Convergenza molteplice.Le dichiarazioni accusatorie devono caratterizzarsi per la loro specificità. Nucleo centrale e significativo della questione fattuale da decidere.
Cassazione penale sez. I
Data: 14/02/2013 ( ud. 14/02/2013 , dep.27/02/2013 )
Numero: 9408
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GIORDANO Umberto - Presidente -
Dott. CAIAZZO Luigi Pietro - Consigliere -
Dott. ROMBOLA' Marcello - Consigliere -
Dott. BARBARISI Maurizio - rel. Consigliere -
Dott. SANTALUCIA Giuseppe - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
C.N. n. il (OMISSIS);
avverso la sentenza 25 novembre 2011 - Corte di Assise di Appello di
Napoli;
sentita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Maurizio Barbarisi;
udite le conclusioni del rappresentante del Pubblico Ministero, in
persona del Dr. Volpe Giuseppe, sostituto Procuratore Generale della
Corte di Cassazione, che ha chiesto la declaratoria di
inammissibilità del ricorso con condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali e al versamento di una somma alla Cassa delle
Ammende;
udito il difensore avv. Baldascino Alfonso, che ha concluso per
l'accoglimento dei motivi di ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. - Con sentenza deliberata in data 25 novembre 2011, depositata in cancelleria il 13 gennaio 2012, la Corte di Assise di Appello di Napoli confermava la sentenza 3 novembre 2009 della Corte di Assise di Napoli che aveva dichiarato C.N. responsabile per il triplice omicidio volontario - aggravato dalla premeditazione e dai motivi abietti - commesso ai danni di T.V., M. V. e R.V., condannandolo alla pena dell'ergastolo.
1.1. - Secondo la ricostruzione del fatto operata nella sentenza gravata, verso le ore 14 del (OMISSIS) un'autovettura Mercedes con tre persone a bordo (le vittime dell'omicidio) nel percorrere la via che conduce alla (OMISSIS), paese della cintura di Napoli, veniva affiancata da un furgone da cui scendevano due persone armate di fucili a pompa e pistola che facevano fuoco all'indirizzo dell'autista dell'auto.
Una volta bloccata la marcia del veicolo, dal furgone scendevano altre due persone che sparavano sui passeggeri presenti sulla medesima vettura.
Il gruppo di fuoco saliva quindi su altre due vetture parcheggiate poco distanti che li attendeva per coprirne la fuga e si dileguava.
Dopo la celebrazione di alcuni processi contro i presunti responsabili, ma esitati in giudizi assolutori, nuovo impulso alle indagini veniva fornito da alcuni collaboratori di giustizia: D. S.D., F.R., D.L., A.C. appartenenti tutti al clan cosiddetto dei Casalesi. Si ricostruiva così che B.D., uno dei capi del medesimo clan, voleva insediare in (OMISSIS) delle persone da lui conosciute in carcere ( Ci.Ge., Ca.Al. e Ma.
G.) fatto questo che aveva determinato l'Insorgere di un conflitto con T.D. il quale, uscito a sua volta dal carcere, aveva intenzione di esautorare da quello stesso territorio altre organizzazioni criminali e F.D., altro boss locale legato al B., già peraltro operante nella zona. Da qui la decisione del B. di eliminare il T. che però, per diverso tempo, era in grado di sfuggire ad alcuni agguati, riuscendo persino a contrattaccare uccidendo a sua volta Ci.
G. e Ca.Al. incaricati dal medesimo B. di eliminarlo.
1.2. - Il giudice di merito richiamava, onde pervenire alla formulazione del giudizio di responsabilità, il dato probatorio consistito dalle dichiarazioni dei nominati collaboratori di giustizia, i quali, tra i compartecipi al nominato gruppo di fuoco, una decina di persone in tutto, avevano indicato l'attuale ricorrente. Il giudice di merito aveva ritenuto i collaboranti attendibili per essersi mostrati tali in altri procedimenti ed essendosi, essi stessi, autoaccusati di gravi reati. Inoltre i medesimi, per il ruolo svolto all'interno del clan e per alcuni di loro anche per aver partecipato direttamente al fatto, erano da ritenersi fonte primaria e rilevante ai fini probatori. Dovevano altresì apprezzarsi la spontaneità delle propalazioni, la coerenza logica e la costanza delle stesse oltre alla carenza di intenti calunniosi.
Quanto alla credibilità estrinseca il giudice faceva riferimento ai molteplici riscontri oggettivi (in particolare quanto al numero e al tipo di armi utilizzate, alle macchine impiegate, alla complessiva dinamica del triplice evento omicidiario) con riferimento agli accertamenti eseguiti in loco oltre che ai rilevamenti effettuati e agli accertamenti autoptici. Inoltre la Corte territoriale sottolineava che tutti i correi del C. erano stati condannati per il medesimo fatto con sentenze ormai definitive e che le dichiarazioni dei collaboratori erano sostanzialmente convergenti non solo in relazione alla dinamica dell'azione, ai luoghi, al numero di persone presenti, alle armi e ai mezzi adoperati, ma anche e soprattutto, per ciò che nel processo rilevava, sulla partecipazione attiva dell'imputato, in particolare in relazione al fatto che egli avesse partecipato salendo a bordo di una delle due Saab impiegate di conserva nel triplice omicidio anche per la fuga e avesse, durante l'azione omicidiaria, inseguito e sparato a uno dei tre occupanti della Mercedes.
La dissonanza tra le dichiarazioni dei propalanti rappresentata dalle affermazioni del D.S. che non aveva nominato tra i compartecipi del gruppo di fuoco l'odierno ricorrente veniva spiegato dal giudice con il fatto che il collaborante non aveva partecipato all'evento delittuoso venendone a conoscenza dal c. che peraltro non aveva fatto il nome neppure del D. e del F. che pur erano stati sicuramente presenti.
Infine il giudice evidenziava la non consistenza dell'alibi offerto (il C. in quel periodo assumeva farmaci tali che non gli avrebbero consentito di partecipare al fatto che gli si contesta) anche per le incongruenze emerse tra le prove dichiarative addotte dei collaboranti e la superfluità di un nuovo esame del dott. S. sulle condizioni di salute a quel tempo del C..
2. - Avverso il citato provvedimento, tramite il proprio difensore avv. Alfonso Baldascino, ha interposto tempestivo ricorso per cassazione C.N. chiedendone l'annullamento per violazione di legge e vizi motivazionali.
In particolare sono stati sviluppati dal ricorrente C.N. quattro ordini di motivi:
a) con il primo motivo di doglianza veniva rilevata la nullità dell'ordinanza e della sentenza impugnate per mancanza di motivazione e per violazione del diritto di difesa ex art. 24 Cost. e art. 178 c.p.p., lett. c) e art. 603 c.p.p. in merito alla mancata rinnovazione del dibattimento e alla nomina di un farmacologo o di uno psichiatra perchè riferisse sugli effetti sedativi dei farmaci assunti in quel periodo dall'imputato e sulla conseguente incidenza sulla sua piena capacità fisica a partecipare ad azioni delittuose complesse e pericolose;
b) con il secondo motivo di doglianza veniva rilevata la nullità dell'ordinanza e della sentenza impugnate per mancanza di motivazione e per violazione del diritto di difesa ex art. 24 Cost. e art. 178 c.p.p., lett. c) e art. 603 c.p.p., circa la mancata rinnovazione del dibattimento e rinnovo dell'esame del dott. S. sul punto specifico delle modalità del tentato suicidio come riferito dai familiari, sugli effetti collaterali dei farmaci prescritti e sulle condizioni del ricorrente al momento dell'intervento;
c) con il terzo motivo di doglianza veniva rilevata la nullità dell'ordinanza e della sentenza impugnate per mancanza di motivazione e per violazione del diritto di difesa ex art. 24 Cost. e art. 178 c.p.p., lett. c) e art. 603 c.p.p., circa la mancata rinnovazione del dibattimento e acquisizione della sentenza della Corte di Assise di Santa Maria Capua Vetere del 29 settembre 2004, utile a dimostrare la corrività di F.R. nell'accusare ingiustamente il C.; sulla richiesta il giudice si era espresso in modo succinto;
d) con il quarto motivo di impugnazione veniva rilevata la nullità della sentenza per violazione ed erronea applicazione degli artt. 192, 530 e 533 c.p.p.; nullità per mancanza ed illogicità della motivazione ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e); il giudice di merito ha sostanzialmente sminuito la portata della prova dichiarativa del D.S., violando in questo modo i canoni valutativi della prova; quanto alle dichiarazioni accusatorie di F.R. la sentenza non acquisita dal giudice dimostrava in modo chiaro la volontà del pentito di accusare ingiustamente il C., mentre le propalazioni di D. e B. erano di gran lunga successive agli accadimenti oltre che influenzate dalle dichiarazioni del D.S. e di F. che avevano permesso di riaprire le indagini sul triplice omicidio di (OMISSIS); le dichiarazioni dei pentiti erano pertanto sospette e non genuine e dunque non sufficienti a fondare un giudizio di responsabilità; le divergenze dichiarative tra B.D. e D. sono rilevanti proprio perchè riguardavano la partecipazione del C. al delitto (in relazione in particolare all'arma usata e sul suo comportamento post delictum); la motivazione del giudice in relazione al fornito alibi è illogica; non sono state esaminate nella loro interezza le dichiarazioni delle testimoni, nè quelle del dott. S., nè è stata compiutamente esaminata la documentazione prodotta.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
3. - Il ricorso è destituito di fondamento e va rigettato, Deve innanzitutto premettersi, nella verifica della consistenza dei rilievi critici mossi dal ricorrente, che la sentenza della Corte territoriale non può essere valutata isolatamente ma deve essere esaminata in stretta ed essenziale correlazione con la sentenza di primo grado, sviluppandosi entrambe secondo linee logiche e giuridiche pienamente concordanti, di talchè - sulla base di un consolidato indirizzo della giurisprudenza di questa Corte - deve ritenersi che la motivazione della prima si saldi con quella della seconda fino a formare un solo complessivo corpo argomentativo e un tutto unico e inscindibile (cfr. Cass., Sez. Un., 4 febbraio 1992, Ballan ed altri e, da ultimo, Sez. 1, 21 marzo 1997, Greco ed altri;
Sez. 1, 4 aprile 1997, Proietti ed altri).
3.1 - Ciò posto, si osserva che i primi tre motivi del ricorso (richiesta di rinnovazione istruttoria) non sono fondati e vanno respinti.
3.1.1 - La completezza e la piena affidabilità logica dei risultati del ragionamento probatorio seguito dalla Corte territoriale giustificano la decisione contraria alla rinnovazione dell'istruzione dibattimentale sul rilievo che nel giudizio di appello essa costituisce un istituto eccezionale fondato sulla presunzione che l'indagine istruttoria sia stata esauriente con le acquisizioni del dibattimento di primo grado, sicchè il potere del giudice di disporre la rinnovazione è subordinato alla rigorosa condizione che egli ritenga, contro la predetta presunzione, di non essere in grado di decidere allo stato degli atti (Cass., Sez. Un., 24 gennaio 1996, Panigoni; Sez. 1, 11 novembre 1999, Puccinelli ed altro).
Atteso che l'esercizio di un simile potere è affidato al prudente apprezzamento del giudice di appello e resta incensurabile nel giudizio di legittimità se adeguatamente motivato (Cass., Sez. 3, 29 luglio 1993; Cass., Sez. 1, 15 aprile 1993, Ceraso) deve sottolinearsi che la motivazione della sentenza impugnata da conto, in modo inequivoco, delle ragioni per le quali non è stata accolta la richiesta di rinnovazione parziale del dibattimento in appello, essendo stato ritenuto che gli elementi probatori disponibili risultassero completi e concludenti per la formazione del convincimento del giudice di secondo grado (Sez. 1, 19 marzo 2008, n. 17309, Calisti).
Ed è altresì consolidato principio di questa Corte ritenere, che la mancata rinnovazione dell'istruzione dibattimentale nel giudizio d'appello può costituire violazione dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. d), solo nel caso di prove sopravvenute o scoperte dopo la sentenza di primo grado (art. 603 c.p.p., comma 2) (Sez. 5, del 8 maggio 2008, n. 34643, P.G. e De Carlo e altri, rv. 240995) mentre l'error in procedendo è rilevante ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. d), è configurabile soltanto quando la prova richiesta e non ammessa, confrontata con le motivazioni addotte a sostegno della sentenza impugnata, risulti decisiva, cioè tale che, se esperita, avrebbe potuto determinare una decisione diversa; la valutazione in ordine alla decisività della prova deve essere compiuta accertando se i fatti indicati dalla parte nella relativa richiesta fossero tali da poter inficiare le argomentazioni poste a base del convincimento del giudice di merito (ex plurimis, Sez. 4, 14 marzo 2008, n. 23505, Di Dio, rv. 240839).
3.1.2 - La Corte territoriale si è adeguata a questi principi, avendo esaustivamente argomentato circa la completezza dell'istruttoria espletata e la sostanziale superfluità dell'integrazione voluta dal ricorrente; il profilo probatorio che la difesa del prevenuto intende far entrare nel processo, non è suscettibile di essere migliorato o integrato, sicchè la sua valenza rimarrebbe pur sempre quella già evidenziata dal giudice; rimane infatti non dimostrato (e non dimostrabile) che il C. avesse assunto in quel periodo dei farmaci "potenti" e tale da porlo in condizioni fisiche e psicologiche di inadeguatezza al ruolo complesso demandatogli all'interno del gruppo di fuoco, rimanendo al rango di una mera congettura che sia la normalità per un paziente l'assunzione di farmaci piuttosto che quella di non assumerli. Sotto questo profilo è corretta la valutazione di irrilevanza dell'esame di un farmacologo o il nuovo esame del dott. S..
E' rimasto parimenti indimostrato (e non dimostrabile) che il ricorrente non si sia comunque allontanato da casa per commettere il triplice omicidio e questo nonostante l'assunto costante controllo "a vista" da parte dei parenti preoccupati del fatto che potesse ripetere nei giorni successi al 2 novembre 1990, il suo gesto insano considerato peraltro che il triplice omicidio è stato commesso tre giorni dopo il tentativo di suicidio. La Corte territoriale ha stigmatizzato peraltro nell'alveo del diniego della richiesta rinnovazione istruttoria la contraddittorietà delle prove dichiarative raccolte sul punto, tali da farle ritenere inattendibili e quantomeno inveritiere per essere piuttosto volte a riscontrare in modo Interessato l'alibi del C..
Inoltre, in relazione all'acquisizione della sentenza della Corte di Assise di Santa Maria Capua Vetere del 29 settembre 2004, incombendo sul procedimento un onere di focalizzazione dell'istruttoria in relazione al thema probandum e alla necessità di rispettare il principio della ragionevole durata del processo, il diniego da parte del giudice del merito, anche sotto questo profilo, è logico ed esaustivo. Ogni prova deve essere per vero valutata all'interno del procedimento in cui viene fatta valere, sicchè la verifica di attendibilità del F. deve essere apprezzata in questo giudizio sulla base degli elementi in esso formati e non aliunde con riferimento ad altri fatti.
3.4 - In ricorso vengono inoltre riproposte le stesse censure già vagliate dal giudice di merito (senza peraltro confutarle se non in modo generico o apodittico) e concernenti vuoi la pretesa conoscenza da parte di alcuni pentiti ( D.L. e B.D.) di dati processuali altrimenti acquisiti circa la partecipazione del C. agli eventi per cui è causa, vuoi l'imprecisione dei collaboranti su altri aspetti ricostruttivi della dinamica della vicenda.
La Corte territoriale ha chiarito che non è stata acquisita alcuna prova di questo travaso di informazioni che è rimasto al solo rango di mera congettura. In questa sede non può non osservarsi che le collaborazioni dei pentiti spesso intervengono in empi diversi e non per questo sono anche false o inattendibili. E' pacifico, in giurisprudenza che, in tema di valutazione della prova, i riscontri esterni alle chiamate in correità possono essere costituiti anche da ulteriori dichiarazioni accusatorie, le quali devono tuttavia caratterizzarsi:
a) per la loro convergenza in ordine al fatto materiale oggetto della narrazione;
b) per la loro indipendenza - intesa come mancanza di pregresse intese fraudolente - da suggestioni o condizionamenti che potrebbero inficiare il valore della concordanza;
c) per la loro specificità, nel senso che la c.d. convergenza del molteplice deve essere sufficientemente individualizzante e riguardare sia la persona dell'incolpato sia le imputazioni a lui ascritte, fermo restando che non può pretendersi una completa sovrapponibllità degli elementi d'accusa forniti dai dichiaranti, ma deve privilegiarsi l'aspetto sostanziale della loro concordanza sul nucleo centrale e significativo della questione fattuale da decidere (Cass., Sez. 6, 26 novembre 2008, n. 1091; Sez. 2,4 marzo 2008, n. 13473).
Come emerge anche dalla lettura della sentenza gravata, in carenza di elementi che possano far ritenere sussistente un concerto tra i collaboranti in vista di una prefabbricazione avulsa dalla realtà, il semplice sfasamento delle dichiarazioni di collaboratori di giustizia nel tempo, rimane un mero fatto neutro, del tutto insufficiente a far ritenere dette dichiarazioni non autonome tra loro.
Inoltre la Corte di merito ha evidenziato che le riscontrate divergenze vertono solo su fatti non essenziali e non qualificanti tant'è che il giudice (come accaduto in altri procedimenti similari) le ha congruamente giustificate con il tempo decorso e con il fatto che la concitazione di momenti così tragici come il triplice omicidio ha fatto in modo che venissero fissati alcuni particolari rispetto ad altri, soprattutto quelli che per fattori organizzativi e per la presenza di numerose persone dipendevano da altri sodali.
E' stato fatto comunque salvo il nucleo portante dell'imputazione, sottolineando anzi che le rilevate diversità fanno semmai pensare, al contrario, a una genuinità e originalità di fondo (per la imperfezione che necessariamente accompagna le cose umane) e non a una comune e stereotipata fonte informativa. La Corte di merito peraltro evidenzia in sentenza che non vi è neppure prova di risentimenti od ostilità di sorta, tali da aver potuto condizionare le propalazioni dei collaboranti in modo da inficiarne la validità, come invocato dalla difesa.
4. - Al rigetto del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
PQM
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 14 febbraio 2013.
Depositato in Cancelleria il 27 febbraio 2013
25-03-2013 21:37
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