Violenza sessuale e tentato omicidio. Abbandona fuori la discoteca, con una temperatura di più gradi sotto zero, una ragazza sanguinante.
Corte di Cassazione Sez. Terza Pen. - Sent. del 25.09.2012, n. 36774
Presidente Petti - Relatore Fiale
Ritenuto in fatto
Il Tribunale di L'Aquila - con ordinanza del 12.3.2012 - ha rigettato (Istanza di riesame proposta nell'interesse di T.F. avverso il provvedimento 23.2.2012 con il quale il G.I.P. di quel Tribunale aveva applicato all'indagato la misura cautelare personale della custodia in carcere per i reati di cui agli artt. 609 bis e 609 ter cod. pen., (violenza sessuale in danno di C.C.L. , perpetrata con sevizie e crudeltà); 56 e 575 cod. pen. (per avere compiuto atti idonei diretti in modo non equivoco a cagionare la morte della C. , cagionandole lesioni gravi e prefigurandosi la possibilità della sua morte a seguito di abbandono in luogo esterno ad un locale discoteca, con una temperatura di diversi gradi sottozero, in condizioni di sanguinamento continuo e abbondante, non essendosi verificato l'evento per l'intervento casuale del titolare della discoteca).
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso il difensore del T. , il quale ha eccepito violazione di legge e carenza di motivazione quanto alla ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari, nonché alla mancata sostituzione della misura restrittiva in carcere con quella, meno grave, degli arresti domiciliari.
Considerato in diritto
Il ricorso deve essere rigettato, poiché infondato.
1. Secondo le indagini effettuate dai Carabinieri di L'Aquila, l'indagato, dopo essere stato visto mentre si scambiava effusioni con la C. all'interno della discoteca (…) , si era appartato con la donna uscendo all'esterno del locale ed aveva abusato di lei compiendo atti sessuali consistiti nella penetrazione anale con utilizzo di un mezzo vulnerante rigido, cagionandole lesioni gravi e poi abbandonandola in luogo buio, a diversi gradi di temperatura sotto lo zero ed in condizioni di abbondante sanguinamento e di semincoscienza. La gravità delle lesioni arrecate rendeva altamente probabile l'esito letale della condotta dell'aggressore, che, tuttavia, veniva scongiurato in seguito al soccorso prestato alla donna dal proprietario detta discoteca, occasionalmente sopraggiunto.
2. Infondate sono anzitutto le doglianze di insussistenza dei “gravi indizi di colpevolezza” che il primo comma dell'art. 273 cod. proc. pen. pone quale condizione generale per l'applicazione di misure cautelari personali.
Deve ricordarsi, in proposito, che il concetto di “gravità degli indizi”, posto dalla norma richiamata - secondo la costante giurisprudenza di questa Corte Suprema - postula un'obiettiva precisione dei singoli elementi indizianti i quali, nel loro complesso, devono consentire di pervenire logicamente ad un giudizio che, senza raggiungere il grado di certezza richiesto per un'affermazione di condanna, sia di alta probabilità dell'esistenza del reato e della sua attribuibilità all'indagato.
In coerenza con tale postulato, nella fattispecie in esame sono stati anzitutto indicati gli elementi di fatto da cui gli indizi sono stati desunti la difesa, comunque, non solleva alcun dubbio circa l'effettiva consumazione dell'attività sessuale ad opera dell'indagato ed il comportamento di abbandono della vittima da quello tenuto.
Tali indizi, poi, sono stati valutati dal Tribunale nella loro essenza ed è stato logicamente argomentato circa la configurabilità anche dell'elemento soggettivo del delitto di violenza sessuale, escludendosi in particolare la prospettazione difensiva di mancanza del dolo con riferimento alla rappresentazione del consenso della persona offesa.
La C. (come risulta dalle dichiarazioni delle persone presenti e dalle analisi del sangue successivamente eseguite) era in evidente stato di alterazione per abuso di sostanze alcoliche e, se non può escludersi l'esistenza di un iniziale consenso ad un rapporto sessuale, tale consenso, però, razionalmente è stato considerato non esteso ad un rapporto particolarmente violento e cruento e comunque revocato nel momento in cui si sono prodotto i primi effetti cruenti ed estremamente dolorosi della penetrazione anale.
In tale situazione correttamente il Tribunale ha ritenuto del tutto irrilevante la circostanza che la violenza sia stata posta in essere con un corpo rigido estraneo ovvero con il braccio, come sostenuto dall'indagato (ed il difensore considera la pratica di “fisting” come “ricorrente nei rapporti sessuali delle nuove generazioni”), dovendo condividersi senza riserve l'osservazione secondo il quale l'utilizzo eventuale del braccio non implica un grado minore di gravità del fatto (sono state riscontrare lesioni fino a 30 centimetri dall'ano).
Quanto all'ulteriore delitto di tentato omicidio, il Tribunale ha ritenuto che l'indagato - quanto meno - si sia chiaramente rappresentato ed abbia consapevolmente voluto provocare lesioni gravissime, razionalmente ricollegando tale deduzione non soltanto all'entità ed alla significatività della condotta lesiva direttamente posta in essere ma anche al determinante abbandono al gelo della donna, seminuda, con imponente emorragia in corso ed in stato di incapacità di provvedere a sé stessa.
Con deduzioni coerenti, in conclusione, appare formulato un conclusivo giudizio di conferma dell'impianto accusatorio, restando ovviamente affidato al prosieguo delle indagini il compiuto accertamento circa la compromissione dello stato emodinamico e dei parametri vitali della donna.
3. Anche le doglianze riferite alle ravvisate esigenze cautelari non meritano accoglimento.
Tali esigenze sono state individuate, secondo le previsioni di cui alle lettere a) e c) dell'art. 274 cod. proc. pen., in relazione al pericolo di inquinamento probatorio ed all'elevata probabilità di reiterazione di analoghe condotte criminose.
E, nello specifico:
- il pericolo di inquinamento probatorio risulta razionalmente connesso alla possibilità dell'indagato, ove lasciato libero, di avvicinare le persone informate dei fatto e la stessa vittima sì da condizionare gli accertamenti in corso;
- l'attualità del pericolo di reiterazione degli abusi appare correttamente correlata, con motivazione logica ed adeguata, alle stesse dichiarazioni dell'indagato, il quale ha riferito di avere posto in essere anche altre volte la pratica sessuale in oggetto.
4. L'interesse all'ultimo motivo di ricorso è venuto meno, in quanto al T. è stata applicata la misura degli arresti domiciliare a decorrere dallo scorso 7 giugno.
5. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Depositata in Cancelleria il 25.09.2012
30-09-2012 15:59
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