La L. n. 110 del 1975, art. 4 non prevede una specifica lunghezza del coltello, essendo sufficiente che gli strumenti da punta o da taglio siano portati fuori dalla propria abitazione
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FIANDANESE Franco Presidente del 11/03/2 - -
Dott. NUZZO Laurenza rel. Consigliere SENTE - -
Dott. GALLO Domenico Consigliere N. - -
Dott. DE CRESCIENZO Ugo Consigliere REGISTRO GENER - -
Dott. MANNA Antonio Consigliere N. 37045/2 - -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
1) B.A.A., N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 5527/2006 CORTE APPELLO di MILANO, del
07/06/2010;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 11/03/2011 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LAURENZA NUZZO;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. GALATI Giovanni,
che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso;
Udito il difensore avv. Centocanne Claudia, quale sost. Dell'avv.
Zampogna Maria Teresa che chiede l'accoglimento del ricorso.
(Torna su ) Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
B.A.A. ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza, in data 7.6.2010, della Corte d'Appello di Milano che, in parziale riferma della sentenza 23.3.2006 del GIP del Tribunale di Milano, dichiarava non doversi procedere nei confronti del B., per il reato di porto abusivo di coltello( di cui al capo 2), perchè estinto per prescrizione e, ritenuta la continuazione fra i reati di cui al presente processo (rapina aggravata; lesioni personali giudicate guaribili in giorni tre e furto di oggetti collocati in un'autovettura) e quelli di cui al provvedimento del giudice dell'esecuzione in data 8.10,1989, rideterminava la pena complessiva in anni tre, mesi otto di reclusione ed Euro 1.116,00 di multa per tutti i reati uniti dal vincolo della continuazione; confermava nel resto la sentenza di primo grado con cui l'imputato era stato condannato alla pena di anni 2 e mesi 8 di reclusione ed Euro 600,00 di multa, per i reati, unificati dalla continuazione, di cui all'art. 628 c.p., comma 1 e comma 3, n. 1; L. n. 110 del 1975, art. 4; art. 582 c.p. e art. 61 c.p., n. 2; art. 624 c.p. e art. 625 c.p., nn. 2 e 7, concesse le attenuanti generiche equivalenti alle contestate aggravanti e alla recidiva. Il ricorrente deduceva: 1) difetto di motivazione, per avere la Corte di appello ritenuto la perseguibilità di ufficio del reato di lesioni, stante la contestazione dell'aggravante di cui all'art. 61 c.p., n. 2, non tenendo conto che nel capo d'imputazione non erano state indicate le norme (art. 585 c.p. e art. 576 c.p., n. 1) che si riferivano a tale circostanza;
2) difetto, contraddittorietà di motivazione sulla prova relativa al reato di porto abusivo di coltello ed all'aggravante dell'uso delle armi riguardante il reato di rapina, con omissione assoluta sulle caratteristiche della presunta arma,quale la sua lunghezza, elemento fondamentale ai fini della qualificazione del coltello ai sensi della L. n. 110 del 1975, art. 4;
3) mancata individuazione della pena base nel minimo edittale, degli aumenti di pena operati per la continuazione nonchè difetto di motivazione sul giudizio di equivalenza, anzichè di prevalenza, delle attenuanti generiche rispetto alle contestate aggravanti ed alla recidiva; la motivazione della sentenza, in punto di pena, era fondato solo sugli elementi negativi della personalità dell'imputato, senza valutarne lo stato di tossicodipendenza, il leale comportamento processuale tenuto con l'ammissione dei fatti, gli sforzi intrapresi per la disintossicazione dalla droga, in violazione dell'art. 125 c.p.p., comma 3 e art. 546 c.p.p., comma 1, lett. e).
(Torna su ) Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è manifestamente infondato.
Il reato di lesioni risulta contestato al capo 3) dell'imputazione con la specifica indicazione dell'art. 61 c.p., n. 2, in quanto commesso "al fine di commettere il delitto di rapina".
Quanto alla seconda doglianza è sufficiente osservare che la L. n. 110 del 1975, art. 4 non prevede una specifica lunghezza del coltello, essendo sufficiente, secondo detta disposizione, che gli strumenti da punta o da taglio siano portati fuori dalla propria abitazione "senza giustificato motivo".
Il terzo motivo di ricorso è inammissibile, posto chela conferma del giudizio di equivalenza delle attenuanti generiche rispetto alle aggravanti contestate, risulta con-gruamente motivata con riferimento alla pericolosità sociale dell'imputato e dei precedenti penali a suo carico; nè ai fini dell'adeguamento della pena alla gravità concreta del reato il giudice di merito è tenuto a prendere in considerazione tutti i criteri indicati nell'art. 133 c.p., potendosi limitare a fare riferimento, nella determinazione della pena, come avvenuto nel caso di specie, alla consistenza dei fatti contestati ed alla pericolosità dell'imputato.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende, considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso.
(Torna su ) P.Q.M.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 11 marzo 2011.
Depositato in Cancelleria il 15 aprile 2011
17-07-2011 00:00
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