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Sentenza

16 anni di reclusione per omicidio volontario pluriaggravato, per avere ucciso una anziana 75enne, colpendola alla testa con un martello e poi soffocandola con tre buste di plastica, per ottenere 800 euro.
16 anni di reclusione per omicidio volontario pluriaggravato, per avere ucciso una anziana 75enne, colpendola alla testa con un martello e poi soffocandola con tre buste di plastica, per ottenere 800 euro.
Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 26 novembre – 17 dicembre 2013, n. 50897
Presidente Chieffi – Relatore Zampetti

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza in data 05.10.2012 la Corte d'assise d'appello di Napoli confermava le statuizioni penali e risarcitorie nei confronti di F.G. , provvedendo peraltro ad aumentare ad Euro 30.000- la provvisionale stabilita in favore della figlia della vittima, costituita parte civile.
Il predetto imputato era stato condannato in primo grado, in esito a rito abbreviato, alla pena di anni 16 di reclusione per il reato di omicidio volontario pluriaggravato in persona di V.A. , anziana 75enne, colpita prima alla testa con un martello e poi soffocata con tre buste di plastica, fatto commesso in (omissis) .
Non sono in discussione la responsabilità del F. e la ricostruzione del fatto, attesa la reiterata confessione resa dall'imputato ritenuta convergente con i dati di generica. Il F. , all'epoca appena ventenne, si era portato nell'abitazione della V. , sua lontana parente, dove la vittima si trovava sola, con l'intenzione di farsi ridare la somma di Euro 800- che sapeva esserle stata consegnata quel giorno per l'affitto arretrato di due box. Al rifiuto della donna era seguita l'azione violenta, con esito mortale, sopra in sintesi riportata.
In tale condotta sono state riconosciute, da entrambi i giudici del merito, le aggravanti dei motivi futili, della crudeltà, della minorata difesa e dell'abuso di ospitalità. È stata invece respinta la richiesta difensiva di riconoscimento dell'attenuante della provocazione, in considerazione del fatto che doveva ritenersi aggressiva già la prima parte della condotta del F. che aveva resistito all'ingiunzione della V. di uscire di casa, e rilevato che la condotta complessiva dimostrava lucidità e riflessione, risultando così incompatibile con una risposta istintiva all'atteggiamento altrui.
All'imputato, per la resa confessione, per la giovane età e l'incensuratezza, sono state riconosciute circostanze attenuanti generiche in confermato giudizio di equivalenza per la particolare efferatezza del delitto. Il trattamento sanzionatorio era pertanto stabilito sulla base di anni 24 di reclusione, pena poi ridotta di un terzo ex art. 442 Cod. proc. pen.. Seguivano quindi le pene accessorie di legge e le statuizioni civili come sopra riportate.
2. Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione l'anzidetto imputato che motivava l'impugnazione deducendo violazione di legge e vizio di motivazione, argomentando -in sintesi- nei seguenti termini: mancanza assoluta di motivazione sul tema dell'aggravante dei motivi futili di cui era stata chiesta l'esclusione con l'atto d'appello, essendo stato prospettato dalla difesa che esso imputato aveva agito sulla spinta di una drammatica situazione economica familiare e personale; sul punto sembra esservi stata, da parte della Corte napoletana, una sovrapposizione con la crudeltà della condotta, così confondendo concetti certamente diversi; peraltro neppure in primo grado vi era stata un'esplicita motivazione in proposito, atteso che vi era solo un apodittico rimando al motivo dell'aggressione; vi è interesse al ricorso posto che la chiesta esclusione di tale aggravante, se accolta, ben potrebbe riflettersi sulla pena base o sul giudizio di bilanciamento.

Considerato in diritto

1. Il ricorso, fondato nel suo unico motivo, merita accoglimento.
2. Ed invero la Corte di secondo grado, pur investita con il gravame anche del tema dell'aggravante dei motivi futili, ampiamente sviluppato dalla difesa nell'atto di appello, e di cui si da atto anche nella parte descrittiva della sentenza impugnata (v. a f. 2), poi, nel corpo della motivazione, assolutamente nulla esplica con riguardo a tale specifica aggravante, contestata dal F. . È peraltro nel giusto il ricorrente quando rileva che l'unico passo della sentenza in esame che potrebbe in qualche modo ricollegarsi al tema proposto dei motivi futili, in quanto dedicato alle aggravanti (v. a f. 5), assume le modalità crudeli della condotta (integranti una specifica aggravante: art. 61 n. 4 Cod. pen.) quali significative anche della "finalità abbietta" (aggravante del tutto diversa: art. 61 n. 1 Cod. pen.). È con ciò evidente che la Corte territoriale è incorsa in un duplice errore, introducendo uno spunto di motivazione che riguarda un'aggravante diversa (avere agito con crudeltà) e confondendo i "futili motivi" (contestati nel capo di imputazione) con i "motivi abbietti" (non oggetto di addebito). Questi ultimi, invero - che qui non interessano - corrispondono a motivi spregevoli, in quanto si collocano ampiamente al di sotto della media del sentire etico condiviso dalla collettività in un dato periodo storico (cfr. Cass. Pen. Sez. 1, n. 30291 in data 22.06.2011, Rv. 250882, Okaya; ecc), mentre i motivi futili - che qui rilevano - sussistono "quando la determinazione criminosa sia stata causata da uno stimolo esterno così lieve, banale e sproporzionato rispetto alla gravità del reato da apparire, secondo il comune modo di sentire, assolutamente insufficiente a provocare l'azione criminosa, tanto da potersi considerare, più che una causa determinante l'evento, un mero pretesto per lo sfogo di un impulso criminale" (così, ex multis, trattandosi di principio pacifico, v. Cass. Pen. Sez. 1, n. 39261 in data 13.10.2010, Rv. 248832, Mele; ecc.). Abbietta è la condotta innescata da casuale indegna, spregevole (contiene un rimprovero di tipo etico-sociale); futile è la condotta motivata da causale sproporzionata per difetto (contiene un rimprovero funzionale). È del tutto evidente, allora, alla luce di tali parametri valutativi, che la Corte d'assise d'appello di Napoli ha mancato di esaminare il motivo del gravame, proposto dal F. , relativo all'aggravante, a lui contestata e riconosciuta in primo grado, dei "motivi futili" quale specifica connotazione della condotta incriminata, non dando alcuna pertinente risposta alla deduzione difensiva.
3. Si impone, pertanto, l'annullamento dell'impugnata sentenza limitatamente allo specifico punto, con rinvio ad altra Sezione della Corte d'assise d'appello di Napoli. Il giudice di rinvio si atterrà, ex art. 627, comma 3, Cod. proc. pen., a quanto deciso nella presente pronuncia. In particolare valuterà, con piena libertà di giudizio nel merito, se nella condotta del F. , come accertata dal primo giudice, in una ricostruzione non contestata dalla difesa, e dunque per appropriarsi della somma di 800- Euro, sia ravvisabile l'aggravante in questione della futilità dei motivi.- In proposito occorre solo aggiungere che sussiste concreto interesse dell'imputato, atteso che l'eventuale eliminazione di un'aggravante si può riflettere poi sulla dosimetria della pena, irrogata nel massimo consentito in regime di equivalenza (anni 24 di reclusione), e, se del caso, anche sul giudizio di bilanciamento.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente all'aggravante dei futili motivi e rinvia per nuovo giudizio sul punto ad altra Sezione della Corte d'assise d'appello di Napoli.
Avv. Antonino Sugamele

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