Di chi è la competenza funzionale ad emettere il mandato di arresto europeo per l’esecuzione di una misura cautelare custodiale? Questione rimessa alle sezioni unite.
Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 2 – 17 luglio 2013, n. 30761
Presidente Bardovagni – Relatore Cassano
Ritenuto in fatto
1. L'8 ottobre 2012 il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano emetteva ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di B..P.. Il provvedimento veniva eseguito il 18 ottobre 2012.
2. In pari data il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Milano trasmetteva il procedimento per competenza alla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria.
3. Il 31 gennaio 2013 la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria comunicava a quella di Milano che, alla data di esecuzione dell'ordinanza di custodia cautelare in carcere, P.B. risultava detenuto in Italia, "dopo essere stato arrestato in Germania il (OMISSIS) in esecuzione del mandato d'arresto Europeo, emesso dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro nell'ambito del procedimento penale n. 1/2007 R:G.N.R. PDA.
4. Sulla base di tale informazione, il 20 marzo 2013 il Pubblico ministero di Milano richiedeva l'emissione del mandato d'arresto Europeo nei confronti di B..P. in vista della sua consegna suppletiva.
5. Il 21 febbraio 2013 il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano dichiarava la propria incompetenza funzionale a provvedere, atteso che il procedimento non era più pendente dinanzi all'Autorità giudiziaria milanese.
6. L'11 marzo 2013 il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Reggio Calabria, cui gli atti erano stati nel frattempo trasmessi, declinava, a sua volta, la propria competenza ad emettere il mandato di arresto Europeo nei confronti di P.B. e, contestualmente, sollevava conflitto negativo di competenza. A sostegno della propria decisione valorizzava il tenore letterale dell'art. 28 della L. 22 aprile 2005 n. 69 da cui risulta che la competenza all'adozione del mandato di arresto Europeo appartiene al giudice che ha emesso la misura cautelare. Rilevava, inoltre, che non era in possesso degli atti necessari a delibare la richiesta, non essendo “stato investito di alcuna richiesta, fuorché l'emissione del M.A.E., da parte del P.M. reggino”.
7. L'8 aprile 2013 il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano faceva pervenire note scritte in merito alle argomentazioni sulla base delle quali l'Autorità giudiziaria di Reggio Calabria aveva declinato la propria competenza. Osservava, in particolare, che il dato letterale dell'art. 28 della l. n. 69 del 2005 non enuncia una competenza funzionale permanente del giudice per le indagini preliminari che ha emesso l'originario titolo cautelare, ma deve essere necessariamente coordinato con la previsione contenuta nell'art. 279 cod. proc. pen..
Rileva, inoltre, che, nel caso di specie il giudice adito non ha la disponibilità degli atti processuali, medio tempore trasmessi all'Autorità giudiziaria di Reggio Calabria, e si trova, quindi, nell'assoluta impossibilità di effettuare le verifiche imposte dalla legge in ordine alla permanente efficacia della misura coercitiva a suo tempo emessa ed alla certezza, probabilità, possibilità della presenza dell'indagato nel territorio di un altro Stato membro dell'Unione Europea.
Adottando una diversa prospettiva interpretativa, il necessario controllo di legalità del giudice chiamato ad emettere il mandato di arresto Europeo degraderebbe ad una mera automatica compilazione a richiesta di un atto dovuto e la discrezionalità vincolata, cui la giurisprudenza di legittimità riconduce il sindacato giudiziale in tale sede sarebbe esautorata o si risolverebbe in attività certificativo - amministrativa.
Considerato in diritto
Il conflitto sottoposto all'esame del Collegio sottende la questione se "la competenza funzionale ad emettere il mandato di arresto Europeo per l'esecuzione di una misura cautelare custodiate spetti al giudice che ha applicato la misura, anche laddove il procedimento penda davanti ad un giudice diverso, oppure al giudice che procede".
2. Su questa problematica si registra un contrasto di giurisprudenza.
2.1. Secondo un indirizzo esegetico, la competenza debba essere attribuita all'Autorità giudiziaria che procede (Sez. 1, n. 26635 del 29/04/2008, dep. 2/7/2008, confl. comp. in proc. Trib. Ragusa, Rv. 240531). A sostegno di tale conclusione vengono poste ragioni di interpretazione logico-sistematica degli artt. 28, 30 e 39 della I. n. 69 del 20051, avvalorate da esigenze di speditezza e di funzionalità. L'organo emittente deve, infatti, essere aggiornato in ordine allo sviluppo procedimentale al fine di fornire tempestivamente tutte le informazioni che devono corredare il mandato di arresto Europeo e che implicano una conoscenza completa delle contestazioni elevate e del materiale probatorio posto a sostegno delle stesse (art. 30), nonché di assolvere con immediatezza agli obblighi previsti dalla legge (redazione della relazione di accompagnamento, trasmissione di informazioni integrative, etc.). Tutti questi aspetti presuppongono la disponibilità degli atti.
L'attribuzione della competenza a provvedere in ordine al mandato di arresto Europeo al giudice che ha emesso a suo tempo il provvedimento custodiate potrebbe inoltre comportare conseguenze negative sul piano di un'efficace cooperazione con le Autorità giudiziarie straniere, qualora nel corso del processo siano intervenute nuove contestazioni, modifiche o integrazioni delle imputazioni originariamente formulate o declaratorie di incompetenza territoriale.
Inoltre, l'omessa lettura organica delle disposizioni contenute nella l. n. 69 del 2005 con le regole generali che, nel codice di rito, disciplinano la competenza del giudice in ordine alle misure cautelari non solo porterebbe a delineare un'inedita competenza "ultrattiva" del giudice che ha adottato la misura cautelare, ma porrebbe anche seri problemi di coordinamento con le attribuzioni riservate all'Autorità giudiziaria delle singole fasi o dei gradi successivi di giudizio, come, ad esempio, nel caso in cui venga successivamente ripristinata una misura cautelare, in precedenza revocata da un altro giudice.
Tali considerazioni paiono sottese ad un'altra decisione di questa Corte che, pur senza affrontare espressamente l'intera problematica, ha risolto un conflitto di competenza mediante la declaratoria della competenza del Tribunale di riesame ad emettere il mandato di arresto Europeo in un caso in cui il giudice per le indagini preliminari aveva rigettato la richiesta di applicazione di una misura cautelare riformulata dal Pubblico Ministero ed il provvedimento restrittivo era stato successivamente disposto dal Tribunale del riesame (Sez. 1, n. 16478 del 19/04/2006, dep. 12/05/2006, confl. comp. In proc. Abdelwahab, Rv. 233578).
2.2. Tale orientamento è stato successivamente disatteso da un diverso indirizzo interpretativo secondo il quale la competenza ad emettere il mandato di arresto Europeo spetta al giudice che ha emesso la misura cautelare, pur se questi non sia più il giudice procedente (Sez. 1, n. 15200 del 26/03/2009, dep. 8/04/2009, confl. comp. in proc. Lauricella, Rv. 243321; Sez. 1, n. 18569 del 16/04/2009, dep. 5/05/2009, confl. comp. in proc. Diana, Rv. 243652).
A sostegno di tale diversa impostazione viene richiamato il tenore letterale dell'art. 28, comma 1, lett. a) della I. n. 69 del 2005 che fa riferimento al giudice che ha emesso la misura cautelare e non al giudice che procede ai sensi dell'art. 279 cod. proc. pen..
Si osserva, inoltre, che, ai fin dell'emissione del mandato di arresto Europeo, l'art. 29 della I. n. 69 del 2005 non richiede una valutazione di merito, bensì soltanto la presenza dell'imputato o del condannato nel territorio di uno Stato membro dell'Unione Europea, sicché la sua adozione non configura l'esercizio del potere cautelare, ma rappresenta piuttosto l'espressione di “un'attività di carattere meramente certificativo – amministrativo - strumentale, preordinata all'esecuzione dell'ordinanza cautelare fuori dei confini dello Stato, la quale non offre alcun margine di discrezionalità al compilatore e costituisce adempimento assolutamente dovuto e a contenuto vincolato” (cfr. in tal senso Sez. 1 n. 15200 del 26/03/2009, cit.).
Si argomenta, poi, che le informazioni che, in base all'art. 30 L. n. 69 del 2005, devono essere fornite attengono esclusivamente alla misura cautelare emessa e non all'ulteriore sviluppo procedimentate. Sotto tale profilo viene attribuito rilievo al fatto che il provvedimento restrittivo originariamente adottato (necessariamente non ancora in corso di esecuzione, se è richiesto il mandato di arresto Europeo) non è inserito nel fascicolo del dibattimento e che, pertanto, il giudice procedente non ne ha la disponibilità.
3. La questione oggetto del presente conflitto è stata recentemente sottoposta da parte della Sesta Sezione Penale di questa Corte (cfr. ordinanza n. 12321 del 13/0372001, dep. 2/04720012, Caiazzo) all'esame delle Sezioni Unite che, però, non hanno avuto modo di affrontarla per una ragione preliminare ed assorbente (Sez. U., n. 30769 del 2176/2012, dep. 27/7/2012, Caiazzo, Rv. 252891-92).
4. Le principali argomentazioni su cui ha fatto leva l'ordinanza di rimessione a sostegno del primo dei due indirizzi esegetici in precedenza illustrati possono essere così sintetizzate.
4.1. L'interpretazione dell'art. 28, comma primo, lett. a), della L. 22 aprile 2005, n. 6 non può prescindere dall'intero quadro normativo di riferimento che presuppone il rispetto, “in quanto compatibili”, delle disposizioni del codice di procedura penale e delle leggi complementari (ex art. 39, comma primo, della legge n. 69 del 2005). La legge evidenza una scelta asimmetrica nell'articolazione della competenza giurisdizionale tra la fase attiva e quella passiva della procedura di consegna, attraverso l'introduzione di un significativo elemento di novità nella disciplina dei rapporti giurisdizionali con le autorità straniere: per la prima volta, infatti, la competenza non viene radicata a livello distrettuale presso le Procure generali delle Corti d'appello, ma viene attribuita al giudice titolare del potere cautelare, che non può essere individuato se non alla stregua delle regole generali, implicitamente richiamate, di cui agli artt. 279 cod. proc. pen. e 91, disp. att. e coord., cod. proc. pen..
La disposizione che disciplina la competenza del giudice ai fini dell'emissione del mandato (art. 28, comma primo, lett. a), della L. n. 69/2005) fa espresso riferimento al “giudice che ha applicato la misura cautelare”, utilizzando in tal modo la stessa formulazione lessicale impiegata dal legislatore nell'art. 279 cod. proc. pen. (che menziona, oltre all'”applicazione”, anche la “revoca” delle misure e le “modifiche” delle loro modalità esecutive) per delineare i criteri che regolano la legittimazione all'adozione dei provvedimenti de libertate, sui quali, come è noto, “provvede il giudice che procede” al tempo della richiesta, ovvero il giudice per le indagini preliminari, nell'eventualità che il petitum cautelare si collochi in un momento antecedente all'esercizio dell'azione penale.
Il mancato coordinamento dell'art. 28, comma primo, lett. a), della L. n. 69/2005 con la regola di sistema enunciata nell'art. 279 cod. proc. pen. è probabilmente dovuto al fatto che, nel corso dei lavori parlamentari, era stato proposto un testo alternativo che assegnava la competenza per l'emissione del mandato arresto Europeo al “Procuratore generale presso la Corte d'appello del distretto in cui si procede” (a tal fine sollecitato dal pubblico ministero presso il giudice de libertate, ovvero da quello che ha emesso l'ordine di esecuzione), testo poi abbandonato in favore dell'attuale, senza peraltro provvedere all'introduzione delle necessarie disposizioni di raccordo normativo.
La stretta interdipendenza tra il mandato di arresto Europeo ed il provvedimento restrittivo dello status detentionis, sulla cui adozione si fonda l'emissione del primo, suggerisce il rispetto del requisito della identità soggettiva tra l'”autorità giudiziaria emittente” e l'”autorità giudiziaria procedente”, in conformità alle regole generali dell'ordinamento processuale (arg. ex art. 39, comma primo, della L. n. 69/2005), la cui piena compatibilità all'interno del nuovo meccanismo di consegna non sembra possa essere messa validamente in discussione, se non alterando la fondamentale rado di garanzia che individua la figura del giudice de libertate parallelamente alla dinamica evoluzione del rapporto processuale ed alla sua progressiva articolazione nelle varie fasi e nei diversi gradi, sulla base della disponibilità materiale e giuridica degli atti. Emblematica, in proposito, appare la disposizione contenuta nell'art. 31 della legge n. 69 del 2005, la quale stabilisce il principio della non autonomia del mandato d'arresto Europeo rispetto al provvedimento interno, prevedendo che il mandato d'arresto perda efficacia, quando il provvedimento restrittivo della libertà personale, “sulla base del quale è stato emesso”, venga revocato, annullato, o sia divenuto inefficace (sulla base dei principi generali e delle ordinarie regole processuali fissate dagli artt. 272 ss. c.p.p., in tal modo implicitamente richiamate nella legge di attuazione).
La stessa giurisprudenza di legittimità osserva che l'intima connessione tra il mandato di arresto Europeo ed il titolo di riferimento trova conferma proprio nell'art. 31 della legge n. 69 del 2005, che prevede la perdita di efficacia del primo “quando il provvedimento restrittivo sulla base del quale è stato emesso è stato revocato o annullato ovvero è divenuto inefficace”. Il mandato di arresto Europeo, pertanto, ha un'efficacia e un'operatività derivate, con la conseguenza che è al titolo di base che l'interessato deve fare riferimento per far valere eventuali sue ragioni, mentre ogni questione strettamente afferente alla consegna sollecitata dall'autorità giudiziaria italiana non può che essere fatta valore nello Stato richiesto, secondo i tempi e la disciplina di quell'ordinamento (Sez. 6, n. 20823 del 19/01/2010, dep. 3/06/2010, Bosti, Rv. 247360).
Di conseguenza, il venir meno del presupposto giustificativo della richiesta di consegna - ossia il provvedimento restrittivo dello status libertatis - non può che travolgere il mandato e gli effetti dallo stesso scaturiti.
4.2. La decisione sull'emissione del mandato d'arresto Europeo, lungi dall'esaurirsi in un'attività di riscontro certificativo, o di tipo meramente compilativo, costituisce il risultato dell'esercizio di una prerogativa rimessa al giudice e, nella fase esecutiva, al pubblico ministero, cui spetta valutare essenzialmente i seguenti profili, di ordine sostanziale e processuale:
a) la sussistenza dei presupposti di legge per l'emissione del mandato di arresto Europeo (artt. 28 e 29, comma primo, della legge 22 aprile 2005, n. 69);
b) l'an debeatur in merito alla richiesta di arresto e consegna da rivolgere agli altri Stati membri dell'Unione Europea.
I presupposti di legge, in particolare, sono tre:
1) l'emissione, nel procedimento penale, di un'ordinanza di custodia cautelare o di un ordine di esecuzione della pena detentiva, non eseguiti per irreperibilità dell'imputato o del condannato;
2) la certa, probabile o possibile presenza dell'imputato o del condannato sul territorio di un altro Stato membro, qualunque sia la loro cittadinanza;
3) il rispetto di determinati limiti di pena.
È, inoltre, la stessa valutazione in ordine alla sussistenza dei profili dell'an debeatur a poggiare su un apprezzamento largamente discrezionale, anche in tal caso oggettivamente ricollegabile ad un'attenta ponderazione del complesso degli elementi storico-fattuali e probatori a disposizione dell'autorità giudiziaria che procede nella fattispecie concreta. A tale riguardo sono enucleatali alcuni criteri direttivi di ordine generale, il cui prudente bilanciamento, come posto in luce nel Vademecum per l'emissione del mandato d'arresto Europeo, elaborato dal Ministero della giustizia - Direzione Generale della giustizia penale, e nel Manuale Europeo sull'emissione del mandato di arresto Europeo, adottato dal Consiglio dell'Unione Europea il 18 giugno 2008 (8216/2/08), dovrebbe in ogni caso essere condotto dall'autorità competente per l'emissione del mandato di arresto Europeo.
Innanzitutto, l'arresto e la consegna possono essere richiesti, ad un altro Stato membro, soltanto ai fini della effettiva esecuzione del provvedimento detentivo emesso nel procedimento penale. Per questo motivo, la legge, da un lato, non consente di emettere il mandato di arresto Europeo in presenza di misure coercitive non custodiali (artt. 281-283 cod. proc. pen.), che comporterebbero l'immediata liberazione della persona, dopo la consegna; dall'altro lato, prevede espressamente la perdita di efficacia del mandato d'arresto Europeo, già emesso dal giudice, nei casi di estinzione della custodia cautelare (ex art. 31 della legge n. 69 del 2005).
In secondo luogo, la stretta correlazione tra lo status detentionis e il mandato d'arresto Europeo ne rende problematica l'emissione sulla base della misura coercitiva degli arresti domiciliari (art. 28, comma primo, lett. a), della legge sopra citata, in relazione all'art. 284 cod. proc. pen.), inducendo il giudice ad adottare, in questo caso, particolari cautele nella decisione.
Infine, la valutazione sull'an debeatur, che nella prassi applicativa risulta essere molto diversa da Stato membro a Stato membro e a seconda dell'autorità che procede, non può prescindere dal fatto che l'emissione del mandato di arresto Europeo è comunque soggetta ai limiti generali di ragionevolezza e proporzionalità, sui quali si fonda l'azione comune dell'Unione Europea, nel settore della cooperazione giudiziaria (art. 5 T.U.E.).
Pertanto, il giudice e il pubblico ministero, quando agiscono come autorità di emissione del mandato di arresto Europeo, sono chiamati sempre ad operare una duplice valutazione.
Sul piano interno, essi devono tener conto di una serie di elementi indicativi,come quelli rappresentati, a titolo esemplificativo, dalla gravità del reato, dalla personalità dell'autore, dall'entità della pena e dalla durata della misura cautelare, anche in considerazione della scadenza dei termini di fase.
Sul piano internazionale, inoltre, devono considerare che dall'emissione del mandato di arresto Europeo scaturisce una complessa attività di cooperazione internazionale tra organi di polizia e autorità giudiziarie e che l'esecuzione del mandato comporta l'arresto e la detenzione del ricercato, nel territorio di un altro Stato membro, per un lungo periodo di tempo e sollecita l'instaurazione di un continuo interscambio informativo tra le autorità giudiziarie interessate e, talora, tra queste ultime ed Eurojust (ex artt. 16 e 17 della decisione quadro del 13 giugno 2002).
4.3. L'autorità giudiziaria competente ai sensi dell'art. 28 deve provvedere ad inoltrare la richiesta di revoca del privilegio o di esclusione dell'immunità, nel caso in cui la persona ricercata benefici di un'immunità o di un privilegio riconosciuti da uno Stato diverso da quello di esecuzione, ovvero da un organismo internazionale (art. 29, comma terzo, della legge n. 69 del 2005).
Alla stessa autorità giudiziaria spetta la valutazione in merito alla scelta fra i due meccanismi attraverso i quali è possibile avviare la procedura attiva di consegna, ex art. 29, commi primo e secondo, della legge n. 69 del 2005: si tratta di due percorsi procedurali distinti e dipendenti direttamente dalla circostanza che sia noto o meno il luogo di residenza, domicilio o dimora del soggetto di cui si pretende la consegna. Nella seconda delle evenienze ora considerate, quando “risulta possibile” che la persona si trovi nel territorio di uno Stato membro dell'Unione Europea, ai sensi dell'art. 29, comma secondo, l. n. 69 del 2005 l'autorità competente all'emissione del mandato di arresto Europeo deve disporre l'inserimento di una specifica segnalazione nel S.I.S. (Sistema Informativo Schengen), conformemente alle disposizioni dell'art. 95 della Convenzione del 19 giugno 1990, di applicazione dell'accordo di Schengen del 14 giugno 1985, resa esecutiva nel nostro ordinamento con la legge 30 settembre 1993, n. 388.
L'inserimento di siffatta segnalazione costituisce un atto equipollente allo stesso mandato di arresto Europeo, a condizione, però, che la stessa venga corredata dell'apparato informativo richiesto per il contenuto del mandato di arresto Europeo dall'art. 30 della legge n. 69 del 2005, come del resto già specificato nella disposizione di cui all'art. 8, p.1, della Decisione quadro del 13 giugno 2002. È evidente che il corretto espletamento degli adempimenti descritti dall'art. 29, commi secondo e terzo, e 30 della legge sopra citata, presuppone una serie di valutazioni, talora particolarmente urgenti e delicate, che possono essere affidate solo ad un giudice in grado di governare effettivamente la fase processuale in corso e di calibrarne la dinamica ed i relativi esiti, a seconda della consistenza e qualità delle integrazioni richieste dall'autorità di esecuzione.
4.4. Non possono, infine, essere pretermessi i dati emergenti dall'osservazione della prassi, che sollecitano una serie di riflessioni che pongono in gioco la stessa funzionalità del nuovo sistema di consegna in tutte quelle ipotesi in cui non vi sia contestualità tra l'applicazione della misura cautelare e l'emissione del mandato di arresto Europeo:
- la necessità di emettere il mandato d'arresto Europeo ben può manifestarsi a distanza di tempo dall'applicazione della misura cautelare, come nel caso in cui sopravvengano elementi che dimostrano la presenza del latitante in un altro Stato membro;
- la localizzazione e l'arresto del ricercato ben possono verificarsi a distanza di tempo dalla diffusione delle ricerche, avviata tramite la segnalazione nel S.I.S..
In entrambe le situazioni ora indicate è evidente che il procedimento penale, con il relativo fascicolo, potrebbe risultare pendente dinanzi ad un giudice diverso da quello che aveva emesso la misura cautelare su cui deve basarsi il mandato di arresto Europeo, determinando il rischio di insorgenza di un conflitto negativo di competenza tra il giudice che procede ed il giudice delle indagini preliminari, ovvero quello che ha applicato la misura cautelare nelle fasi precedenti.
I pericoli d'insorgenza di tali rischi e di una eccessiva dilatazione dei tempi processuali all'interno di una procedura di consegna che il legislatore Europeo ha voluto necessariamente rapida e semplificata rispetto a quella di tipo estradizionale rendono, quindi, preferibile una soluzione interpretativa che riconduca al sistema, ed in particolare nell'alveo dei canoni generali fissati dall'art. 279 cod. proc. pen., il meccanismo di individuazione della competenza nella procedura attiva di consegna.
5. Conclusivamente, il Collegio, rilevato che la questione di diritto esaminata ha dato luogo ad un contrasto giurisprudenziale, la cui soluzione involge, peraltro, la delibazione di delicate questioni interpretative riguardanti la materia della libertà personale, rimette il ricorso alle Sezioni Unite ai sensi dell'art. 618 cod. proc. pen..
P.Q.M.
Rimette il ricorso alle Sezioni Unite ex art. 618 cod. proc. pen..
18-07-2013 23:19
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