Accusato di maltrattamenti e percosse alla moglie viene assolto.
Tribunale La Spezia Data: 06/12/2012 ud. 06/12/2012
Numero: 802
TRIBUNALE DELLA SPEZIA
SENTENZA A SEGUITO DI DIBATTIMENTO
Art. 544 e ss. C.P.P.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il TRIBUNALE di La Spezia nella persona del Dott. Giuseppe PAVICH ha
pronunciato e pubblicato, mediante lettura del dispositivo, la
seguente
SENTENZA
nel procedimento penale
CONTRO
F.P., nato a ...omissis..., elettivamente domiciliato in La Spezia,
Viale I. presso lo studio del difensore di fiducia avv. Vincenzo
Aponte (oggi sostituito ex art. 102 c.p.p. dall'avv. Fabrizio
Ricciardi)
LIBERO PRESENTE
IMPUTATO
a) Del reato di cui all'art. 572 c.p., per avere maltrattato la
moglie S.R.M., che sottoponeva ad una serie continua di percosse,
minacce, ingiurie, tali da infliggere alla stessa intollerabili
sofferenze psichiche e morali;
b) Del delitto p. e p. dall'art. 570 cpv. n. 2 c.p., per avere fatto
mancare i mezzi di sussistenza alla moglie S.R.M. e alla figlia
minore F.L.;
Accaduto in Rocchetta Vara, da gennaio 2008 al 2.4.2009
Con la recidiva reiterata, infraquinquennale, ex art. 99 c.p.
CONCLUSIONI
P.M. assoluzione dell'imputato ai sensi dell'art. 530 cpv. c.p.p.
Difesa: assoluzione per entrambi i reati.
Fatto
FATTO E DIRITTO
Con decreto ritualmente notificato, F.P. veniva tratto a giudizio per rispondere dei reati a lui addebitati in rubrica.
Al dibattimento, superate le fasi preliminare ed ammissiva dei mezzi di prova, veniva sottoposta ad esame la persona offesa S.R.M.; venivano altresì escussi i testi Pe., Fo. e m.llo Sg.. Si sottoponeva a esame l'imputato. Si acquisivano inoltre i documenti menzionati a verbale.
All'esito, dichiarata chiusa l'istruzione dibattimentale e utilizzabili gli atti ritualmente acquisiti, il giudice invitava le parti a rassegnare le conclusioni, che si riportano in epigrafe.
Indi il giudice decideva come da separato dispositivo.
Va assolto l'imputato, perchè il fatto non sussiste.
I reati contestati all'imputato sono quello di maltrattamenti in danno della moglie separata S.R.M., procurati -secondo l'imputazione di cui al capo A- attraverso una serie continua di percosse, minacce, ingiurie, tali da infliggere alla stessa intollerabili sofferenze psichiche e morali; e quello di violazione degli obblighi di assistenza, in danno della moglie e della figlia minore F.L. (capo B).
All'esito della pur corposa istruzione dibattimentale, e premesso che le condotte descritte dalla persona offesa integrerebbero, in astratto, gli estremi della condotta vessatoria integrante il delitto di maltrattamenti, mentre nulla di specifico viene contestato all'imputato al capo B, se non l'aver fatto mancare a moglie e figlia i mezzi di sussistenza, il principale problema che si è posto al giudicante è risultato quello della verifica di attendibilità delle dichiarazioni accusatorie rese da S.R.M. e dei riscontri testimoniali forniti dai testi escussi in aula.
Conviene muovere dalle dichiarazioni della S.R.M., in relazione alle quali si valuteranno i riscontri a quanto dichiarato; indi si procederà a una analitica valutazione di affidabilità dichiarativa.
La S.R.M. ha riferito che il Fasulo aveva convissuto con lei per 14 anni e che avevano avuto una bambina. Dal 2004, anno di nascita della minore, la convivenza iniziava a rendersi difficile; ciò induceva spesso la S.R.M. ad allontanarsi da casa e a trattenersi presso la sua famiglia d'origine, d'accordo con il F.P.; costui gestiva in via esclusiva le finanze familiari; sebbene la moglie fosse la titolare dell'impresa ove egli lavorava e lui ne fosse dipendente, di fatto egli gestiva l'amministrazione della ditta; l'andamento di quest'ultima era sconosciuto alla S.R.M., la quale ha riferito che arrivavano continue richieste di pagamento, da Equitalia, dall'INPS, dall'INAIL, ma, nonostante gli incassi, i guadagni della ditta non affluivano in famiglia; questo anche se, riconosce la S.R.M., l'imputato metteva a disposizione della famiglia i soldi per la spesa.
Un primo episodio significativo viene collocato dalla S.R.M. l'11 dicembre 2008, allorchè tra i coniugi nacque un litigio, occasionato da ragioni economiche (mancavano i soldi per pagare il mutuo): in tale occasione, secondo la S.R.M., il marito voleva strozzarla in presenza dei figli. Al termine del diverbio, sempre secondo la teste, il F.P. si sarebbe allontanato da casa con 14 mila euro.
Il 18 dicembre 2008, la S.R.M., rimasta a suo dire senza soldi, aveva messo in vendita un po' della sua legna in quanto, in quel periodo, lei e la figlia venivano mantenute dalla famiglia di origine della donna; si presentò un acquirente, che offriva 700 euro, somma che sarebbe servita alla S.R.M. per pagare la luce. A quel punto il F.P. si sarebbe presentato, con fare minaccioso, intimando di non provare a toccare quella legna altrimenti sarebbero stati guai. A quel punto la S.R.M. restituiva i soldi all'acquirente, ma subito dopo si recava presso i Carabinieri della stazione di Calice e denunciava il fatto.
Tornando verso casa, la S.R.M. si trovava di fronte il F.P., il quale la aggrediva verbalmente sostenendo che la legna era sua; ne nasceva un diverbio, al termine del quale la S.R.M., presa da una crisi nervosa, finiva fuori strada con la sua auto.
Dopo un periodo durante il quale il F.P. continuava a minacciare la S.R.M. (sempre secondo quanto da quest'ultima riferito), il 29 gennaio la donna riusciva a vendere un escavatore; il giorno precedente, ossia il 28, il F.P. alla presenza di altri due potenziali acquirenti aveva iniziato a profferire minacce, che avevano dissuaso costoro dal comprare il mezzo meccanico; si presentava però un altro acquirente e la S.R.M. gli dava appuntamento per il giorno successivo. La sera del 28 gennaio, nel tornare a casa dopo aver preso accordi per la vendita dell'escavatore, la donna vide dalla sua autovettura il F.P. intento a tagliare legna con la motosega; alla presenza di un conoscente comune, l'odierno imputato venne verso la moglie con la motosega accesa, minacciandola per non farle vendere l'escavatore; la S.R.M. gli rispose dicendo di avere già venduto il mezzo e il F.P. -sempre secondo quanto riferito dalla S.R.M. la afferrò dal finestrino dietro al collo, la prelevò fuori di forza, la buttò a terra e la prese a pugni. La donna venne condotta all'ospedale ove fu formulata, a suo dire, una prognosi di 30 giorni (in realtà il referto in atti offre contezza di una prognosi di solo 10 giorni).
La S.R.M. ha riferito che l'odierno imputato possedeva una balestra e aveva anche altre armi in casa, che comprava a nome della moglie. Nella tettoia dell'abitazione, ove la S.R.M. teneva lavatrice, la donna trovava in una valigia della polvere da sparo e dei bossoli.
La teste ha anche riferito di essere stata costretta a vendere l'oro di famiglia, verso un corrispettivo di 600 euro; e di essere stata costretta a ricorrere all'aiuto economico dei suoi familiari fin dall'11 dicembre 2008; a quel tempo, il F.P. non versava il mutuo già da 3 mesi, anche se, fino ad allora, l'odierno imputato faceva la spesa per le necessità domestiche.
Dopo il 29 gennaio la coppia si presentava davanti al tribunale per i minorenni: in seguito, a detta della S.R.M., il F.P. per due o tre mesi non si recava in visita dalla figlia: si era allontanato da casa già in seguito al litigio dell'11 dicembre 2008, ospite di Fo.C..
Alla moglie, che tramite il Fo. gli segnalava di avere bisogno di soldi, il F.P. mandava a dire al più poteva dare 50 euro al mese.
Secondo la S.R.M., il F.P. aveva segnalato la moglie ai servizi sociali. La donna ha anche lamentato che l'8.12, giorno del suo compleanno, il F.P. non venne da lei ma si trattenne con D.I.T..
A proposito delle condizioni finanziarie della famiglia, la S.R.M. ha riferito che la casa è di sua proprietà, e fu ristrutturata dal F.P., il quale per tale motivo non andò al lavoro per 7 mesi.
Il conto corrente bancario della coppia era cointestato a entrambi; quindi la S.R.M. poteva a sua volta operare su detto conto ma, poiché l'istituto bancario era a Genova, la S.R.M. non ci andava mai. Su detto conto corrente, secondo la S.R.M., non venivano versati gli incassi della ditta. Dopo il dicembre 2008 le attrezzature del cantiere erano rimaste alla S.R.M., come dalla stessa ammesso. Dopo essersi allontanato di casa, il F.P. si trattenne dapprima presso il Fo., poi si trasferì alla Spezia, presso un cittadino rumeno. Già tre anni prima, secondo il dichiarato della teste, l'odierno imputato aveva aperto una ditta per proprio conto, presso la quale continuò a lavorare: i 14 mila euro che il F.P. portò con sé l'11 dicembre, secondo quanto ammesso dalla teste, provenivano da tale attività. Il F.P., secondo quanto affermato dalla S.R.M., versò per 5 volte 200 euro a cominciare dall'autunno del 2009, per le necessità della bambina. Non versò altre somme e, in particolare, non versò gli arretrati per il periodo precedente. La teste ha riferito che la figlia sua e del F.P. vive ora in casa-famiglia.
La deposizione dell'assistente sociale Pe. mostra una realtà dei fatti alquanto diversa.
A detta della Pe., il F.P. si era presentato una prima volta nel 2004 presso i servizi sociali, perché voleva sapere come comportarsi con la figlia; i CC informavano i servizi sociali di continui scontri tra coniugi: secondo il F.P., era la moglie a trascurare la figlia. In epoca successiva i Servizi sociali prendevano in carico la situazione familiare e incontravano i due coniugi assieme; dovette poi intervenire il Tribunale per i Minorenni e, successivamente (come documentato in atti), la figlia minore dell'imputato e della S.R.M. veniva affidata ai servizi sociali, a causa della costante conflittualità fra i coniugi, giudicata pregiudizievole per la minore. Sotto il profilo dei rapporti patrimoniali, il F.P. aveva riferito agli assistenti sociali che le condizioni economiche della coppia erano precarie: egli lavorava in una ditta gestita in comune con la moglie; dopo la separazione, continuò a lavorare per la ditta come manovale. La convivenza cessava nel 2008; secondo il F.P., i mezzi della società erano rimasti alla S.R.M. e per questo egli aveva difficoltà a lavorare.
Il teste Fo., amico della coppia, ha unicamente riferito circa il fatto che il F.P. si presentava a casa sua l'11 dicembre 2008, in seguito a un diverbio, in quanto non sapeva dove andare a dormire; presso di lui l'odierno imputato si trattenne per 3 o 4 giorni.
Il M.llo Sg. ha riferito in ordine alla situazione nella famiglia del F.P., alquanto complicata e punteggiata da vari episodi. La S.R.M. nel dicembre 2008 segnalò ai Carabinieri una situazione di disagio e furono interessati gli assistenti sociali. Il F.P. all'epoca faceva il taglialegna e svolgeva attività lavorativa in un'impresa edile. Più volte i Carabinieri erano costretti a intervenire a casa del F.P., a causa di ripetuti litigi in famiglia; sia il F.P. che la S.R.M. si recavano più volte in caserma a segnalare la situazione domestica. Perfino sulla proprietà della legna i coniugi litigavano. In un'occasione la S.R.M. consegnò ai militari, spontaneamente, una balestra. Dopo la separazione, i macchinari per tagliare la legna rimasero nella disponibilità della S.R.M..
L'imputato, dal canto suo, ha fornito una versione dei fatti ben diversa da quella accusatoria. Egli ha infatti affermato che fu la S.R.M. a cacciarlo di casa l'11 dicembre 2008, dopo averlo aggredito, alla presenza della figlia L.; il F.P. ha invece negato di avere afferrato la moglie per la gola: si limitò, a suo dire, a scrollarsela di dosso; il figlio A. (presente anch'egli) interpretò male e minacciò il F.P. col coltello da macellaio (circostanza, questa, riferita anche dalla S.R.M.). Dopo essere stato cacciato di casa, il F.P. si recò dal Fo., che lo ospitò. L'imputato ha sostenuto che la S.R.M. non gli faceva vedere la figlia, e che, fino al 28 gennaio, lui e il suo avvocato tentarono di convincerla a riprendere la convivenza, ma lei non volle. Anche sull'episodio del 28 gennaio il F.P. offre una ricostruzione difforme rispetto a quella della moglie, la quale lo avrebbe aggredito verbalmente ma anche fisicamente.
Sono state prodotte in atti una denuncia querela contro la S.R.M., riferita ai fatti dell'11 dicembre 2008, in cui viene ribadita la versione dei fatti dell'imputato; un esposto denuncia contro la S.R.M. riferita all'ipotesi di sottrazione di minore; la ricevuta di un versamento di euro 200 in favore della S.R.M., in data 23.4.09 (il che tra l'altro smentisce quanto dichiarato dalla S.R.M., che sostiene che il primo versamento di euro 200 eseguito dal F.P. risale all'autunno dello stesso anno).
Il F.P., per quanto riguarda il suo contributo economico alla famiglia, ha dichiarato che i suoi guadagni confluivano tutti in un conto comune, e di avere inviato alla moglie le somme necessarie non appena possibile.
Ciò posto in termini di ricostruzione delle risultanze probatorie, devono svolgersi alcune considerazioni per valutare correttamente le prove a carico dell'imputato.
La deposizione della S.R.M. non è stata riscontrata se non in alcuni passaggi.
Intanto va detto che, per ciò che attiene al delitto di maltrattamenti, gli episodi significativi riferiti dalla donna sono al massimo tre: quello iniziale dell'11 dicembre 2008, in esito al quale il F.P. riparava in casa dell'amico Fo.C.; quello del 18 dicembre 2008, in occasione del quale si verificava un diverbio; e quello del 28 gennaio 2009, in località Debeduse, occasionato dalla vendita dell'escavatore.
Già questo sembra elemento meritevole di riflessione, se si considera che per il resto la S.R.M. ha genericamente parlato di minacce e contrasti familiari, o al più di una asserita situazione di abbandono morale ed economico, ma senza circostanziare più di tanto tale condizione.
Al primo episodio erano presenti i figli della coppia, secondo quanto riferito sia dall'imputato che dalla persona offesa; sicuramente i due vennero a vie di fatto, anche se diverso è il contenuto delle loro dichiarazioni a proposito di chi avrebbe iniziato ad aggredire l'altro.
Ulteriore divergenza riguarda il fatto che, secondo la S.R.M., il F.P. si sarebbe allontanato di casa volontariamente, secondo l'imputato l'allontanamento sarebbe avvenuto in quanto la moglie lo aveva cacciato di casa (da notare che la S.R.M. è unica proprietaria dell'abitazione coniugale, oltrechè titolare delle aziende di famiglia, per una delle quali il F.P. lavorava).
Circa il secondo episodio, la S.R.M. riferisce di un diverbio riguardante la proprietà della legna, che a suo dire il F.P. rivendicava; da quanto si evince dalle dichiarazioni della donna, l'alterco non sembrerebbe essere stato caratterizzato da violenza fisica, e il successivo ricovero in ospedale (vds. referto in atti del giorno successivo, 19 dicembre 2008) è in effetti riferito a un episodio sincopale in crisi reattiva che dovrebbe collegarsi con lo stato di agitazione antecedente e susseguente l'accidentale uscita di strada della donna a bordo della propria auto (sintomaticamente non trova riscontro nei fatti narrati dalla S.R.M. il riferimento, contenuto nel referto, a percosse da parte di persona nota).
Quanto al terzo episodio, le divergenze nella versione dell'imputato e della persona offesa sono ancor più evidenti: la S.R.M. afferma di essere stata brutalmente aggredita dal marito, il quale sostiene di essere stato lui ad essere aggredito. Il referto medico riguardante la S.R.M. (di soli 10 giorni, e non 30 come riferito dalla donna) è, sì, astrattamente ricollegabile a violenza ricevuta dalla S.R.M., ma sulla dinamica della colluttazione mancano riscontri alla versione della persona offesa; alla luce delle dichiarazioni dell'imputato può solo affermarsi con certezza che in tale occasione i due vennero a vie di fatto (non è dato sapere per iniziativa di chi).
Ciò posto, non emergono dal narrato della S.R.M. -valutato alla luce degli altri elementi probatori- profili di sopraffazione costante e protratta da parte del F.P. nei suoi confronti, tali da potersi inquadrare nella fattispecie di maltrattamenti: solo tre sono gli episodi astrattamente rilevanti, per nessuno dei quali è oltretutto possibile affermare con certezza se il F.P. abbia o meno aggredito o prevaricato la S.R.M., o se non vi sia stato invece semplicemente un alterco, più o meno violento.
Si ricorda che, secondo la Cassazione, l'oggetto giuridico del delitto di maltrattamenti non è costituito solo dall'interesse dello Stato alla salvaguardia della famiglia da comportamenti vessatori e violenti, ma anche dalla difesa dell'incolumità fisica e psichica delle persone indicate nella norma, interessate al rispetto della loro personalità nello svolgimento di un rapporto fondato su vincoli familiari; tuttavia, deve escludersi che la compromissione del bene protetto si verifichi in presenza di semplici fatti che ledono ovvero mettono in pericolo l'incolumità personale, la libertà o l'onore di una persona della famiglia, essendo necessario, per la configurabilità del reato, che tali fatti siano la componente di una più ampia ed unitaria condotta abituale, idonea ad imporre un regime di vita vessatorio, mortificante e insostenibile (Cass. Sez. 6, Sentenza n. 37019 del 27/05/2003: in motivazione, la Corte ha precisato che fatti episodici lesivi di diritti fondamentali della persona, derivanti da situazioni contingenti e particolari, che possono verificarsi nei rapporti interpersonali di una convivenza familiare, non integrano il delitto di maltrattamenti, ma conservano la propria autonomia di reati contro la persona).
Ciò che invece emerge dal quadro complessivo degli elementi acquisiti in sede istruttoria (ad esempio dall'ordinanza 10.10.2011 del Tribunale per i Minorenni di Genova, dalle dichiarazioni rese dalla teste Pe. e dalla relazione dei servizi sociali acquisita in atti) è una sicura e protratta tensione tra i due coniugi, fatta di reciproche rivendicazioni e di incompatibilità di carattere: tensione alla base della quale vi è l'affidamento della minore F.L. (vera e unica vittima dell'accaduto) ai Servizi Sociali, e che non sembra potersi mettere unilateralmente in collegamento con un atteggiamento prevaricatore del F.P., quanto non piuttosto di una reciproca, insanabile ostilità tra i coniugi: all'interno della coppia, del resto, la S.R.M. sicuramente non era soggetta a un ruolo ancillare, essendo tra l'altro unica proprietaria dell'abitazione comune, titolare delle aziende di famiglia (pur avendo riferito che era il F.P. a occuparsi della relativa gestione) e cointestataria del conto corrente di famiglia. L'animosità della S.R.M., evidente pur a fronte della mancata costituzione di parte civile, impedisce di fare sicuro affidamento sulla sua ricostruzione dei fatti, peraltro sostanzialmente priva di significativi riscontri.
Ciò si riverbera anche sull'altra ipotesi di reato, ex art. 570 c.p..
Non è dato determinare in modo affidabile, certo e preciso, sulla base delle dichiarazioni della persona offesa l'inadempimento attribuito al F.P. rispetto ai suoi obblighi di fornire a moglie e figlia i mezzi di sussistenza: infatti, prescindendo dalla posizione della moglie sul piano della titolarità di redditi propri e, per converso, della posizione di peculiare necessità di sostegno economico e di mantenimento della figlia minore, né lo stesso contenuto dell'imputazione (sul punto assolutamente vago), né -a ben vedere- le stesse dichiarazioni della S.R.M. delineano un quadro delle effettive inadempienze del F.P. e, soprattutto, non consentono di accertare se si trattasse unicamente di violazioni formali delle prescrizioni impartite alla coppia in sede di separazione, o di vera e propria mancanza di mezzi di sussistenza, come richiesto dalla norma incriminatrice.
Peraltro si è già osservato che, mentre la S.R.M. sostiene che il F.P. avrebbe cominciato ad adempiere al suo obbligo di mantenimento nell'autunno del 2009, è stato provato per tabulas che sicuramente il F.P. versò alla moglie la somma di 200 euro, a tale titolo, quanto meno nell'aprile dello stesso anno. E ciò a fronte del fatto che, almeno fino al mese di dicembre 2008, le stesse dichiarazioni della S.R.M. finiscono per escludere che il F.P. non onorasse il suo dovere di fornire alla famiglia i mezzi di sussistenza, atteso che egli faceva regolarmente la spesa e non faceva mai mancare il necessario a casa.
Non è, in sostanza, dato riscontrare né l'an né il quantum dell'eventuale inadempimento da parte del F.P., e ciò non consente, in ogni caso, di ritenere provata l'ipotesi di reato contestatagli sub b).
Ne discende che, ai sensi dell'art. 530 c. 2 c.p.p., il F.P. va assolto dai reati a lui ascritti, perché il fatto non sussiste.
60 giorni per la motivazione, nelle condizioni di cui all'art. 544/3 c.p.p.
PQM
P.Q.M.
Visto l'art. 530 cpv. c.p.p.,
ASSOLVE F.P. dai reati a lui ascritti in rubrica, perchè il fatto non sussiste.
Motivazione riservata in giorni 60.
La Spezia, 6.12.2012
27-04-2013 16:44
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