Utente falsifica la ricevuta di pagamento della bolletta telefonica: risponde, per la Cassazione, di truffa tentata.
Corte di Cassazione Sez. Seconda Pen. - Sent. del 23.01.2012, n. 2730
Osserva
Il g.u.p. presso il Tribunale di Catanzaro ha dichiarato non luogo a procedere nei confronti di N.B. per il reato di tentata truffa nei confronti della Telecom Italia s.p.a., consistita nell'esibire al personale addetto alla verifica dei pagamenti alcune false ricevute di pagamenti delle bollette telefoniche, in particolare, il g.u.p, ha ritenuto che il fatto non sussistesse, stante l'assenza di atto di disposizione patrimoniale da parte della società truffata.
Avverso tale pronuncia propone ricorso per cassazione il p.m., sostenendo che gli atti posti in essere dalla B. dovessero ritenersi idonei alla commissione del reato, e quindi costituenti tentativo punibile, sulla base di una valutazione ex ante ed a prescindere dalla circostanza che, in concreto, la Telecom Italia s.p.a. si sia avveduta della falsità delle ricevute di pagamento.
Il ricorso è fondato e deve essere accolto.
È infatti evidente che l'esibizione al personale della Telecom Italia s.p.a, di alcune false ricevute di pagamento non poteva avere altro fine se non quello di (tentare di) trarre in inganno la compagnia telefonica, in modo da convincerla a non reclamare ulteriormente il pagamento di quelle bollette ovvero a non sospendere l'erogazione del servizio per morosità del cliente.
Ed invero la falsa rappresentazione dell'avvenuto pagamento della morosità pregressa - presupposto indispensabile per continuare a fruire del servizio telefonico, effettuata mediante esibizione delle ricevute artatamente contraffatte al personale competente, presenta all'evidenza l'attitudine a far conseguire detto vantaggio patrimoniale e quindi a determinare l'evento del reato di truffa, sicché deve considerarsi integrato il requisito dell'idoneità degli atti. E poiché, non potendo essere fine a é stessa, la simulazione non può avere altro scopo che quello fraudolento, secondo quanto impone di ritenere la comune esperienza, risulta integrato anche il requisito dell'univocità degli atti, che sono tali quando, considerati in sé medesimi, per il contesto nel quale si inseriscono, per la loro natura ed essenza rivelino, secondo l'id quod plerunque accidit, l'intenzione dell'agente (Cass. del 19 gennaio 1998, n. 495 rv. 210729).
Non importa, invece, l'assenza di un atto dispositivo patrimoniale da parte della Telecom Italia s.p.a., la cui effettiva sussistenza avrebbe semmai dato luogo ad una truffa consumata anziché tentata. Va da sé che il danno patrimoniale per la vittima ed il vantaggio per il truffatore ben potevano consistere, alternativamente o cumulativamente, nella prosecuzione dell'erogazione di un servizio che altrimenti si sarebbe dovuto sospendere per mora del cliente e nell'archiviazione della pratica di riscossione delle bollette insolute. Ed infatti, il danno per il truffato può consistere in
qualsiasi forma di depauperamento, anche sub specie di rinunzia ad un credito nell'erronea convinzione che lo stesso sia stato pagato, ovvero di erogazione di un servizio commerciale ad un soggetto nei confronti del quale l' erogazione sarebbe dovuta essere sospesa in via di autotutela patrimoniale, stante la sua (dissimulata) situazione di insolvenza.
La sentenza deve essere quindi annullata con trasmissione degli atti al giudice competente per l'ulteriore corso.
P.Q.M.
annulla la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Catanzaro per l'ulteriore corso.
Depositata in Cancelleria il 23.01.2012
27-01-2012 00:00
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