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Sentenza

Pericolosità sociale generica - Si alle misure cautelari personali e alla confisca dei beni  Corte di Cassazione Sez. Quinta Pen. - Ord. del 01.07.2011, n. 26044
Pericolosità sociale generica - Si alle misure cautelari personali e alla confisca dei beni Corte di Cassazione Sez. Quinta Pen. - Ord. del 01.07.2011, n. 26044
Pericolosità sociale generica - Si alle misure cautelari personali e alla confisca dei beni

Corte di Cassazione Sez. Quinta Pen. - Ord. del 01.07.2011, n. 26044

Ritenuto in fatto:

La Corte d'Appello di Salerno con ordinanza 7-7-2010 confermava il decreto del Tribunale di quella città in data 6-3-2007 che aveva applicato ad A.M. la misura di prevenzione della sorveglianza speciale di PS per tre anni con obbligo di soggiorno nel comune di residenza, e, in parziale accoglimento dell'appello del PM, disponeva la confisca dell'immobile del predetto sito in Salerno via (…).
Tanto in applicazione dell'orientamento di questa corte a sezioni unite (n. 13425/2010), secondo cui la legge_125_2008 (cd. pacchetto sicurezza), abrogando l'art. 14 legge_55_1990, e modificando l'art. 19 co. 1 legge_152_1975, ha tuttavia lasciato inalterata la portata precettiva di quest'ultimo, e quindi il rinvio di ordine formale a tutte le norme successivamente interpolate nell'atto fonte, in sostituzione, modifica o integrazione di quelle originarie. Con la conseguenza che, oltre alle misure di prevenzione personali (novella dl 92/2008), anche quelle patrimoniali del sequestro e della confisca possono essere applicate nei confronti di soggetti ritenuti socialmente pericolosi, a prescindere dalla tipologia dei reati di riferimento, quindi anche in caso di pericolosità c.d. generica.
Propone ricorso A., per il tramite dei difensori avv.ti M. T. e M. A., articolato in quattro motivi.
1) Violazione di legge con riferimento all'interpretazione data dalla corte territoriale all'art. 19 L. 152/75. Il ricorrente assume che l'interpretazione condivisa dalle sezioni unite, alla quale si è adeguata l'ordinanza impugnata, urta contro il divieto di analogia in malam partem, mentre è costituzionalmente corretta quella più garantista che equipara pericolosità generica e pericolosità specifica limitatamente alle misure di prevenzione personali. Ove diversamente ritenuto, solleva questione dl illegittimità costituzionale dell'art. 19 L. 152/75 in riferimento all'art. 1 cp, per violazione degli artt. 3, 37 e 24Cost.
2) Mancanza di motivazione in ordine agli elementi indicativi dell'abitualità a delinquere del proposto, non menzionati affatto dalla corte.
3) Illogicità e contraddittorietà della motivazione in quanto da un lato, il reddito di A. (pari a 52 milioni in sei anni, più 45 mila euro per TFR) è stato ritenuto incompatibile con l'acquisto di un monolocale popolare, dall'altro compatibile con quello di un motociclo e due autovetture (una Peugeot a gasolio e una Mercedes classe A), quali non è stata disposta la confisca, per i quali non è stata disposta la confisca, chiesta dal P.M. con l'appello;
4) Illogicità e contraddittorietà della motivazione laddove la Corte salernitana, pur avendo ritenuto di possibile provenienza lecita parte del prezzo corrisposto per l'immobile (45. 000 euro pari al TFR a fronte del prezzo totale di 99 mila uro), ne ha disposto la confisca in toto.
Il PG presso questa corte, con requisitoria scritta, ha chiesto dichiararsi l'inammissibilità ricorso, rilevando, da un lato, che l'interpretazione dell'art. 19, condivisa dalla corte territoriale non configura interpretazione analogica, ma letterale e sistematica, essendo stata abrogata la norma speciale, rivive l'estensione originaria di quella generale. Quindi nessun sospetto di incostituzionalità. Inoltre le norme sulle misure di prevenzione si applicano anche se successive al sorgere della pericolosità sociale.
Per il resto, secondo il PG, il ricorso si limita alla critica della motivazione dell'ordinanza che ha invece affrontato i temi sia della pericolosità che della sproporzione del reddito rispetto agli acquisti.

Considerato in diritto:

1) Del tutto immune da violazione di legge è l'interpretazione delle norme sulla quale la corte territoriale ha fondato la confisca dell'immobile di proprietà di A. Premesso che la decisione del tribunale era stata emessa nel vigore dell'art. 14 L. 55/1990, che precludeva l'applicazione delle misure di sicurezza patrimoniali in caso di pericolosità cd. generica, consentendola solo in caso di pericolosità cd. qualificata, il quadro normativo era invece profondamente mutato al momento della decisione di secondo grado. Come correttamente ritenuto dalla corte territoriale, in conseguenza dell'abrogazione della norma speciale (l'art. 14 L. 55/1990, abrogato dalla legge 125/2008, cd. pacchetto sicurezza), quella generale (l'art. 19 L.152/1975) aveva ripreso l'estensione originaria, in quanto il rinvio da essa enunciato è di ordine formale nel senso che, in difetto di espressa esclusione o limitazione, è da intendersi esteso a tutte le norme successivamente interpolate nell'atto-fonte, in sostituzione, modifica o integrazione di quelle originarie (Cass SU 3426/2010). Né ha fondamento la questione di costituzionalità che il ricorrente ha prospettato sulla base della asserita, ma inesistente, violazione del divieto di interpretazione in malam partem, a suo dire operata nella decisione impugnata, trattandosi invece, come nella requisitoria scritta il PG non ha mancato di sottolineare, di interpretazione letterale e sistematica. Neppure ha ragion d'essere il sospetto di violazione del principio di uguaglianza (mentre il richiamo ad altre norme della costituzione non appare pertinente), non essendo irragionevole la scelta discrezionale di estendere il regime delle misure di sicurezza patrimoniali, oltre che di quelle personali, ai casi di pericolosità cd. generica.
2) 3) e 4) Le restanti doglianze si rivelano palesemente inammissibili, sia perché sterilmente riproduttive di censure già puntualmente disattese in sede di gravame di
merito, sia perché concentrate su profili di mero fatto, estranei al rigoroso perimetro entro il quale è circoscritto il sindacato di legittimità in tema di misure di prevenzione.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento alla Cassa delle ammende di una somma che si determina in € 1000.

P.Q.M.
La Corte dichiara manifestamente infondata la dedotta questione di legittimità costituzionale rigetta e dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle ammende della somma di euro 1.000.
Depositata in Cancelleria il 01.07.2011
Avv. Antonino Sugamele

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