Condannato affetto da patologia tumorale chiede il differimento della pena. L'umanità prevale sulle esigenze di sicurezza della collettività.
Condannato affetto da patologia tumorale chiede il differimento della pena. L'umanità prevale sulle esigenze di sicurezza della collettività.
Corte di Cassazione Sez. Prima Pen. - Sent. del 14.10.2011, n. 37106
Ritenuto in fatto
1. Con ordinanza in data 21.1.2011 il Tribunale di sorveglianza di Roma rigettava l'istanza presentata da C.S. , volta ad ottenere il differimento dell'esecuzione della pena ai sensi dell'articolo 147 cod. pen.
Il Tribunale premetteva: che l'istante doveva espiare la pena di anni 11, mesi 6 e giorni 23 di reclusione con decorrenza dal 18.8.2010 per la condanna relativa a violazioni in materia di sostanze stupefacenti e in materia di armi; che alla luce del contenuto della relazione dell'istituto di pena del 13.1.2011 la patologia principale del condannato è costituita dagli esiti dell'operazione di gastrectomia totale del 2004 per patologia tumorale; che dai recenti esami il marker tumorale CEA risultava parzialmente alterato, ma non sono emerse complicanze dagli ulteriori esami ecografia e Tac; che la gastrectomia totale ha comportato un calo ponderale sino a 58 Kg. dal luglio 2010. Riteneva, quindi, il tribunale che la patologia attualmente non richiede speciali terapie che non siano disponibili in istituto, atteso che appare cronica ed attualmente ad andamento stazionario; inoltre, il controllo per la diagnosi precoce di recidive tumorali, anche tenendo conto dell'epoca risalente della prima manifestazione della malattia tumorale, può limitarsi ad esami radiografici ed ematici con cadenza annuale, posto che il lieve innalzamento del marker tumorale diventa significativo di rischio di recidiva solo quando vi sia un'alterazione molto forte.
Alla luce di quanto acquisito agli atti il tribunale riteneva, quindi, insussistente una situazione di incompatibilità con il regime carcerario; pertanto, nonostante l'assenza di un rilevante profilo di pericolosità sociale tenuto conto del carattere episodico del reato commesso e del comportamento corretto successivo al reato ormai risalente a tredici anni, non ricorrevano i presupposti per il differimento della esecuzione della pena.
2. Avverso il citato provvedimento ha proposto ricorso per cassazione, tramite il difensore di fiducia, il C. che denuncia la violazione di legge ed il vizio di motivazione con riferimento all'art. 147 cod. pen.
In particolare, ad avviso del ricorrente, il Tribunale di sorveglianza non ha preso atto del peggioramento delle condizioni cliniche desumibili dalla consulenza prodotta dalla difesa che assume la ragionevole ipotesi di una ripresa della malattia che difficilmente potrebbe trovare possibilità di cure adeguate in ambiente carcerario. Inoltre, si rileva che non è stato tenuto conto della gravità della patologia in rapporto alla permanenza in un istituto obiettivamente non idoneo a fronteggiare infermità di tale importanza come, del resto, esplicitamente si afferma nell'impugnata ordinanza che, pertanto, è affetta da vizi di illogicità.
Considerato in diritto
Il ricorso è fondato.
Si deve ricordare, in primo luogo, che ai fini del differimento facoltativo di una pena detentiva, ai sensi dell'art. 147 cod. pen., è necessario che le patologie da cui è affetto il condannato siano di tale gravità da far apparire l'espiazione della pena in contrasto con il senso di umanità cui si ispira la norma contenuta nell'art. 27 Cost. e, comunque, non siano suscettibili di adeguate cure nello stato di detenzione, operando un bilanciamento tra l'interesse del condannato ad essere adeguatamente curato e le esigenze di sicurezza della collettività (Sez. 1, n. 17947, 30/03/2004, Vastante, rv. 228289).
Il giudizio sulla situazione clinica del C. operato dal tribunale risulta censurabile sotto il profilo della coerenza e logicità del percorso motivazionale in rapporto alle circostanze di fatto emerse dagli atti. In specie, il tribunale da atto della rilevanza della diagnosi e cura precoce della recidiva tumorale ed afferma che nel caso concreto tanto può essere garantito attraverso i controlli radiografici ed ematici; sulla base di tale premessa però, pur rilevando che la relazione sanitaria in atti attesta le difficoltà di effettuare i controlli a causa di ritardi nelle liste di attesa e di carenza di personale, il tribunale afferma che la patologia del condannato non richiede terapie che non siano disponibili in istituto. Invero, non può ritenersi corretto, sotto il profilo della coerenza e della logica, l'affermazione che “le disfunzioni rappresentate non rendono il prosieguo della detenzione in carcere contrario all'ordinamento giuridico in quanto sono le stesse disfunzioni ad esserlo”. Né è coerente e compatibile con i criteri di vantazione innanzi richiamati (tra i quali l'eventuale contrasto con il senso di umanità dell'espiazione della pena) l'affermazione del tribunale che “una situazione di sistematica inadempienza da parte dell'amministrazione come quella che viene rappresentata nella relazione sanitaria non può determinare un mutamento della corretta interpretazione di norme aventi forza di legge”, pur tenendo conto dell'accertato carattere cronico delle malattie di cui soffre il condannato e della mancanza di una rapida ingravescenza. Ciò a maggior ragione - sotto il profilo del bilanciamento tra l'interesse del condannato ad essere adeguatamente curato e le esigenze di sicurezza della collettività - in assenza di una significativa pericolosità sociale, come ritenuto dal tribunale che ha dato atto del carattere episodico del reato e del comportamento corretto tenuto dal condannato successivamente alla commissione del reato, ormai risalente a tredici anni.
Conseguentemente, l'ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di sorveglianza di Roma.
P.Q.M.
Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di sorveglianza di Roma.
Depositata in Cancelleria il 14.10.2011
21-10-2011 00:00
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