. in base al canone dell'accessione dei manufatti al terreno, si è attribuita poteri giudicanti che - nella pendenza di causa civile tra il M. e la società - sono preclusi al giudice penale, che in tal modo ha espresso valutazioni che rendono radicalmente nulla l'intera decisione.
3.1.3. Contraddittorietà e illogicità della motivazione anche per travisamento delle fonti di prova. Erroneamente la decisione impugnata conferisce valore confessorio alla domanda riconvenzionale del M. in sede civile, con cui ha rivendicato l'usucapione in capo al defunto genitore, del terreno acquistato a fini edificatori dalla società MAMIDO, altresì ignorando che fin dal 1997 il Comune di Crotone aveva con ordinanza sindacale disposto la demolizione di manufatti afferenti al centro sportivo, che - diversamente da quanto ipotizzato dalla Corte territoriale - era già esistente in epoca precedente gli anni 2000. Analogamente la Corte ha ignorato la movimentazione effettiva del conto bancario del M. (proventi derivanti dalla "vendita di calciatori formatisi nella scuola calcio (omissis)"), e della voce "pagamenti diversi".
3.2. Con il ricorso personale del M. si enunciano due motivi di doglianza.
3.2.1. Difetto di motivazione per omessa analisi dei movimenti bancari del conto corrente BNL intestato al ricorrente. Premesso che D..M. "gestisce" in concreto la scuola calcio organizzata sotto l'insegna del centro sportivo Big Sport, la cui natura di associazione senza fini di lucro è una mera fictio contabile, la Corte di Appello non ha vagliato i dati documentali offerti dalla difesa del ricorrente (in rapporto ai proventi della scuola calcio e al transito delle somme provenienti dalla madre del ricorrente), valorizzando in modo abnorme sia lo stato di famiglia soltanto formale del nipote A..M. , sia le disponibilità bancarie del ricorrente. Sul tema oggetto del motivo di censura la difesa ha prodotto, con memoria depositata il 24.10.2012, una nota esplicativa redatta dall'Agenzia B.N.L. di Crotone sui movimenti registrati sul conto del ricorrente con particolare riguardo alle somme provenienti dalla madre del ricorrente, D.L.V. , a titolo di eredità.
3.2.2. Erronea applicazione degli artt. 2 bis, co. 3, L. 575/65 e 192 c.p.p. La Corte afferma in modo apodittico che la dimora del M. sarebbe stata trasferita in epoca recente e comunque successiva alla acquisizione dei suoi beni sottoposti a confisca. La convivenza con il proposto nipote è frutto di semplice supposizione, validamente contrastata dalla fornita prova dell'acquisizione fin dal 1991 del terreno in località (omissis) ove è posta l'abitazione occupata da sempre dalla madre e dallo stesso ricorrente. Questi non solo da molti anni non fa più parte del nucleo familiare del nipote M.A. , ma neppure ha mai intessuto rapporti economici o di cointeressenza finanziaria con il nipote, atteso che gli accertamenti svolti nel corso del procedimento di prevenzione non hanno portato in luce alcun passaggio di denaro tra zio e nipote.
4. Con il proprio ricorso il Procuratore Generale di Catanzaro denuncia violazione di legge per erronea applicazione degli artt. 2 bis e 2 ter L. 575/65 e 934 c.c. in relazione alla revoca della confisca del centro sportivo (OMISSIS) e dell'edificio gravanti sull'area immobiliare acquistata dalla società MAMIDO. Tale società non può ritenersi terzo acquirente in buona fede.
4.1. Emergendo pacificamente dagli atti che M.D. ha realizzato sul terreno già confiscato e restituito dalla Corte territoriale alla MAMDO s.r.l. i due immobili in questione in mancanza di titolo di proprietà e di permessi edificatori, la disciplina dettata dall'art. 934 c.c. in tema di accessione non implica automaticamente, sotto il profilo penalistico, che gli edifici seguano il regime giuridico del terreno acquistato legittimamente da terzi, poiché l'essere stati i due manufatti costruiti grazie all'impiego di proventi illeciti impedisce, sul piano economico e funzionale, di scinderne l'unitaria valutazione, rendendoli insuscettibili di una separata utilizzazione. In sede penale e di prevenzione il principio civilistico della accessione riceve una applicazione di segno inverso, dovendosi dare rilievo al bene di maggior valore economico, che nel caso di specie è senza discussione rappresentato dal centro sportivo e dall'edificio abitativo. Il terreno, infatti, riceve un indubbio incremento di valore dall'edificazione sebbene abusiva dei due manufatti e non può non seguire il regime giuridico dell'ormai inscindibile bene "principale" (i due manufatti).
4.2. Tale conclusione è conforme agli scopi della disciplina in tema di misure di prevenzione reali, quali riconosciuti dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. S.U., 25.9.2008 n. 1152/09, Petito, rv. 241886). Disciplina diretta a colpire gli investimenti, anche se scanditi da modalità lecite, di risorse finanziarie prodotte da attività illecite. Gli edifici abusivamente realizzati da M.D. rimangono illegittimi per l'evidente e significativa sproporzione fra le capacità reddituali dichiarate dal proposto e dai suoi prossimi congiunti ed il valore economico dei beni. L'inversione in sede di prevenzione penale del principio civilistico dell'accessione fa sì che il bene che possiede un valore economico preminente, nella specie i due manufatti (non foss'altro perché suscettibili di essere in vario modo utilizzati), non possa essere valutato a prescindere dal suolo. Questo, benché non possa ovviamente considerarsi una pertinenza degli edifici, svolge una funzione strumentale e servente rispetto agli stessi.
4.3. L'edificio a due piani è stato restituito alla persona terza Aurora Versano in base all'assunto che lo stesso sarebbe stato edificato abusivamente dalla donna (che per tale ragione ne aveva subito il sequestro, venendo altresì condannata per edificazione abusiva) in assenza di prove che l'edificazione sia riconducibile a D..M. . L'assunto è palesemente erroneo, perché non soltanto la V. non ha dimostrato il titolo del proprio possesso sull'edificio, edificato per altro nell'immediata vicinanza del complesso sportivo, ma tale edificazione è avvenuta su una porzione di terreno (particella catastale n. 4176) che è stata oggetto - come sembra sfuggire alla Corte di Appello - anch'essa della domanda riconvenzionale del M. (invocante l'usucapione anche di quella parte di terreno), che deve ritenersi, "per sua stessa ammissione", possessore uti dominus di tutta l'area in questione.
5. Il ricorso di D..M. deve essere dichiarato inammissibile per indeducibilità e infondatezza palese delle prospettate censure. Assistito da fondamento per quanto di ragione si rivela, invece, il ricorso del Procuratore Generale distrettuale alla luce degli oggettivi errores in indicando evidenziati dal ricorrente. Errori che debbono essere emendati dalla Corte territoriale attraverso un rinnovato esame della regiudicanda di prevenzione sui punti censurati e devoluti al giudizio di questa Corte di legittimità con l'impugnazione del Procuratore Generale.
6. Il ricorso di D..M. è inammissibile sotto duplice profilo, uno di natura pregiudiziale, l'altro di natura sostanziale correlato ai dedotti temi di censura.
6.1. Sotto il primo profilo è agevole rilevare che i motivi di critica esposti nel ricorso sottoscritto dai difensori del ricorrente e quelli enunciati nel ricorso personale del M. non possono di per sé essere presi in esami, i due atti impugnatori dovendo considerarsi tamquam non essent, perché non corredati dalla necessaria procura speciale del ricorrente terzo interessato in favore di un difensore. Come statuito da stabile giurisprudenza di questa Corte regolatrice, in tema di procedimento di prevenzione il difensore del terzo interessato, non munito di procura speciale, non è legittimato a proporre ricorso per cassazione avverso il decreto che disponga una misura di prevenzione reale quale la confisca. Il soggetto terzo interessato, infatti, non è parte processuale in senso tecnico e non può partecipare al giudizio personalmente, essendo portatore - nella sua veste di interveniente nel procedimento di prevenzione - di un interesse di natura esclusivamente civilistica e patrimoniale. In tale qualità egli, a differenza del soggetto proposto (da ritenersi equiparato all'imputato o indagato), può stare in giudizio unicamente con il ministero di un difensore munito di procura speciale, secondo la regola, di analogica interpretazione, dettata dall'art. 100 c.p.p. al pari di quanto prevede per il giudizio civile l'art. 83 c.p.c.. Il terzo interessato è gravato da un onere di patrocinio che è adempiuto soltanto conferendo procura speciale al difensore (cfr. ex multis Cass. Sez. 6, 17.9.2009 n. 46429, Pace, rv. 245440; Cass. Sez. 6, 20.1.2011 n. 13798, Bonura, rv. 249873; Cass. Sez. 1,29.2.2012 n. 10398, Luca, rv. 252925).
6.2. Ad ogni buon conto, anche accantonando l'illustrata pregiudiziale causa di inammissibilità, i due ricorsi prefigurano motivi indeducibili e all'evidenza infondati.
Le critiche enunciate in punto di coabitazione del ricorrente con il proposto nipote A..M. sono all'evidenza prive di pregio, poiché la Corte di Appello (al pari della precedente decisione del Tribunale di Crotone) ha compiutamente vagliato le emergenze procedimentali, né a tal fine ha ignorato le deduzioni difensive. Al riguardo, la Corte ha rilevato, ad esempio e tra l'altro, che la bolletta dell'Enel concernente l'abitazione in località (omissis) , dove il ricorrente assume di risiedere da tempo, risulta (pur se la bolletta debba riferirsi al 1998 e non al 2008) intestata unicamente alla madre del ricorrente, il quale ha certamente abitato insieme al nipote e continua ad abitarvi anagraficamente. Così parimenti la stessa Corte non ha affatto ignorato la dinamica di formazione della cospicua giacenza bancaria vantata dal M. , quale prospettata anche dalla difesa del ricorrente, ma l'ha giudicata linearmente confliggere con la patente improduttività reddituale del soggetto (che paradossalmente giunge a sostenere in ricorso di aver lucrosamente gestito il centro sportivo calcistico sottoposto alla confisca revocata dai giudici di appello). Così, ancora, nessuna esondazione dai limiti del giudizio in materia di misure di prevenzione è ravvisabile nel percorso valutativo enunciato nel decreto della Corte distrettuale, sol che si osservi come l'art. 2 ter, co. 13, L. 575/65 (novellato dalla L. 24.7.2008 n. 125) attribuisca al giudice della prevenzione il potere di dichiarare - in uno all'applicazione di misura ablativa reale - la stessa nullità degli atti traslativi patrimoniali di cui accerti la natura fittizia o simulata.
Da tali rapidi rilievi emerge in tutta chiarezza che, in patente elusione del combinato disposto degli artt. 4 co. 11 L. 1423/56 e 3 ter co. 2 L. 575/65 secondo cui nel procedimento di prevenzione il ricorso per cassazione è ammesso per sola violazione di legge, le censure delineate nell'interesse del ricorrente terzo interessato presentano una connotazione meramente fattuale che impinge il merito della regiudicanda di prevenzione. Censure che investono i giudizi di fatto articolati dal giudice di merito di secondo grado e che si traducono nel prefigurare e sollecitare una impropria rivisitazione di quei giudizi di fatto estranea alla presente sede di legittimità. Sede in cui non sono deducibili vizi di motivazione del provvedimento impugnato che non descrivano un percorso decisorio affatto carente o così deficitario sul piano della coerenza logica da renderlo apparente (in guisa da trasfondersi in violazione di legge per omessa motivazione). Nel caso di specie il decreto impugnato si mostra sorretto, sui punti devoluti dal M. , da motivazione congrua e logica frutto di ampia analisi ricompositiva dei cespiti di ritenuta illecita origine di cui è stata confermata la confisca.
7. È fondato il ricorso del pubblico ministero riguardante la revoca della confisca del centro sportivo (omissis) e della adiacente palazzina di due piani edificati sul terreno di controversa proprietà della MOMIDO s.r.l. (rivendicato per usucapione del ricorrente), con coeva restituzione – rispettivamente - alla società MOMIDO e ad A..V. , quali terzi possessori di buona fede.
Il ricorrente si è esplicitamente richiamato alla decisione delle Sezioni Unite di questa S.C. (25.9.2008 n. 1152/09, Petito, rv. 241886), che - decidendo in tema di sequestro preventivo funzionale alla confisca ex art. 12 sexies L. 356/92 - ha statuito il principio c.d. della accessione invertita in sede penale, secondo cui il sequestro preventivo di un edificio confiscabile si estende alle pertinenze dell'edificio e al suolo sul quale è stato realizzato, ancorché la provenienza del suolo sia legittima. Benché la sentenza delle Sezioni Unite abbia avuto ad oggetto una situazione processuale non compiutamente assimilabile a quella interessata dal processo di prevenzione per cui vi è ricorso del p.m., l'assunto rivelandosi un additivo obiter dictum della decisione, non è revocabile in dubbio che il principio così fissato è stato fatto proprio dalla successiva giurisprudenza di legittimità in materia di misure di prevenzione reali e di susseguenti misure di sicurezza, trattandosi di principio adeguantesi alle problematiche sottese alla materia. Principio e problematiche che la Corte di Appello sembra aver ignorato, limitandosi ad evocare il canone civilistico dell'accessione ex art. 934 c.c. (superficies solo cedit), quanto al centro sportivo restituito alla MOMIDO s.r.l. e a disconoscendo la vaghezza del titolo del possesso/proprietà della palazzina restituita alla V. .
7.1. Con riguardo a questo secondo cespite il provvedimento della Corte di Appello afferma, in modo per vero apodittico, non esservi prova che l'immobile sia stato abusivamente costruito da M.D. . Immobile che, ex adverso, la Corte reputa in sicura appartenenza alla V. sol perché sottoposto a sequestro preventivo nei suoi confronti e sol perché la V. ha riportato condanna (ex art. 444 c.p.p.) per la costruzione abusiva. Di tal che pertinenti divengono i rilievi del ricorrente Procuratore Generale catanzarese, quando sottolinea come la logica degli eventi storici ricostruiti nel procedimento di prevenzione induca a ritenere con fondata coerenza che l'edificio sia stato edificato dallo stesso M. , vuoi perché strettamente adiacente al complesso sportivo (che nessuno dubita essere stato da lui costruito), vuoi perché lo stesso insiste su una particella catastale di cui l'odierno ricorrente rivendica l'espressa proprietà per usucapione (nel giudizio civile instaurato dalla società MOMIDO). Non sottacendosi, per altro, che - come non manca di osservare il ricorrente p.m. - la sentenza applicativa di pena per il reato di costruzione senza permesso pronunciata a carico della V. non offre dati di certezza sull'accertamento del fatto storico, "ben potendo l'abuso essere stato perpetrato da un soggetto terzo". Si impone, per ciò, una nuova valutazione delle evenienze processuali, cui la Corte di Appello procederà in sede di rinvio, avendo riguardo ai pertinenti rilievi espressi dal ricorrente pubblico ministero.
7.2. Quanto all'edificio formato dal complesso sportivo (omissis), la fondatezza del ricorso poggia, oltre che sulle ragioni espresse nell'atto impugnatorio, nelle condivisibili considerazioni sviluppate nelle requisitorie del Procuratore Generale in sede che, insistendo per l'accoglimento del ricorso del p.m., ha posto in luce come possa valutarsi - in difetto di dati o circostanze di segno contrario - pienamente legittima la confisca di un fabbricato realizzato con fondi di provenienza illecita, quale il centro sportivo creato dal M., su un terreno di verosimile origine lecita, dal momento che i due beni (suolo e fabbricato) non possono essere valutati disgiuntamente, sotto il profilo economico e funzionale, in rapporto alla normativa di prevenzione che intende colpire gli investimenti di risorse finanziarie illecite, ancorché attuati con modalità in apparenza lecite. Di guisa che tale obiettivo finirebbe per essere vanificato, facendosi acritica applicazione del principio dell'accessione ex art. 934 c.c., obliterando l'effettivo e predominante valore del bene frutto di investimenti di matrice illecita. Di qui le numerose decisioni di legittimità, di cui la Corte di Appello dovrà tener conto in sede di giudizio di rinvio, per le quali in tema di misure di prevenzione è legittima la confisca di un edificio realizzato con fondi di provenienza illecita su un terreno di provenienza lecita (Cass. Sez. 2, 16.4.2009 n. 25558, Di Salvo, rv. 244151, Cass. Sez. 5, 25.9.2009 n. 49479, Graziano, rv. 245834; Cass. Sez. 5, 5.10.2010 n. 39228, Paglia, rv. 248899). È appena il caso di osservare che quando un bene si componga di più unità, come nel caso terreno-edificio, l'una di provenienza lecita (terreno) e l'altra di provenienza illecita (edifico), il regime penalistico cui assoggettare l'intero bene non può che seguire quello della quota del bene di valore economico e di più estesa utilizzabilità nettamente prevalenti. Vale a dire, nel caso di specie, della struttura edificata come centro sportivo, di cui la consulenza tecnica di ufficio ha accertato la cospicua entità economica.
Merita soltanto aggiungere che, fermi restando i principi di diritto affermati dalla appena citata giurisprudenza di legittimità, la Corte di Appello di Catanzaro riformulerà il proprio giudizio sulla confiscabilità o meno dei due cespiti per cui interviene annullamento della revoca disposta con il decreto impugnato, anche avendo presente i collaterali principi ermeneutici, alla stregua dei quali nelle ipotesi in cui il reimpiego di denaro proveniente da fonte sospetta di illiceità penale avvenga mediante addizioni, accrescimenti, trasformazioni o miglioramenti di beni già nella disponibilità del proposto o di suoi prossimi congiunti, un simile reimpiego concorre ad accreditare la sostanziale disponibilità (in capo al proposto o ad un suo familiare) di un bene accessorio o complementare di un bene in proprietà o possesso di eventuali terzi. In guisa da giustificare la misura ablativa di prevenzione, allorché gli investimenti e le addizioni si rivelino assorbenti o preponderanti rispetto al valore incrementale acquisito dal medesimo bene (cfr: Cass. Sez. 1, 4.7.2007 n. 33479, Richichi, rv. 237448; Cass. Sez. 1,13.5.2010 n. 21079, Gentile, rv. 247579).
Alla contestuale declaratoria di inammissibilità del ricorso di D..M. segue per legge la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali del grado e al versamento di una somma in favore della cassa delle ammende, equamente stabilita in Euro 1.000,00 (mille).

P.Q.M.

In accoglimento del ricorso del Procuratore Generale annulla il decreto impugnato sul punto devoluto e rinvia per nuovo giudizio alla Corte di Appello di Catanzaro.
Dichiara inammissibile il ricorso di M.D. , che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla cassa delle ammende.
Avv. Antonino Sugamele

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