Novara. Disastro colposo. E' l’imputato che deve provare la concreta possibilità di una causa concorrente nella causazione dell'evento.
Corte di Cassazione Sez. Quarta Pen. - Sent. del 21.12.2011, n. 47474
Ritenuto in fatto
1. Con sentenza del 23/6/2008 il Tribunale di Novara assolveva G.L. dal delitto di disastro colposo, perché il fatto non sussiste.
Al G. era stato addebitato che, in qualità di tecnico responsabile della produzione della società “V. Laterizi Prefabbricati”, per colpa dovuta a negligenza, imprudenza ed imperizia, aveva determinato il crollo della copertura del capannone di proprietà della “A. Investment Managers” (fatto acc. in (omissis)).
In particolare il crollo era stato determinato dal fatto che le travi prefabbricate della “V.”, tipo “Elite”, si erano sgretolate per le sollecitazioni torsionali indotte dal carico dei tegoli e dalla mancanza di guaine nei trefoli, così da determinare in tempi successivi, il crollo di mq. 1.300 di copertura. Il Tribunale pronunciava l'assoluzione in ragione del dubbio sulla presenza del nesso causale tra le omissioni contestate all'imputato (assenza di guaine sui trefoli ed il non corretto calcolo delle sollecitazioni torsionali indotte dal carico dei tegoli) e l'evento costituito dal crollo della copertura.
2. Con sentenza del 16/12/2010 la Corte di Appello di Torino, a seguito di impugnazione del P.M. e della parte civile, in riforma della sentenza di primo grado, dichiarava l'imputato colpevole del reato ascrittogli e, concesse le attenuanti generiche, lo condannava alla pena di mesi otto di reclusione, pena sospesa e non menzione. Lo condannava inoltre al risarcimento del danno in favore della costituita parte civile da liquidare in separato giudizio. Osservava la Corte di merito, dopo avere valutato in modo dialettico le consulenze delle parti e gli altri elementi di prova, che dall'istruttoria svolta ben poteva dedursi che il crollo era stato determinato proprio dalla colposa violazione di regole cautelari contestate all'imputato ed in particolare: la mancata considerazione delle sollecitazioni torsionali, a loro volta indotte dal peso dei “tegoli”, e l'assenza di “guaine” nei “trefoli” che, sporgendo dalla parte inferiore delle “zampe”, venivano a sfregare contro la “testata” dei pilastri.
Tali addebiti erano stati contestati dal consulente tecnico dell'imputato solo sulla base di una sperimentazione con “modello matematico” che dimostrava che i manufatti erano in grado, ancorché privi delle “guaine”, di sopportare sollecitazioni torsionali ancora più elevate di quelle verificatesi e che il crollo era da ascrivere verosimilmente ad un difetto del calcestruzzo costituente un “tegolo” in cui erano presenti delle “cavità” od un “vespaio” non visibile dall'esterno.
Ha ritenuto la corte distrettuale che anche a voler condividere il parere del C.T. dell'imputato (ing. M. ), doveva comunque rilevarsi che esistendo la regola scientifica in forza della quale la realizzazione di un getto di calcestruzzo poteva patire gli inconvenienti lamentati, il costruttore del materiale e del manufatto ne doveva tenere conto nel momento in cui decideva le caratteristiche costruttive del manufatto medesimo ed eseguiva la costruzione. Pertanto il dirigente tecnico della “V.” avrebbe dovuto, a maggior ragione, curare che il peso del “tegolo” non fosse tale da indurre sollecitazioni torsionali ed i “trefoli” fossero inguainati per evitare dannosi sfregamenti delle sue “zampe” sulla “testata” dei “pilastri”.
Inoltre, l'istruttoria dibattimentale, aveva evidenziato altri profili colposi, oltre quelli esplicitamente richiamati in imputazione, discussi in sede dibattimentale e relativi alla cd. “soletta superiore”.
Una maggior “rigidezza” (e, cioè uno spessore di appena 2 cm. superiore) di questa parte del “tegolo” avrebbe indotto un “comportamento diverso” del manufatto, e cioè impedito la deformazione delle zampe e quindi il crollo che ne era stata la conseguenza. Osservava, infine la corte, quanto alla personale responsabilità del G. , che questi, aveva confessato in interrogatorio, non solo di avere personalmente partecipato alla stesura del progetto da parte della “V.” per la copertura del capannone della “A.” (che tra l'altro prevedeva la realizzazione di “solette superiori” di spessore inferiore a quanto imposto dalle circostanze concrete) e di avere rivestito il ruolo di direttore tecnico nella fase di esecuzione dei relativi lavori, ma anche e soprattutto, di essere il responsabile dell'omessa “inguainatura” dei “trefoli”, pur prevista in progetto, e cioè di una delle omissioni colpose poste a fondamento dell'imputazione e di cui si è dimostrata l'incidenza causale sull'evento. Sulla base di tali valutazioni la corte di appello pronunciava la condanna.
3. Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore dell'imputato, lamentando:
3.1. la erronea applicazione della legge penale ed il difetto di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza del nesso causale tra le violazioni cautelari contestate e l'evento di crollo. Invero la corte di merito aveva fatto malgoverno degli standard motivazionali pretesi dalla cassazione in tema di causalità, peraltro dichiarando non applicabili integralmente al caso di specie le regole dettate dalla nota sentenza “Franzese”, più adatta a regolamentare le fattispecie relative a colpa medica, così confondendo il percorso logico giuridico con la “regola di giudizio” ed obliterando che essendo il delitto di cui all'art. 449 cod. pen. un reato colposo causalmente orientato (”cagiona”), la ricerca della sussistenza del nesso eziologico doveva essere particolarmente rigorosa. Invece nella pronuncia, violando la regola di giudizio secondo cui pretese difficoltà di prova non possono legittimare l'attenuazione del rigore nell'accertamento del nesso di condizionamento necessario, la corte di merito, pur a fronte delle deposizioni dei C.T. delle parti che avevano manifestato perplessità in relazione alle effettiva efficacia condizionate delle condotte e delle omissioni contestate, in assenza di un giudizio controfattuale certo, aveva riconosciuto la presenza del nesso causale in base ad un anomalo ragionamento per esclusione, contrario al modello nomologico-induttivo, senza riferimento alcun ad una specifica legge scientifica di copertura.
3.2. L'erronea applicazione della legge penale e processuale, nonché il difetto di motivazione relativamente alle violazioni cautelari e l'evento di crollo. Invero l'addebito colposo al G. si era “sagomato” non tanto in relazione alle violazioni di regole cautelari contestate, quanto con riferimento a trasgressioni non contestate e ricostruite perfino travisando le conclusioni dei consulenti.
In particolare, a fronte delle argomentazioni del C.T. dell'imputato, il quale aveva ipotizzato una causa alternativa del sinistro, determinato da un difetto del calcestruzzo di un tegolo, non visibile dall'esterno, la corte aveva coniato una regola cautelare, secondo cui il G. ne avrebbe dovuto tener conto, senza però indicare il comportamento alternativo lecito che si sarebbe dovuto mantenere. In sostanza il giudice di merito aveva creato una originale regola cautelare, la cui violazione non era nella contestazione e che, soprattutto, si basava su una circostanza del tutto ipotetica.
Inoltre, dal punto di vista della dimensione soggettiva della colpa, nessun argomento la corte aveva speso circa la prevedibilità ed evitabilità dell'evento. In ogni caso tali ulteriori profili di addebito, come ad es. le dimensioni della cd. soletta superiore, non erano mai stati contestati e pertanto la violazione del principio di correlazione palesava ulteriori profili di illegittimità della sentenza.
Considerato in diritto
3. Il ricorso è infondato.
3.1. Appare opportuna preliminarmente la trattazione della censura di natura processuale formulata e cioè della violazione del principio di correlazione, per essere stata addebitata all'imputato la condotta colposa di non avere previsto la installazione di una soletta di maggiore spessore (almeno 2 cm. e che meglio avrebbe reagito alle sollecitazioni di carico), addebito non formulato nel capo di imputazione.
Sul punto va osservato che con recente decisione, le Sezioni Unite di questa Corte di legittimità ha avuto modo di statuire che “In tema di correlazione tra imputazione contestata e sentenza, per aversi mutamento del fatto occorre una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della fattispecie concreta nella quale si riassume l'ipotesi astratta prevista dalla legge, in modo che si configuri un'incertezza sull'oggetto dell'imputazione da cui scaturisca un reale pregiudizio dei diritti della difesa; ne consegue che l'indagine volta ad accertare la violazione del principio suddetto non va esaurita nel pedissequo e mero confronto puramente letterale fra contestazione e sentenza perché, vertendosi in materia di garanzie e di difesa, la violazione è del tutto insussistente quando l'imputato, attraverso l'”iter” del processo, sia venuto a trovarsi nella condizione concreta di difendersi in ordine all'oggetto dell'imputazione (Cass. Sez. U, Sentenza n. 36551 del 15/07/2010 Ud. (dep. 13/10/2010), Carelli, Rv. 248051).
Nel caso di specie, l'addebito colposo all'imputato è stato frutto di quanto emerso dall'istruttoria dibattimentale ed in particolare dalle valutazioni del consulente dell'accusa. Su tali circostanze l'imputato si è potuto difendere tenuto conto che nell'iter dibattimentale si è giovato dell'assistenza anche di un C.T. di parte.
Ne consegue per quanto detto, che nessun concreto vulnus al diritto di difesa è stato arrecato e che pertanto insussistente è la dedotta nullità.
3.2. In ordine alle doglianze relativa all'affermata sussistenza del nesso causale tra le condotte colpose dell'imputato e l'evento, va premesso che la corte di merito ha evidenziato la sussistenza di una pluralità di fattori che avevano coagito a determinare il crollo e che erano frutto di colpevoli omissioni nella progettazione ed esecuzione delle opere. In sintesi: - i tegoli erano stati utilizzati, come non di consueto avviene, come elementi strutturali portanti (invece delle travi); inoltre era mancata in sede di progettazione la valutazione delle sollecitazioni torsionali indotte dal peso dei tegoli;
- la soletta superiore era di scarso spessore; sarebbe stata sufficiente una dimensione superiore di due centimetri per dare la dovuta rigidità al detto elemento;
- nei trefoli erano assenti le guaine e ciò aveva indotto dannosi attriti sulla base dei pilastri.
Ha osservato la corte di merito che, a fronte della circostanza dell'avvenuto rovinoso crollo e della presenza di cause idonee a determinarlo, secondo le osservazioni svolte dal C.T. dell'accusa, vagliate dialetticamente con quelle del C.T. della difesa, in assenza di fondate cause alternative, doveva ritenersi accertata l'esistenza del nesso causale.
Il ragionamento della Corte di appello si palesa coerente e logicamente motivato.
Invero in tema di causalità, può pervenirsi al giudizio di responsabilità quando, all'esito del ragionamento probatorio, che abbia altresì escluso l'interferenza di fattori alternativi, risulti giustificata e “processualmente certa” la conclusione che la condotta omissiva dell'imputato è stata condizione necessaria dell'evento lesivo con “alto o elevato grado di credibilità razionale” o “probabilità logica” (cfr. Cass. Sez. 4, Sentenza n. 4675 del 17/05/2006 Ud. (dep. 06/02/2007), B., Rv. 235658).
Nel caso di specie, come osservato dal C.T. dell'accusa, le violazioni alle regole cautelari costruttive erano state plurime e tutte sinergiche a determinare un debolezza della struttura del capannone poi crollato.
La difesa dell'imputato ha rilevato come il crollo della copertura, secondo le analisi del loro C.T., poteva essere ricondotto ad una causa alternativa ed in particolare un occasionale e quindi imprevedibile difetto del getto del calcestruzzo (es. un “vespaio” od una cavità nella testata).
La corte distrettuale, nel rispondere all'osservazione difensiva, ha osservato come tale possibilità era ipotetica e frutto di mera sperimentazione e su modelli matematici.
Sul punto va ricordato che, nella sua valutazione sulla determinazione causale, il giudice deve discernere quali siano quelle che costituiscono mere ipotesi, da quelle invece che si prospettano come probabili cause in quanto ancorate ad elementi di fatto emergenti dagli atti del processo.
Invero, come già in passato osservato da questa Corte (Cass. 4^, 30057/06, imp. T.), una mera ipotesi che si appartenga al novero del solo astrattamente possibile non è idonea, di per sé, a togliere rilievo a fatti diversi storicamente accertati che esplicano i loro effetti non più nella sfera dell'astrattamente possibile, ma in quella del concretamente probabile. A fronte di una spiegazione causale del tutto logica, siccome scaturente e dedotta dalle risultanze di causa correttamente evidenziate e spiegabilmente ritenute, la prospettazione di una spiegazione causale alternativa e diversa, capace di inficiare o caducare quella conclusione, non può essere affidata solo ad una indicazione meramente possibilista, ma deve connotarsi di elementi di concreta probabilità, di specifica possibilità, essendo necessario, cioè, che quell'accadimento alternativo, ancorché pur sempre prospettabile come possibile, divenga anche, nel caso concreto, hic et nunc, concretamente probabile, alla stregua, appunto, delle acquisizioni processuali. Nel caso di specie, come visto, la Corte di Appello, sulla base dei dati probatori raccolti ha indicato una logica ricostruzione del decorso causale dell'evento del crollo, ancorandolo con alto grado di probabilità logica alle anomalie progettuali e costruttive. A fronte di ciò, correttamente la prospettazione alternativa di laboratorio offerta dalla difesa dell'imputato è stata ritenuta meramente ipotetica.
Quanto alla lamentata assenza di un giudizio controfattuale, va premesso che in caso di comportamento omissivo, per verificare la sussistenza del nesso di causalità, il giudizio controfattuale è meramente ipotetico, dovendosi mentalmente dare per verificato il comportamento omesso, chiedendosi se l'evento verificatosi si sarebbe ugualmente realizzato in termini di elevata credibilità razionale.
Ebbene sul punto la sentenza impugnata, dopo avere analizzato la violazione da parte del G. delle regole cautelari progettuali ed esecutive, ha ritenuto che l'evento sarebbe stato evitato “certamente” (secondo le parole del C.T. del P.M. ritenuto dalla corte attendibile in ordine alla eziologia dell'evento).
Alla luce di quanto esposto, la motivazione della corte distrettuale si sottrae a qualsiasi censura di violazione di legge o carenza di motivazione.
3.3. In ordine alla lamentata carenza di motivazione relativamente alla prevedibilità ed evitabilità dell'evento, va anche in tal caso rammentato l'orientamento giurisprudenziale di questa Corte secondo il quale per verificare la sussistenza dell'elemento soggettivo della colpa, occorre accertare, con valutazione “ex ante”, la prevedibilità dell'evento, giacché non può essere addebitato all'agente modello (”homo ejusdem professionis et condicionis”) di non avere previsto un evento che, in base alle conoscenze che aveva o che avrebbe dovuto avere, non poteva prevedere, finendosi, diversamente opinando, con il costruire una forma di responsabilità oggettiva (cfr. cass. Sez. 4, Sentenza n. 4675 del 17/05/2006 Ud. (dep. 06/02/2007), B., Rv. 235659).
Ciò detto, però, quanto al parametro della prevedibilità, con specifico riguardo ai rischi della sua attività, è da ritenere che l'agente abbia in proposito un obbligo di informazione circa le nozioni di comune esperienza e le più recenti acquisizioni scientifiche.
Nel caso di specie, come osservato dalla corte di merito, l'imputato, inserito nella struttura tecnica di un'azienda specializzata nel settore di laterizi prefabbricati, ha seguito la progettazione e la esecuzione dei lavori. La sua competenza professionale gli avrebbe imposto di non violare le regole cautelari costruttive sopra richiamate e che sono finalizzate proprio ad evitare sovraccarichi, torsioni e attriti determinino il collasso della struttura. L'evento verificatosi, pertanto non era imprevedibile ed ha costituito proprio la concretizzazione del rischio.
Pertanto la prevedibilità ed evitabilità dell'evento integrano, unitamente alla violazione delle cautele sopra richiamate, consentono di ritenere integrato l'elemento soggettivo della colpa contestata.
Al rigetto del ricorso segue, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e delle spese sostenute dalla parte civile, che si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, oltre alla rifusione delle spese a favore della parte civile che liquida in complessivi Euro 2.500,00 oltre accessori come per legge.
Depositata in Cancelleria il 21.12.2011
27-12-2011 00:00
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