Albanesi contro Romeni: la rissa era voluta e premeditata, per i partecipanti nessuna attenuante speciale. No alla legittima difesa.
Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 18 aprile - 3 giugno 2013, n. 23883
Presidente Bardovagni – Relatore Zampetti
Ritenuto in fatto
1. Da entrambe le sentenze di merito, avendo quella in data 16.03.2011 della Corte d'assise d'appello di Brescia operato parziale riforma della pronuncia di primo grado (resa il 25.09.2009), emerge il seguente complessivo quadro decisorio:
a) in fatto, sulla base degli accertamenti oggettivi, delle risultanze balistiche, dei tabulati telefonici, delle dichiarazioni dei protagonisti, in particolare di quelle, collaborative, degli imputati giudicati in abbreviato (D.O. , M.U. e De.Go.Cr. ):
- la notte sul (omissis) , nel parcheggio di un supermercato, avveniva uno scontro armato tra un gruppo di rumeni ed uno di albanesi entrambi ivi giunti a bordo di alcune auto; il movente viene ricondotto alla controversia relativa alla ripartizione dei luoghi ove far prostituire giovani donne di pertinenza dell'una e dell'altra compagine;
- del gruppo dei rumeni facevano parte sette soggetti individuati : gli attuali imputati S.C. , M.S. ed A.M. , nonché Me.Ge.Eu. (la cui posizione è stata stralciata) e D.O. , M.U. e De.Go.Cr. che ebbero ad essere giudicati con rito abbreviato;
- del gruppo degli albanesi facevano parte, oltre ad altri non identificati, Z.S. , Z.M. , Ko.Al. e K.N. ;
- risultava accertato che entrambi i gruppi erano armati: quello rumeno con almeno due pistole e coltelli; quello albanese con almeno una pistola e spranghe;
- nel corso dello scontro rimaneva ucciso l'albanese Z.S. , raggiunto da più armi da taglio e da colpi d'arma da fuoco, e riportava gravi ferite il Ko. , anch'egli del gruppo albanese;
- risultava ancora che componenti del gruppo rumeno sfruttavano e favorivano la prostituzione di tre ragazze rumene, di cui due minorenni (capo 6 della rubrica); anche gli albanesi sfruttavano e favorivano la prostituzione di alcune ragazze (capo non oggetto del presente scrutinio);
b) tale essendo il quadro di massima, venivano assunte - per quanto ancora riveste interesse nella presente sede - le seguenti conclusioni:
- in rito, era stata legittima la contestata acquisizione dei tabulati telefonici;
- in fatto, risultava che nello scontro vennero usate armi da entrambe le parti, si trattò dunque di una situazione qualificabile rissa, ascrivibile a tutti i partecipanti ad essa, e non - valutate anche tutte le preordinazioni dell'incontro - l'aggressione di una parte nei confronti dell'altra;
- la vittima, l'albanese Z.S. , venne raggiunto da colpi di due diversi coltelli e da due colpi di pistola;
- del reato di omicidio volontario dello Z. e delle lesioni aggravate a danni del Ko. (in tal senso derubricata l'originaria imputazione di tentato omicidio) dovevano rispondere gli imputati rumeni S. e M. che avevano partecipato attivamente alla rissa, lo S. sparando con una pistola Luger ed il M. aggredendo gli antagonisti con un coltello; ciò emergeva con sicurezza in base alle dichiarazioni dei coimputati D. , M. e De. ed alle stesse dichiarazioni del M. che in sede di appello aveva infine ammesso di essere lui il "So. " che aveva partecipato al fatto a fianco del D. che pure aveva aggredito la vittima con un coltello;
- dei reati di omicidio volontario e di lesioni aggravate non poteva invece rispondere l'A. , che dunque era mandato assolto dai capi sub 2) e 3), perché era risultato che era rimasto ai margini del parcheggio entro il quale si erano svolti i fatti di sangue;
- i tre imputati rumeni (A. , S. e M. ) dovevano rispondere di concorso nel porto delle armi, essendovi stato accordo nella spedizione consapevolmente armata;
- lo S. , presso il cui domicilio furono rinvenute la pistola Luger ed altra, clandestina, cal. 7,65, doveva rispondere anche del reato di detenzione illegale delle stesse;
- il medesimo S. doveva rispondere anche dei reati legati alla prostituzione, provati dalle dichiarazioni dei coimputati D. e De. ;
- l'albanese K.N. doveva rispondere, oltre che della rissa, anche di concorso nei reati di detenzione e porto illegali delle armi usate dal gruppo di appartenenza, in base all'accordo preventivo;
- dovevano escludersi, in un contesto di rissa affrontata con ampio uso di armi, sia la richiesta difensiva di applicazione della legittima difesa, sia pure in ipotesi di eccesso colposo, sia quella del concorso anomalo ex art. 116 Cod. pen.; i reati dovevano essere unificati nella continuazione; le attenuanti generiche, non più che equivalenti, potevano essere riconosciute solo al K. ;
c) in definitiva si determinava il seguente trattamento sanzionatorio complessivo:
- per lo S. (per i reati di rissa, omicidio, lesioni, detenzione e porto di armi ed in materia di prostituzione) anni 25 e mesi 8 di reclusione;
- per il M. (per i reati di rissa, omicidio, lesioni e porto d'armi) anni 23 e mesi 4 di reclusione;
- per l'A. (per i reati di rissa e porto d'armi) anni 5 e mesi 2 di reclusione;
- per il K. (per i reati di rissa ed in materia di armi) anni 1, mesi 10 di reclusione ed Euro 200 - di multa;
- pena sospesa per il K. ; pene accessorie come per legge; condono ex L. 241/2006 nella misura di anni 3 di reclusione per tutti e della pena pecuniaria laddove irrogata.
2. Avverso la sentenza di secondo grado proponevano ricorso per cassazione il P.G. territoriale contro l'A. e gli imputati S. , M. e K. che motivavano le rispettive impugnazioni - in sintesi - nei termini seguenti:
2.1 Il Procuratore Generale di Brescia nei confronti dell'A. (rumeno), in relazione alla sua assoluzione per i reati di cui ai capi 2) e 3) della rubrica, deduceva:
- contraddittorietà ed illogicità della motivazione, per avere la sentenza affermato la sua partecipazione consapevole e finalizzata nella fase organizzativa ed in quella finale, senza poi trame le dovute conseguenze sul piano del concorso morale; la decisione assolutoria nei reati di sangue era contraddittoria con la ritenuta partecipazione, proprio in funzione di concorso morale, alla rissa ed al reato di porto di armi.
2.2 L'imputato S.C. (rumeno) deduceva violazione di legge e vizio della motivazione sui seguenti punti:
a) posto che si doveva ritenere essersi verificata non una rissa, ma un'aggressione degli albanesi contro i rumeni, errata mancata affermazione dell'eccesso colposo in legittima difesa per i reati di cui ai capi 2) e 3);
b) in subordine, mancato riconoscimento dell'attenuante del concorso anomalo ex art. 116, comma 2, Cod. pen.;
c) mancato riconoscimento delle attenuanti generiche.
2.3 L'imputato M.S. (rumeno) deduceva, con ricorso principale e motivi aggiunti dei suoi due difensori, violazione di legge e vizio della motivazione sui seguenti punti:
a) quanto all'omicidio: l'assoluzione dell'A. avrebbe dovuto refluire anche sulla sua posizione in tale reato; in realtà le dinamiche dei momenti centrali del fatto non erano state chiarite; lo stesso D. , pur creduto nella sua complessiva versione, aveva escluso che il secondo feritore della vittima fosse stato esso ricorrente che, comunque, nella circostanza era munito di un coltellino inidoneo a provocare le ferite riscontrate sullo Z. ;
b) in subordine, mancato riconoscimento dell'attenuante del concorso anomalo ex art. 116, comma 2, Cod. pen..
c) mancato riconoscimento delle attenuanti generiche.
2.4 L'imputato K.N. (albanese) deduceva violazione di legge e vizio della motivazione sui seguenti punti:
a) in rito, nullità della decisione per avere i giudici del merito utilizzato tabulati telefonici non entrati nel fascicolo del P.M. prima e del dibattimento poi, in violazione dei diritti difensivi;
b) mancata considerazione del fatto che nell'auto dei rumeni era stato rinvenuto un silenziatore, sintomatico della volontà aggressiva da parte di tale gruppo;
c) quanto al reato di rissa, errata individuazione della controversia sulla competenza nella prostituzione quale movente, trattandosi piuttosto della spedizione aggressiva organizzata dallo S. quale risposta punitiva per un suo ferimento precedentemente subito;
d) motivazione solo congetturale in ordine all'attribuzione delle armi ai vari gruppi, e quindi anche al concorso dei singoli nei reati relativi.
Considerato in diritto
1. I ricorsi, tutti infondati, devono essere rigettati con ogni conseguenza di legge.
2. Non può essere accolto il ricorso della pubblica accusa che ravvisa contraddittoria motivazione per avere la Corte territoriale condannato l'A. per concorso in rissa aggravata, nonché nei reati in materia di armi, avendolo poi assolto dal reato di omicidio e da quello di lesioni senza tenere conto della sua piena partecipazione alla fase organizzativa che avrebbe comportato responsabilità per concorso ideativo o morale anche per tali reati. La prospettazione del P.G. ricorrente, invero, se corretta sul piano astratto, non tiene adeguato conto della ricostruzione in fatto data dai giudici del merito. La condanna del predetto imputato per concorso nei reati di rissa ed in materia di armi, anche se l'A. non prese parte materialmente alla rissa (rimanendo in auto ai bordi del parcheggio), è fondata sulla consapevole adesione alla spedizione armata cui diede apporto effettivo quanto meno trasportando i coimputati in loco e riprendendoli dopo i fatti. Se ciò è pacifico in atti (e da ritenere definitivo, non avendo l'A. proposto ricorso), va però rilevato che la decisione assolutoria, in parte qua, per questo imputato è stata motivata dalla Corte territoriale proprio con la considerazione che la circoscritta azione omicida (ed il ferimento, strettamente connesso, del Ko. ) si realizzò, ad opera materiale dei coimputati rumeni, con decisione estemporanea allorché questi percepirono che la controparte albanese, anziché disporsi alla trattativa colloquiale (per il chiarimento sulla competenza territoriale delle rispettive prostitute), si atteggiavano allo scontro violento. Né può trarsi argomento dalla condotta successiva, dettata proprio dall'esito di quell'andamento violento che aveva avuto un'improvvisa deflagrazione, per trame considerazioni più ampie. Non sussiste, dunque, il profilato vizio logico.
3. Il ricorso di C..S. [v. sopra, sub ritenuto, p.. 2.2] deve essere rigettato.
a. Il primo motivo dell'impugnazione - che, censurando il diniego dell'eccesso colposo, ripropone questione già avanzata in secondo grado e già respinta dalla Corte territoriale (v. ff. 59-61) - presuppone che l'uccisione dello Z. ed il ferimento del Ko. non siano avvenuti in un contesto di rissa. Peraltro lo stesso ricorrente non impugna il capo della sentenza che lo ha condannato per il reato ex art. 588 Cod. pen., mentre il solo argomento sviluppato sul punto fa leva sulla presunta (ma, in realtà, mai accertata con precisione) superiorità numerica degli albanesi che è però circostanza irrilevante ai fini del reato di rissa che, nel coinvolgere di necessità tutti i corrissanti, prescinde dalla consistenza dei gruppi. L'accertato contesto di rissa impone di escludere la scriminante della legittima difesa (v., ex pluribus, Cass. Pen. Sez. 5, n. 4402 in data 09.10.2008, Rv. 242596, Corrias; ecc.) e tanto impedisce, alla radice, di configurare l'ipotesi dell'eccesso (v. Sez. 5, n. 26172 in data 11.05.2010, Rv. 247898, P.; ecc). Peraltro è di immediata evidenza che la condotta dello S. (scaricare contro gli antagonisti l'intero caricatore della sua Luger cal. 9 e colpire con due proiettili la vittima Z. ) non potrebbe mai ricadere nella denominazione colposa.
b. Anche il secondo motivo di ricorso, che censura il mancato riconoscimento della attenuante del concorso anomalo, ex art. 116 Cod. pen., che si articola su plurime considerazioni, non può essere accolto, anzi è improponibile in radice, atteso che lo S. è autore diretto dell'azione omicidiaria (avendo trafitto lo Z. con due colpi di pistola), mentre la suddetta attenuante può essere riconosciuta solo a chi non abbia posto in essere l'azione diretta. Ed invero il necessario dolo del fatto commesso esclude che possa essere ritenuta, in quello stesso soggetto attivo, la volontà di un reato minore. Ciò detto, a nulla vale l'ipotesi difensiva secondo cui mortali sarebbero state le concomitanti coltellate subite dalla vittima, e non i colpi di pistola, in un quadro indiscutibile di cause concorrenti.
c. Inammissibile risulta il motivo di ricorso che lamenta il diniego delle attenuanti generiche, sia perché non vi era stato appello sul punto rispetto alla negatoria di prime cure (v. sentenza a f. 72), sia perché la Corte territoriale ha esplicato comunque ampia motivazione, il che rende incensurabile per cassazione tale valutazione (v. Cass. Pen. Sez. 6, n. 34364 in data 16.06.2010, Rv. 228244, Giovane; Cass. Pen. Sez. 2, n. 3609 in data 18.01.2011, Rv. 249163, Sermone; ecc.).
4. Anche il ricorso del M. , illustrato da motivi aggiunti che peraltro restano nel perimetro fissato dall'impugnazione principale, non possono essere accolti.
a. Con il primo motivo, relativo all'omicidio dello Z. , vengono qui riproposti, sub specie vizio di motivazione, questioni in fatto comunque già vagliate dalla Corte territoriale che ha fornito, sul punto, risposte logiche e coerenti alle risultanze di causa. Va in proposito ricordato come il predetto imputato all'udienza di secondo grado, con dichiarazioni spontanee, abbia finalmente ammesso di essere proprio lui il soggetto che, munito di un coltello, affiancava il D. nell'aggressione fisica ravvicinata degli albanesi Z. (raggiunto da colpi d'arma e di coltelli) e Ko. (pure accoltellato). Va ancora ricordato come lo stesso M. , giusta le affidabili dichiarazioni della teste B. (una prostituta sfruttata), aveva già manifestato in via anticipata, uscendo di casa prima dei fatti, il proposito di andare a confrontarsi con gli albanesi proprio per la controversia sugli spazi della prostituzione. Trova così conferma il riconoscimento del concorso pieno, posto che sicuramente il ricorrente in parola ha preso parte attiva, munito di un'arma bianca, all'azione aggressiva diretta contro le vittime, peraltro - e comunque - in un quadro di pacifica concorsualità riconosciuta dai giudici del merito. Tale essendo l'ambito decisorio consegnato dalle Corti territoriali, privo di vizi logici, le considerazioni proposte ora dal ricorrente, in riferimento alle posizioni dell'A. ed alle dichiarazioni del D. (la cui scarsa attendibilità è emersa chiara dopo le ammissioni dello stesso M. ), nonché in relazione alle dimensioni del coltello da lui detenuto, non possono venire positivamente recepite.
b. Quanto appena sopra riaffermato, che prevede - con giudizio in fatto immune da vizi logici - partecipazione attiva di questo ricorrente ai reati di sangue, impone di escludere la fondatezza della censura relativa al diniego dell'attenuante del concorso anomalo (ex art. 116 Cod. Pen.) che è configurabile, come già sopra ricordato, solo per coloro che non abbiano avuto partecipazione diretta al reato più grave.
c. Le censure in ordine al diniego delle generiche non possono avere ingresso alla stregua della giurisprudenza consolidata di questa Corte di legittimità, atteso che la Corte territoriale ha esplicato ampia motivazione nella quale ha preso in esame anche la doglianze difensive, oggi riproposte. Tali deduzioni sono state, peraltro, ben tenute presenti per la riduzione del trattamento sanzionatorio complessivo, di tal che deve riconoscersi un'attenzione ai temi difensivi nei limiti del ragionevole, con una discrezionalità riservata ai giudici del merito intangibile in questa sede.
5. Anche il ricorso di K.N. [v. sopra, sub ritenuto, p. 2.4] deve essere respinto.
a. La prima deduzione riguarda ancora l'acquisizione dei tabulati telefonici, venendo riproposta in questa sede doglianza già avanzata in sede di appello e già respinta, con adeguata motivazione, dalla Corte territoriale (v. ff. 27-28). Essendo del tutto corretta tale motivazione e non venendo prospettati argomenti nuovi o diversi, non resta che convalidare sul punto tale giudizio. I tabulati furono acquisiti al dibattimento di primo grado e sugli stessi fu fatta perizia, con rituale partecipazione difensiva. Non vi fu alcun pregiudizio per l'imputato, né un tanto viene dedotto.
b. La doglianza secondo cui la Corte bresciana non avrebbe considerato la presenza di un silenziatore nell'auto (FIAT Tempra) dei rumeni, quale elemento che dovrebbe rivelare intenti aggressivi da parte di quest'ultimi, propone non una vera e propria critica al costrutto decisorio (che si fonda su plurimi e ben più corposi elementi espressivi della rissa), ma uno spunto interpretativo soggettivo dotato, peraltro, di ben scarsa plausibilità, posto che in concreto tale silenziatore nella sparatoria di quella notte non venne usato.
c. Anche la prospettazione del ricorrente secondo cui il movente dello scontro dovrebbe farsi risalire non alla questione delle prostitute, ma al pregresso ferimento subito dallo S. , è considerazione che sfuma nell'irrilevanza, posto che ciò non toglie -visto come si sono svolti i fatti - che comunque una rissa vi fu (nei termini ricostruiti in fatto e diritto da entrambe le Corti di merito), né l'argomento difensivo riesce a trasformare il gruppo rumeno in una pattuglia punitiva, se è vero che (v. f. 37) fu l'albanese Ko. a mettersi in contatto con i rumeni ed a fissare l'incontro.
d. L'ultimo motivo di ricorso, relativo alle armi, si riduce a prospettare ipotesi ricostruttive alternative per inferire la possibilità che gli albanesi non fossero dotati di armi. La deduzione dimentica la risultanza oggettiva che l'auto Tempra dei rumeni fu raggiunta da un colpo di pistola sparato ex adverso, nonché oblitera la presenza di reperti non riconducibili alle armi dei rumeni.
6. In definitiva tutti i ricorsi, infondati, devono essere respinti. Al completo rigetto delle impugnazioni consegue ex lege, in forza del disposto dell'art. 616 Cod. proc. pen., la condanna delle parti private ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna le parti private ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
04-06-2013 23:48
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