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Sentenza

Cittadino italiano condannato a 3 anni in Romania per avere cagionato la morte di 3 persone guidando un'auto e collidendo con un treno. No alla consegna dell'uomo alle autorità rumene, la pena può essere scontata in Italia.
Cittadino italiano condannato a 3 anni in Romania per avere cagionato la morte di 3 persone guidando un'auto e collidendo con un treno. No alla consegna dell'uomo alle autorità rumene, la pena può essere scontata in Italia.
Cassazione penale  sez. fer.   
Data:
    01/08/2013 ( ud. 01/08/2013 , dep.02/08/2013 ) 
Numero:
    33798

 

    Intestazione

                        LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE                   
                           SEZIONE FERIALE PENALE                        
    Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:                            
    Dott. FRANCO     Amedeo        -  Presidente   -                     
    Dott. D'ISA      Claudio       -  Consigliere  -                     
    Dott. APRILE     Ercole   -  rel. Consigliere  -                     
    Dott. SANTALUCIA Giuseppe      -  Consigliere  -                     
    Dott. LIGNOLA    Ferdinando    -  Consigliere  -                     
    ha pronunciato la seguente:                                          
                         sentenza                                        
    sul ricorso proposto da: 
                 L.G., nato a (OMISSIS); 
    avverso la sentenza del 30/05/2013 della Corte di appello di Firenze; 
    visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; 
    udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Ercole Aprile; 
    udito  il  Pubblico  Ministero, in persona del Sostituto  Procuratore 
    generale Dr. Spinaci Sante, che ha concluso chiedendo il rigetto  del 
    ricorso; 
    udito  per  l'interessato l'avv. Montarsolo Armando, che ha  concluso 
    chiedendo l'annullamento della sentenza impugnata. 
                     


    Fatto
    RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

    1. Con la sentenza sopra indicata la Corte di appello di Firenze dichiarava non sussistenti le condizioni per l'accoglimento della richiesta di consegna di cui al mandato di arresto europeo emesso il 13/10/2010 dalla Pretura di Sannicolau Mare (Romania) nei confronti del cittadino italiano L.G., tratto in arresto in Italia con provvedimento poi convalidato nei termini di legge, senza l'applicazione di misure cautelari.

    Rilevava la Corte di appello come il mandato di arresto europeo fosse stato adottato per dare esecuzione alla sentenza definitiva con la quale la Corte di appello di Timisoara aveva condannato il L. alla pena di anni tre mesi sei di reclusione per i delitti di omicidio colposo e distruzione di materiale ferroviario, commessi in (OMISSIS), per avere cagionato la collisione della vettura da lui guidata, nel mentre stava attraversano la linea ferroviaria, con un treno, incidente a seguito del quale erano morte le tre persone che si trovavano a bordo della vettura, era stato danneggiato il primo vagone del treno ed aveva preso fuoco il secondo; come tali reati corrispondessero a quelli previsti dal nostro ordinamento di omicidio colposo plurimo e di disastro ferroviario colposo, essendo stato accertato dall'autorità giudiziaria rumena che l'incidente aveva fatto sorgere un pericolo di disastro sulla linea ferroviaria; ed ancora, come sussistesse una ragione di rifiuto della consegna in quanto il L. è cittadino italiano e la pena irrogata dal giudice rumeno ben può essere eseguita in Italia, conformemente al diritto interno.

    2. Avverso tale sentenza ha presentato ricorso il L., con atto sottoscritto personalmente, il quale ha dedotto i seguenti tre motivi.

    2.1. Vizio di motivazione, per mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità, per avere la Corte di appello accolto la richiesta dell'interessato di scontare la pena in Italia, indicando, però, in maniera incerta, come reato italiano corrispondente a quello rumeno di distruzione di materiali ferroviari dapprima quello di disastro ferroviario colposo, di cui al combinato disposto degli artt. 430 e 450 c.p., e poi quello contravvenzionale di danni e guasti agli impianti ed ai mezzi di esercizio delle ferrovie di cui al D.P.R. n. 733 del 1980, art. 38; e, comunque, senza pronunciarsi sulla richiesta difensiva di applicazione delle circostanze attenuanti generiche.

    2.2. Violazione di legge, in relazione all'art. 735 c.p.p., per avere la Corte territoriale riconosciuto la sentenza penale straniera, ai fini della sua esecuzione in Italia, senza tenere conto dei limiti edittali massimi di pena stabiliti per le corrispondenti fattispecie incriminatrici previste dalla legge italiana.

    2.3. Violazione di legge, in relazione agli artt. 430 e 450 c.p., per avere la Corte fiorentina erroneamente ritenuto che i fatti accertati a carico del L. integrassero gli estremi del delitto di disastro ferroviario colposo, laddove era stato verificato dall'autorità giudiziaria straniera solamente un pericolo per la sicurezza dei mezzi di trasporto e non anche per la pubblica incolumità.

    3. Ritiene la Corte che il ricorso sia infondato.

    4. Il primo ed il terzo motivo del ricorso - evidentemente tra loro connessi - sono infondati.

    Costituisce ius reqeptum nella giurisprudenza di legittimità il principio secondo il quale la disposizione dettata dal L. n. 69 del 2005, art. 18, comma 1, lett. r) - secondo la quale la richiesta di consegna, contenuta in un mandato di arresto esecutivo, va rifiutata laddove la stessa riguardi un cittadino italiano o un cittadino di altro Paese membro dell'UE, residente ovvero dimorante in Italia (così per effetto della sentenza additiva Corte cost. n. 227 del 2010), nel quale caso la pena va eseguita in Italia conformemente al diritto interno del nostro paese - per un verso esclude che la Corte di appello Italiana possa esercitare un potere valutativo discrezionalmente esercitarle in ordine alla eseguibilità nello Stato della condanna per altro verso, rappresenta una regolamentazione del tutto peculiare dell'esecuzione della sentenza estera nell'ambito della disciplina interna del MAE, conformata alla riferita decisione-quadro, che è vincolante per gli Stati membri dell'Unione Europea, talchè la sentenza estera non deve essere formalmente "riconosciuta", discendendo la sua esecutività direttamente dalla legge interna di conformazione alla decisione- quadro (così Sez. 6, n. 46845 del 10/12/2007, Pano, Rv. 238328- 30347; conf. Sez. 6, n. 7812 del 12/2/2008, Tavano, non mass. sul punto; Sez. 6, n. 7813 del 12/02/2008, Finotto, non mass. sul punto).

    La motivazione della sentenza impugnata, dunque, non appare affatto viziata da manifesta illogicità nella parte in cui, allo scopo di verificare la ricorrenza del requisito della doppia incriminabilità, la Corte toscana ha riconosciuto - in considerazione dell'accertato pericolo per la sicurezza del traffico ferroviario e della pubblica incolumità - una corrispondenza della fattispecie incriminatrice di distruzione di materiali ferroviari di cui all'art. 276 c.p. rumeno, per il quale il L. aveva riportato condanna, con l'analoga fattispecie delittuosa di disastro ferroviario colposo, di cui agli artt. 430 e 450 c.p., ovvero, in alternativa, con il reato contravvenzionale disciplinato dal D.P.R. n. 735 del 1980, art. 38, comma 2, che sanziona il fatto di arrecare, anche per colpa, danni e guasti agli impianti ed ai mezzi di esercizio delle ferrovie qualora la condotta pregiudichi la sicurezza dell'esercizio medesimo. Senza dire che nulla è stato detto nel ricorso con riferimento all'altro delitto per il quale il L. aveva riportato condanna, quello di omicidio colposo, di certo corrispondente all'analoga fattispecie incriminatrice prevista dal nostro ordinamento.

    D'altro canto è da escludere la configurabilità di alcuna violazione di legge, essendo pacifico che, per soddisfare il requisito della doppia incriminabilità, non sia necessario che lo schema astratto della norma incriminatrice dell'ordinamento straniero trovi il suo esatto corrispondente in una norma dell'ordinamento italiano, ma è sufficiente che la concreta fattispecie sia punibile come reato da entrambi gli ordinamenti, a nulla rilevando l'eventuale diversità, oltre che del trattamento sanzionatorio, anche del titolo e di tutti gli elementi richiesti per la configurazione del reato (così Sez. 6, n. 11598 del 13/3/2007, Stoimenovsky, Rv. 23S947222;

    Sez. 6, n. 24771 del 18/6/2007, Porta, non mass. sul punto).

    Del tutto fuori luogo, in tale contesto, è la doglianza difensiva circa la mancata risposta alla richiesta di riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, istanza diretta ad una revisione del trattamento sanzionatorio stabilito dall'autorità giudiziaria straniera sulle cui determinazioni, come è evidente, l'autorità giudiziaria italiana non può in alcun modo incidere.

    5. Il secondo motivo dell'impugnazione è manifestamente infondato, avendo i Giudici di merito fatto corretta applicazione della regala iuris secondo la quale sulle modalità di esecuzione della pena nello Stato devono essere applicate non la disposizione dell'art. 735 c.p.p., bensì le regole generali della Convenzione sul trasferimento delle persone condannate del 1983. Pertanto, in ordine alla determinazione della pena deve essere applicata la procedura della "continuazione" della pena, per la quale l'Italia ha espresso l'opzione, come richiesto dall'art. 9 della stessa Convenzione: con la conseguenza che le competenti Autorità italiane devono "...continuare l'esecuzione della condanna ... sulla base di una decisione giudiziaria ... alle condizioni previste dall'art. 10 della Convenzione" secondo cui "in caso di continuazione dell'esecuzione, lo Stato di esecuzione è vincolato alla natura giuridica e alla durata della sanzione così come stabilite dallo stato di condanna" (così Sez. 6, n. 22105, del 26/5/2008, Tropea, Rv. 240131; in senso conforme anche Sez. 6, n. 21955 del 04/05/2006, P.G. in proc. Farina, Rv. 234739).

    In ogni caso la pena finale comminata dall'autorità giudiziaria rumena, di cui l'interessato ha chiesto l'esecuzione in Italia, risulta conforme ai limiti edittali di pena stabiliti per i corrispondenti reati previsti dal nostro ordinamento, per il quale, nel calcolo della sanzione, si sarebbe partiti da quella prevista per il più grave delitto di omicidio colposo plurimo.

    6. Al rigetto del ricorso consegue, a norma dell'art. 616 c.p.p. la condanna della ricorrente al pagamento in favore dell'erario delle spese del presente procedimento.

    Alla cancelleria vanno demandati gli ulteriori adempimenti comunicativi di legge.
    PQM
    P.Q.M.

    Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio.

    Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 22, comma 5.

    Così deciso in Roma, il 1 agosto 2013.

    Depositato in Cancelleria il 2 agosto 2013
Avv. Antonino Sugamele

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