Disoccupato va al Comune e chiede con insistenza un lavoro. Non è interruzione di un ufficio o servizio pubblico.
Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 4 giugno – 4 luglio 2013, n. 28716
Presidente Agrò – Relatore Serpico
Ritenuto in fatto e considerato in diritto
Sull'appello proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Agrigento avverso la sentenza del predetto Trlbunale - sez. dis.ta di Licata in data 29-10-2009 che aveva assolto F.G. dal reato continuato di cui all'art.340 cp. avendo in più occasioni cagionato interruzioni e turbamenti della regolarità degli uffici del Comune di (…), perché il fatto non è previsto dalla legge come reato, la Corte di Appello di Palermo, con sentenza in data 9-11-2011, in parziale riforma della decisione di 1^ grado, dichiarava il predetto imputato colpevole del reato continuato ascrittogli, limitatamente alle condotte commesse il (OMISSIS) e lo condannava alla pena di mesi due di reclusione, confermando nel resto la sentenza impugnata.
Avverso la cennata decisione della Corte territoriale palermitana, il F. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo a motivi del gravame, a mezzo del proprio difensore,la violazione dell'art. 606 lett. e) cpp., per manifesta illogicità della motivazione in punto di sussistenza del reato,non essendo emerso agli atti che le condotte ascritte al ricorrente avessero impedito il regolare funzionamento degli uffici comunali, essendosi limitate a richieste di lavoro ed assistenza, ancorché, talora, con toni alterati ma senza che questo determinasse alcuna interruzione di un pubblico servizio, come esattamente riconosciuto dal giudice di 1^ grado.
Il ricorso è fondato e va accolto con conseguente annullamento senza rinvio dell'impugnata sentenza perché il fatto non sussiste.
Va preliminarmente ribadito il principio di diritto anche di recente affermato da questa Corte di legittimità, nella scia di un uniforme tracciato giurisprudenziale in materia che, nel giudizio di appello, per la riforma della sentenza assolutoria di 1^ grado, non basta in mancanza di elementi sopravvenuti di apprezzabile spessore probatorio, una mera e diversa valutazione del materiale probatorio già acquisito in primo grado ed ivi ritenuto inidoneo a giustificare una pronuncia di colpevolezza (ancorché nella specie, limitata ai soli episodi del (OMISSIS) ), occorrendo, invece, una forza persuasiva superiore tale da far venir meno ogni ragionevole dubbio sulla colpevolezza dell'imputato, imponendo in tal modo al giudice del gravame un argomentato apprezzamento circa la configurabilità di un quadro probatorio d'accusa quale unico riscostruibile in assenza di vizi logici ed inadeguatezza motivazionale a minata sostenibilità del primo giudizio (cfr. in termini da ultima Cass. pen. Sez. VI, 24-01-2013 n. 8705 Rv 254113; idem 10-7-2012 b. 34847 Rv 253718 e tra le altre in senso conforme Cass. pen. Sex. VI n. 40159 del 3-11-2011 Rv. 251066).
Nella specie, alcuna apprezzabile rivalutazione adeguatamente giustificata nei termini di cui al suddetto principio di diritto, risulta operata circa la prova specifica (Cfr. testi Pi. e C. ) e quella generica segnatamene in punto di collegamento eziologico tra la condotta dello imputato e la funzionalità dell'Ufficio.
Al riguardo va ribadito quanto, peraltro puntualmente, già argomentato dal giudice di 1^ grado circa la configurabilità del reato in esame (cfr. fol. I sentenza Tribunale Agrigento – Sez.ne dist.ta di Licata) che, come più volte sottolineato da questa Corte di legittimità, richiede che il turbamento della regolarità dell'Ufficio si riferisca ad un'alterazione del suo funzionamento, ancorché temporanea, intesa nel suo complesso, tanto da alterarne la concreta operatività globale. Di qui l'intuibile conseguenza che gli effetti minimali prodotti dall'accertata condotta dell'imputato erano ragionevolmente controllabili con gli ordinari meccanismi di difesa, come argomentatamente e motivatamente segnalato dal giudice di 1^ grado, in piena sintonia con il richiamato indirizzo di questa Corte (cfr. tra le altre ed in termini Cass. Pen. Sez. VI, 23-10-2006 n. 35399, Novella),
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.
07-07-2013 10:56
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