Tribunale di Torino, Sez. IV, 5 gennaio 2011 COMUNITA' EUROPEA - SICUREZZA PUBBLICA - UNIONE EUROPEA
L'emanazione della direttiva 2008/115/CE (cd. direttiva rimpatri) ha determinato l'insorgere di criticità con il D.Lgs. n. 286 del 1998, concernenti, in modo particolare, la procedura di espulsione e la disciplina nei C.I.E., poiché mentre il T.U. vigente stabilisce come regola la espulsione coattiva immediata dello straniero, contemplando il trattenimento come unica misura coercitiva adottabile nelle more dell'accompagnamento coattivo, la direttiva UE privilegia e incentiva la partenza volontaria del cittadino di paese terzo irregolare, imponendo all'Autorità di concedere allo straniero espulso un termine congruo compreso tra i sette e i 30 giorni per lasciare volontariamente il territorio (mentre l'ordine di allontanamento del questore prevede un termine inferiore - cinque giorni- per lasciare il territorio nazionale), e concepisce il trattenimento come ultima ratio, utilizzabile quando altre misure meno afflittive si presentino inadeguate ad assicurare il rimpatrio e sempre che le condizioni che giustificano l'avvio del trattenimento sussistano per la durata del medesimo.
Il contrasto insorto tra la direttiva 2008/115/CE (cd. direttiva rimpatri) ed il D.Lgs. n. 286 del 1998 interessa oltre l'ambito amministrativo, anche il settore penale, avuto particolare riguardo ai delitti di inosservanza dell'ordine di allontanamento del Questore, considerati dal legislatore italiano quale basilare strumento per il contrasto del fenomeno della immigrazione clandestina. L'applicazione delle norme penali di cui al menzionato provvedimento nazionale determina, invero, la violazione delle garanzie imposte dalla direttiva a tutela della libertà personale dello straniero destinatario di un provvedimento di rimpatrio non osservato, ricorrendo ad una misura coercitiva qualitativamente diversa e temporalmente più estesa di quella prevista (in caso estremo il trattenimento) dalla direttiva UE. All'uopo deve rilevarsi che la disciplina comunitaria, nella parte in cui lascia impregiudicata la facoltà degli Stati membri di introdurre o mantenere disposizioni più favorevoli alle persone cui si applica, purché compatibili con le norme in essa richiamate, esclude l'introduzione o il mantenimento di norme meno favorevoli nella materia in oggetto, fra cui sicuramente vanno annoverate quelle relative ai risvolti penali della inosservanza dell'ordine di allontanamento del Questore.
L'estrema precisione della direttiva 2008/115/CE nella indicazione di presupposti, modalità esecutive e termini massimi di compressione della libertà personale del cittadino di Stato terzo soggetto a rimpatrio, sulle quali lo Stato membro potrà intervenire nei dettagli, senza peraltro poter configurare in senso peggiorativo (tipologia e durata) il quadro della detenzione previsto dalla direttiva, e la circostanza che dalla sua applicazione discendono effetti giuridici favorevoli all'individuo (c.d. effetto verticale), in quanto mira a garantire allo straniero una sfera non comprimibile di libertà personale, che invece viene compressa dalle vigenti norme incriminitrici in materia di espulsione, attribuisce alla norma comunitaria natura self executing. Al Giudice nazionale compete, pertanto, il compito di disapplicare la norma incriminatrice eventualmente contrastante con la fonte comunitaria (come nella specie il dettato di cui all'art. 14, comma 5 quater, D.Lgs. n. 286 del 1998), in quanto ad egli attribuito il potere-dovere di dirimere la questione di compatibilità di una norma nazionale con le disposizioni di una direttiva provvista, come quella in esame, quantomeno per la parte relativa alla libertà personale dello straniero oggetto di rimpatrio, di effetto diretto.
29-01-2011 00:00
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