Una bambina viene dimenticata dentro lo scuolabus e per ore rimane chiusa nel garage. La Cassazione affronta la fattispecie del Comune quale responsabile civile.
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. IV PENALE , SENTENZA 19 marzo 2012 n. 10701 Pres. Marzano – est. Blaiotta Motivi della decisione
1. Il giudice di pace di Morbegno ha affermato la penale responsabilità di B.G. e G.V. in ordine al reato di lesioni colpose in danno di S.G.; e li ha altresì condannati al risarcimento del danno nei confronti delle parti civili costituite, in solido con il responsabile civile Comune di Traona.
La pronunzia è stata parzialmente riformata dal Tribunale di Sondrio che ha assolto il G. ed ha invece confermato il giudizio di responsabilità nei confronti del B. e del responsabile civile.
Secondo quanto ritenuto dei giudici di merito, gli indicati imputati, nelle rispettive qualità di autista ed accompagnatore a bordo di uno scuolabus del Comune di Traona, omettevano di controllare il mezzo al termine del servizio lasciando bordo la minore S. così cagionandole per colpa lesioni personali inizialmente giudicate guaribili in tre giorni.
2. Ricorre per cassazione il responsabile civile comune di Traona.
2.1. Con il primo motivo si lamenta che l'originaria contestazione riguardava il reato di lesioni personali della durata di tre giorni costituite da escoriazioni. Tale imputazione traeva origine da certificazione medica acquisita agli atti. Nel corso del giudizio il pubblico ministero modificava tale contestazione con quella di “lesioni personali inizialmente giudicate guaribili in regioni tre”, volendo con tale precisazione fare riferimento a problematiche di natura psicologica insorte nella minore vittima del reato. Tale modificazione della contestazione è ritenuta censurabile. Essa è in primo luogo generica, e fa inoltre riferimento ad un fatto accertato nel corso del dibattimento non incluso nella malattia riportata nel decreto di citazione a giudizio; sicché si è in presenza di contestazione indeterminata che vulnera il corretto esercizio del diritto di difesa.
2.2. Con il secondo motivo si lamenta vizio della motivazione per ciò che attiene alla dimostrazione delle lesioni. Infatti le insegnanti che nel pomeriggio hanno avuto contatti con la bambina non hanno riferito di segni sul corpo. La valutazione di tali risultanze probatorie è stata completamente omessa.
2.3. Il terzo motivo attiene alla relazione causale tra la condotta omissiva ascritta agli imputati e l'evento lesivo. Si assume che nelle pronunzie di merito manca la dimostrazione che le lesioni siano state prodotte nel lasso di tempo trascorso da quando l'automezzo è stato parcheggiato nel deposito comunale a quando il conducente lo ha ripreso nel pomeriggio e vi ha trovato la minore. Parimente è mancata la prova in ordine all'esistenza del turbamento psicologico ritenuto dal giudice. Il giudice stesso ha tratto argomento dal certificato di pronto soccorso che ipotizza il fatto oggetto del processo come causa delle lesioni, ma non sulla base di dati obiettivi bensì alla stregua di quanto riferito dalla piccola paziente. Ciò nonostante resta il fatto che le escoriazioni riscontrate sono compatibili con innumerevoli dinamiche e non solo con quelle riferite. D'altra parte, la mancanza di appropriata contestazione ha impedito alla difesa di esperire indagini tecniche per dimostrare l'infondatezza dell'assunto.
2.4. Il quarto motivo attiene al riconosciuto ruolo di responsabile civile in capo al Comune, avuto riguardo alla posizione dell'imputato B. che ricopriva il ruolo di accompagnatore, Si assume che nei confronti di costui l'ente non ha mai ricoperto alcuno dei ruoli fondanti la responsabilità per fatto altrui ai sensi dell'art. 185 cod. pen.
Il giudice di pace ha ritenuto la responsabilità dell'amministrazione comunale per colpa diretta non essendo state fornite istruzioni agli accompagnatori, non essendo stata svolta un'azione di sorveglianza sul loro operato ed essendo stato omesso il controllo sulle capacità di chi andava a ricoprire l'incarico. Ne emerge non tanto una responsabilità per fatto del terzo quanto eventuale responsabilità diretta la cui ricorrenza, in ipotesi avrebbe potuto coinvolgere gli amministratori locali in qualità di imputati ma non il comune ai sensi degli artt. 185 cod. pen. e 83 cod. proc. pen. Tale tipo di responsabilità non si attaglia alla figura del responsabile civile che è il soggetto giuridico che è tenuto al risarcimento dei danni in quanto obbligato a rispondere per fatto altrui: si tratta di ipotesi legislative configuranti la responsabilità per fatto di terzi. In tale quadro normativo si colloca il richiamato articolo 185 che persegue la finalità di consentire al danneggiato di rivolgere la sua pretesa risarcitoria non solo contro il responsabile ma anche contro tutti coloro i quali, pur non essendo ritenuti colpevoli debbono tuttavia rispondere delle conseguenze dannose del fatto reato. Per contro la responsabilità del Comune è stata sostanzialmente ritenuta per fatto proprio. L'errore indicato configura in conseguenza violazione di legge.
2.5. Con l'ultimo motivo si lamenta che nella sentenza d'appello non vi è menzione alcuna delle ragioni giuridiche sulle quali poggerebbe la condanna del Comune e, in particolare, non è minimamente enunciata la norma di legge dalla quale deriverebbe l'obbligo civilistico affermato in capo all'ente. Si versa quindi in una situazione di carenza della motivazione. Ove il giudice abbia implicitamente ritenuto essere applicabile la normativa di cui all'art. 2049 cod. civ., si verificherebbe comunque carenza di motivazione giacché non si è neppure tentato di mostrare l'elemento costitutivo della fattispecie costituito dal cosiddetto rapporto di preposizione che deve sussistere tra l'imputato ed il responsabile civile. La sentenza è anche contraddittoria e manifestamente illogica perché il giudice di secondo grado ha riferito circostanze incompatibili con la sussistenza di un siffatto rapporto, affermando da un lato la responsabilità diretta dell'ente per omessa vigilanza degli accompagnatori e per mancanza di controllo sulle loro capacità e dall'altro accertando e dando conto in sentenza del fatto che gli accompagnatori hanno agito in completa autonomia, tanto che il comune si è completamente disinteressato del loro operato, lasciando che fossero i genitori stessi ad organizzare in tutto per tutto il servizio di accompagnamento, compreso il loro reclutamento.
3. Il ricorso è fondato.
La pronunzia impugnata spiega che nel corso dell'istruzione dibattimentale è emerso per prova documentale e testimoniale che la piccola vittima, a seguito del fatto di cui è processo, essendo rimasta per ore e ore chiusa da sola in un pulmino all'interno di un garage, oltre a subire minuscole malattie nel corpo ha riportato anche conseguenze di natura psichica ben dimostrate da quanto riferito dai medici che visitarono la piccola e le prescrissero terapie neuropsichiatriche. Alla stregua di tali emergenze il pubblico ministero ha modificato la contestazione ai sensi dell'art. 516, comma 1, cod. proc. pen. con l'introduzione dell'avverbio “inizialmente”. Tale modificazione non è scorretta poiché il capo d'imputazione si riferiva genericamente a lesioni personali e quindi non solo fisiche. In ogni caso, la nuova contestazione non è censurabile, stante l'aggiunta di lesioni psichiche evidenziatesi nel corso del dibattimento, nel rispetto del richiamato art. 516; e senza violazione dei diritti della difesa messa in condizioni fin da subito di contraddire in merito a tali lesioni, atteso che già in precedente udienza era stata depositata la cartella clinica del servizio di neuropsichiatria infantile. Non vi è dunque né nullità né incongruenza tra contestazione e motivazione, posto che il primo giudice ha deciso proprio sulla base dell'imputazione così come modificata.
Quanto alle lesioni, la sentenza rileva che elementi di giudizio significativi si traggono dalle dichiarazioni dei genitori e soprattutto dal referto medico che fa riferimento ad escoriazioni non recentissime perfettamente correlabili al fatto di cui è processo. D'altra parte il nascondimento della piccola tra i sedili o sotto di essi è ben compatibile con i graffi riscontrati. Le lesioni psicologiche sono con pari evidenza riconducibili all'evento traumatico.
Per ciò che attiene alla responsabilità del ricorrente Comune, la pronunzia rammenta che i genitori dei bambini della scuola materna, anziché pagare una cooperativa perché fornisse loro un accompagnatore professionista, accettarono la proposta del sindaco del tempo di fare essi stessi da accompagnatori in turni settimanali, ricevendo in cambio uno sconto sulla tariffa che il Comune aveva stabilito per il trasporto dei bambini. Ed infatti l'imputato B. risultava essere uno dei genitori. Tale affidamento del servizio di accompagnamento ai genitori non esonera da responsabilità l'ente su cui gravava l'obbligo dell'organizzazione e dello svolgimento dei servizio. L'affidamento dell'incarico a persona estranea all'organico dell'ente non esonera da responsabilità quando si accerti che non vi sia stata minima sorveglianza sulle modalità con cui i privati accompagnatori eseguivano il servizio ovvero qualora si accerti la culpa in eligendo, ossia la totale mancanza di controllo sulle capacità di chi andava a ricoprire l'incarico. Di qui la responsabilità dell'amministrazione comunale.
A fronte di tale argomentazione probatoria il quarto ed il quinto motivo di ricorso sono fondati ed assorbenti. La responsabilità del Comune, infatti, è stata con tutta evidenza configurata come responsabilità per fatto proprio, essendosi evocata culpa in eligendo ed in vigilando quanto all'organizzazione del servizio.
Tale inquadramento del caso si porge in radicale contrasto con gli artt. 185 cod. pen. ed 83 cod. proc. pen., che delineano la figura del responsabile civile. Come correttamente posto in luce dal ricorrente, la disciplina in questione riguarda situazioni nelle quali un soggetto, che non è responsabile per fatto proprio, viene chiamato a rispondere per il fatto dell'imputato alla stregua di norme civili che tale responsabilità configurano in ordine alle conseguenze dannose dell'illecito. Ne discende, a contrario, che non può assumere la veste di responsabile civile il soggetto che, eventualmente versando in colpa, debba rispondere per fatto proprio; e cioè colui che abbia un titolo diretto di responsabilità per i danni lamentati dalla parte civile, diverso da quello addebitato all'imputato. Il principio, pacifico e condiviso da questa Corte si rinviene in numerose pronunzie, anche con riguardo a situazioni in qualche guisa assimilabili a quella in esame (ad es., sez. IV, 27/5/2011, Rv. 251098; sez.. IV, 13/11/2009, Rv. 246301; Sez, IV, 30/09/2008, Rv. 242088).
Per conseguenza, nel caso in esame, si erra da un lato nel discutere della responsabilità dell'ente comunale per fatto proprio; e dall'altro nel trascurare di individuare alcuna disciplina legale che fondi la responsabilità dell'ente stesso per il fatto dell'imputato.
La sentenza deve essere conseguentemente annullata senza rinvio quanto alla condanna dell'ente. Appare congruo compensare le spese tra le parti.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla condanna al risarcimento del danno nei confronti del Comune di Traona quale responsabile civile. Dichiara interamente compensate le spese tra le parti.
23-03-2012 00:00
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