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Sentenza

Abusando della deficienza psichica di una donna, un promotore finanziario promette interessi del 10% sulle somme investite che si fa consegnare in contanti.
Abusando della deficienza psichica di una donna, un promotore finanziario promette interessi del 10% sulle somme investite che si fa consegnare in contanti.
Cassazione penale  sez. II   
Data:
    22/05/2013 ( ud. 22/05/2013 , dep.20/06/2013 ) 
Numero:
    26844

 

    Intestazione

                        LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE                   
                           SEZIONE SECONDA PENALE                        
    Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:                            
    Dott. GENTILE       Domenico   -  Presidente   -                     
    Dott. GALLO         Domenico   -  Consigliere  -                     
    Dott. DE CRESCIENZO Ugo        -  Consigliere  -                     
    Dott. DAVIGO        Piercamill -  Consigliere  -                     
    Dott. RAGO          Geppi -  rel. Consigliere  -                     
    ha pronunciato la seguente:                                          
                         sentenza                                        
    sul ricorso proposto da: 
              M.S. nato il (OMISSIS); 
    avverso la sentenza del 27/04/2012 della Corte di Appello di Genova; 
    Visti gli atti, la sentenza ed il ricorso; 
    udita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Geppino Rago; 
    udito  il Procuratore Generale in persona del Dott. Luigi Riello  che 
    ha concluso per l'inammissibilità. 
                     


    Fatto

    1. Con sentenza del 27/04/2012, la Corte di Appello di Genova, in parziale riforma della pronuncia resa dal Tribunale di Savona in data 04/10/2010, condannava M.S. per i seguenti reati:

    1.1. circonvenzione di incapace aggravata ex art. 81 c.p., comma 2, art. 99 c.p., art. 643 c.p., art. 61 c.p., n. 7 (capo sub A) per avere, con più atti esecutivi del medesimo disegno criminoso, al fine di procurare a sè un profitto, abusando dello stato di deficienza psichica di C.A., dopo aver avvicinato quest'ultima spendendo la qualità di promotore finanziario o comunque di procacciatore d'affari in grado di garantire lauti guadagni a mezzo di investimenti nel settore immobiliare o comunque interessi sulle somme investite pari al 10% ed oltre, indotto la C. a compiere atti aventi importanti effetti giuridici dannosi - ossia ad effettuare molteplici e ripetuti prelievi presso il proprio conto corrente per una somma complessivamente ammontante a Euro 120.000,00, e a consegnargli regolarmente il denaro contante prelevato -, sempre periodicamente rassicurandola circa presunti interessi in via di costante maturazione, di fatto appropriandosi delle predette somme e mai restituendo alcunchè alla persona offesa che finalmente gliene chiedeva conto;

    1.2. furto aggravato ex art. 624 c.p., art. 625 c.p., n. 4, art. 61 c.p., nn. 2 e 4 (capo sub B) per essersi impossessato, al fine di trarne profitto per sè, delle scritture private da lui sottoscritte e attestanti le ripetute dazioni in denaro contante effettuate dalla C. a suo beneficio - e costituenti, in sostanza, le ricevute degli investimenti effettuati - sottraendole alla persona offesa che le deteneva a titolo di prova documentale dei versamenti, mediante la repentina sostituzione delle scritture sottratte con fogli bianchi che venivano subito restituiti alla persona offesa all'interno della medesima busta in cui erano contenute le ricevute;

    1.3. circonvenzione di incapace aggravata ex artt. 110 e 643 c.p., art. 61 c.p., n. 7 (capo sub C) per avere, in concorso con il figlio M.M., previo accordo - il padre nella qualità di sedicente promotore finanziario già di fatto investito dalla persona offesa del mandato ad investire somme di denaro che al medesimo venivano regolarmente corrisposte in contanti, il figlio nella qualità di concorrente morale e materiale nella frazione finale della condotta nonchè di immediato beneficiario dell'atto giuridico dannoso compiuto dalla persona offesa - al fine di procurarsi un profitto, abusando dello stato di deficienza psichica di C. A., dopo aver suggerito a quest'ultima di implementare gli investimenti già in corso versando ulteriori Euro 50.000,00, posto che essa non disponeva di somme liquide sufficienti, indotto la medesima persona offesa ad accendere presso una filiale di (OMISSIS) della Banca Unicredit un contratto di conto corrente di corrispondenza intestato a lei ed a M.M., con annessa apertura di credito ipotecaria, fino alla somma di Euro 50.000,00, garantita da ipoteca volontaria prestata dalla medesima persona offesa sul suo appartamento costituente unica proprietà immobiliare, ed essersi di fatto poi appropriato di una somma sostanzialmente equivalente all'importo massimo scoperto della suddetta apertura di credito;

    1.4. truffa aggravata ex art. 48 c.p., art. 81 c.p., comma 2, art. 110 c.p., art. 112 c.p., comma 1, n. 4, art. 640 c.p., art. 61 c.p., n. 2, anche in relazione all'art. 428 cod. civ. (capo sub D) per avere, in concorso con M.M. e C.A. (soggetto non punibile in quanto indotto in errore dall'altrui inganno), previo concerto, con più atti esecutivi di un medesimo disegno criminoso, con artifici e raggiri consistiti nel presentare C.A. a B.F. - direttore della filiale della Banca Unicredit di Albisola Superiore - quale zia di M.M. e interessata alla stipula di un contratto di apertura di credito allo scopo di ristrutturare un immobile già promesso in eredità al nipote, indotto in errore il citato impiegato circa la bontà dell'operazione ed in particolare circa la validità di tutti i negozi (sottoscrizione di conto corrente con accessoria apertura di credito ipotecaria cointestato a M.M. e C.A., dazione di ipoteca volontaria sull'appartamento e ancillare contratto di assicurazione sulla casa sottoscritti dalla sola C.A.) effettivamente perfezionati da M.M. unitamente alla C., persona in stato di incapacità naturale perchè incapace di intendere e di volere al momento del compimento degli atti, e per aver successivamente ordinato al predetto istituto bancario, a mezzo di sette operazioni di giroconto, il trasferimento della somma complessiva di Euro 48.600,00 dal predetto conto corrente, cointestato alla C. e a M.M., al conto corrente intestato a M.M. e alla sorella di quest'ultimo, con ciò procurandosi un ingiusto profitto pari alla suddetta somma, con pari danno per la persona offesa;

    1.5. esercizio abusivo dell'attività di mediazione creditizia ex art. 110 cod. pen. e L. n. 108 del 1996, art. 16, commi 1 e 4 (capo sub E) per avere, in concorso con M.M., previo concerto - il padre nella qualità di autore della condotta materiale ed il figlio nella qualità di concorrenti morali (solo formalmente iscritto all'albo dei mediatori creditizi e all'esclusivo scopo di consentire al padre, privo dei requisiti di legge, di svolgere di fatto la predetta attività), svolto l'attività di mediazione creditizia senza essere iscritto all'apposito albo di cui alla L. n. 108 del 1996, art. 16, comma 1;

    1.6. calunnia ex art. 368 c.p., comma 1, (capo sub F) per avere, nel corso dell'interrogatorio di garanzia seguito all'applicazione nei suoi confronti della misura della custodia cautelare in carcere per i delitti di cui ai capi sub A), B) e C), incolpato B.F., sapendolo innocente, sia di concorso nel delitto di circonvenzione di incapace di cui al capo sub C) che di concorso nella delitto di truffa pluriaggravata di cui al capo sub D), - circostanze tutte integralmente smentite nel corso delle indagini - attribuendo espressamente al B. la regia in concreto dei dettagli tecnici dell'operazione di cui ai suddetti capi ed inoltre la conoscenza e la consapevolezza della difformità fra lo scopo dichiarato e sotteso all'intera operazione di finanziamento e quanto effettivamente perseguito dal M. e dal figlio.

    2. La Corte di Appello, esclusa la continuazione tra il reato di cui al capo sub F) ed i restanti reati contestati all'imputato, rideterminava la pena per tale ultimo reato in anni due e mesi uno di reclusione, e riduceva altresì la pena per i restanti reati in continuazione ad anni sei e mesi uno di reclusione ed Euro 1.500,00 di multa, condannando così M.S. a complessivi anni otto e mesi due di reclusione ed Euro 1.500,00 di multa.

    3. Avverso la suddetta sentenza l'imputato, a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione, deducendo i seguenti motivi:

    3.1. Erronea applicazione dell'art. 643 cod. pen. per avere la Corte territoriale attribuito valore probante alla consulenza tecnica del P.M. in relazione alle capacità psicologiche della C., nonostante la normalità delle relazioni sociali intrattenute da quest'ultima durante gran parte della sua vita, lo svolgimento di un'attività lavorativa, il mantenimento di rapporti con le banche e la cura in prima persona dei propri affari. Secondo la tesi difensiva, l'odierno ricorrente non avrebbe riconosciuto lo stato di deficienza psichica della persona offesa - la cui apparente capacità di gestire i propri interessi era stata confermata dalle dichiarazioni rese dal notaio Lepri, dall'amministratore condominiale della C., e dal tutore di quest'ultima - e neppure ne avrebbe approfittato, non avendo compiuto atti di induzione, di pressione morale, di suggestione o persuasione.

    3.2. Omessa, contraddittoria e illogica motivazione per avere la Corte territoriale considerato inattendibile la deposizione del notaio Lepri sul presupposto di un suo interesse personale finalizzato ad evitare di essere coinvolto nel reato di circonvenzione di incapace, trascurando di valutare la serietà professionale dimostrata durante anni di attività notarile.

    3.3. Omessa, contraddittoria e illogica motivazione per non avere la Corte di Appello tenuto in considerazione le dichiarazioni della C. e dell'amministratore del condominio che avevano collocato l'inizio del rapporto tra il M. e la C. nell'anno 2001, e non già nel 1996 come sostenuto dal Procuratore Generale, il quale, in forza di tale errata circostanza, aveva proposto appello sostenendo l'insussistenza della continuazione tra la calunnia e gli altri reati contestati.

    3.4. Inosservanza dell'art. 81 cod. pen. per avere la Corte di merito condannato l'odierno ricorrente per espressioni non calunniose, avendo solo riferito - come peraltro anche testimoniato dal tutore della C. - di precedenti rapporti di affari tra il M. ed il B., uno dei quali è stato oggetto di un ulteriore procedimento per il reato ex art. 643 cod. pen. in capo al M..

    Il ricorrente sostiene poi che la calunnia, specialmente quando è commessa dall'imputato nell'esercizio del diritto di difesa, possa essere legata agli altri reati contestati sotto il vincolo della continuazione.

    3.5. Illogicità della motivazione per avere la Corte distrettuale giudicato il M. responsabile del reato di furto aggravato di scritture ricognitive di credito e debito, con la conseguenza che il danno economico riconosciuto e liquidato alla C. era stato quantificato in misura maggiore di quello realmente subito.
    Diritto

    1. Erronea applicazione dell'art. 643 cod. pen.: con i primi tre motivi di ricorso, il ricorrente, in pratica, sostiene l'insussistenza del reato di circonvenzione, adducendo le doglianze illustrate.

    La complessa censura, nei termini in cui è stata dedotta, è manifestamente infondata.

    Infatti, il compendio probatorio evidenziato prima dal Tribunale e, poi, dalla Corte territoriale è costituito da plurimi indizi che, essendo tutti gravi, precisi e concordanti, forniscono un quadro probatorio univoco a carico dell'imputato: in particolare, la Corte ha evidenziato gli esiti degli accertamenti medico legali a seguito dei quali la parte lesa è stata riconosciuta affetta da un disturbo della personalità border line ed avente una età sociale pari ad anni 10,4, disturbo che la Corte ha ritenuto perfettamente percepibile da chiunque e, quindi, a fortiori, dall'imputato.

    La Corte, poi, ha preso in esame il motivo con il quale l'imputato aveva contestato gli esiti dei suddetti accertamenti medico legali, ma l'ha disatteso osservando che si trattava di critiche generiche e meramente "labiali".

    A fronte di tale inequivoco quadro probatorio, è del tutto evidente, quindi, che le censure che il ricorrente ripropone in questa sede - ivi comprese quelle relative al fatto che l'incapacità della C. non fosse percepibile, come sarebbe desumibile da alcune testimonianze - sono di puro merito non solo perchè la Corte ha confutato la medesima doglianza con motivazione nella quale non sono ravvisabili manifeste illogicità, ma anche perchè la Corte ha evidenziato elementi fattuali riferibili all'imputato (cfr pag. 10) che indicano con certezza che, al di là di quello che terzi estranei potevano percepire dello stato di deficienza della C., il M., proprio perchè la frequentava da lungo tempo, si era perfettamente reso conto del suddetto stato di deficienza psichica del quale non ebbe remora ad approfittarsene inducendola, "con comportamenti particolarmente cinici", a compiere atti spoliativi del di lei patrimonio.

    In conclusione, la decisione della Corte, in ordine alla ritenuta sussistenza del reato di circonvenzione di incapace di cui agli episodi sub a) e b) della rubrica, non si presta alla generica censura dedotta dal ricorrente neppure sotto il profilo che non vi sarebbe la prova dell'induzione (ma, a pag. 10, la Corte evidenzia "uno dei tanti aspetti di quell'attività induttiva che non sarebbe stata possibile nei confronti di una persona minimamente dotata (...)") dovendosi qui ribadire il principio di diritto secondo il quale, nelle ipotesi in cui la parte offesa del delitto di cui all'art. 643 c.p., sia una persona affetta da una malattia (come, nella fattispecie in esame, disturbo della personalità border line con una età sociale pari ad anni 10,4) che la privi gravemente della capacità di discernimento, di volizione e di autodeterminazione, e il soggetto attivo non abbia nei suoi confronti alcuna particolare ragione di credito, l'induzione può essere desunta in via presuntiva potendo consistere anche in un qualsiasi comportamento o attività da parte dell'agente (come ad es. una semplice richiesta) alla quale la vittima, per le sue minorate condizioni, non sia capace di opporsi e la porti, quindi, a compiere, su indicazione dell'agente, atti che, privi di alcuna causale, in condizioni normali non avrebbe compiuto e che siano a sè pregiudizievoli e a lui favorevoli, atteso che l'attività di induzione dev'essere diversamente valutata e graduata a seconda dello stato psichico in cui versi la vittima.

    2. Inosservanza dell'art. 81 cod. pen.: con il quarto motivo, il ricorrente, da una parte, sostiene che il reato non sarebbe configurabile e, dall'altra, contesta la decisione con la quale la Corte territoriale, in accoglimento dell'appello del P.G., non ha riconosciuto la continuazione fra i reati di circonvenzione e quello di calunnia ai danni del B..

    Quanto alla configurabilità del reato, la Corte a pag 10-11, ha ampiamente chiarito le ragioni per le quali il reato, sia sotto il profilo materiale che soggettivo, deve ritenersi consumato dall'imputato: al che non pare ci sia null'altro da aggiungere stante anche il confuso, anodino, generico ed aspecifico motivo di doglianza dedotto dal ricorrente.

    Stessa cosa dicasi per il mancato riconoscimento della continuazione relativamente alla quale, a fronte della motivazione con la quale la Corte ha ritenuto che il comportamento calunnioso dell'imputato non potesse essere ritenuto programmato a priori essendo, al contrario, "l'approfittamento di una contingente occasione, presentatasi all'imputato dopo dieci anni dall'inizio dell'attività criminosa e sfruttata per sfuggire alle proprie responsabilità, ovvero per limitarle", l'imputato si è limitato, in modo generico ed aspecifico, a sostenere che l'art. 81 cod. pen. "non esclude che la calunnia possa costituire un vincolo collegabile ad altri reati contestati, soprattutto quando scaturisca dalle dichiarazioni difensive dell'imputato".

    3. Illogicità della motivazione in ordine al reato di furto aggravato: la Corte ha respinto la medesima doglianza a pag. 10 della sentenza impugnata in cui ha spiegato le ragioni per le quali il M. aveva interesse a sottrarre alla C. le ricognizioni di debito da lui sottoscritte.

    A fronte della suddetta motivazione, il ricorrente, ancora una volta, con un motivo del tutto generico ed aspecifico, si è limitato a ribadire la propria tesi.

    Al che deve replicarsi che la censura riproposta con il presente ricorso, va ritenuta null'altro che un modo surrettizio di introdurre, in questa sede di legittimità, una nuova valutazione di quegli elementi fattuali già ampiamente presi in esame dalla Corte di merito la quale, con motivazione logica, priva di aporie e del tutto coerente con gli indicati elementi probatori, ha puntualmente disatteso la tesi difensiva. Pertanto, non avendo il ricorrente evidenziato incongruità, carenze o contraddittorietà motivazionali, la censura, essendo incentrata tutta su una nuova ed alternativa rivalutazione di elementi fattuali e, quindi, di mero merito, va dichiarata inammissibile.

    4. In conclusione, l'impugnazione deve ritenersi inammissibile a norma dell'art. 606 c.p.p., comma 3, per manifesta infondatezza: alla relativa declaratoria consegue, per il disposto dell'art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè al versamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma che, ritenuti e valutati profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1.000,00.
    PQM
    P.Q.M.

    Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

    Così deciso in Roma, il 22 maggio 2013.

    Depositato in Cancelleria il 20 giugno 2013
Avv. Antonino Sugamele

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