Cardiochirurgo esegue interventi chirurgici su pazienti che non ne hanno necessità a fini di lucro. E' omicidio per la cassazione.
Corte di Cassazione Sez. Quinta Pen. - Sent. del 06.09.2011, n. 33136
Rilevato in fatto
Il processo trae origine da dichiarazioni rese al Pubblico Ministero da un paziente (Mons. …)
che, presso il reparto di cardiochirurgia dell'Istituto Clinico H. di Rozzano (di seguito” “CH”), aveva subito un intervento al cuore, di sostituzione della valvola aortica ed applicazione di una protesi meccanica, deciso a seguito di visita da parte del Dott. (…) , primario del reparto, secondo il quale era necessario sostituire sollecitamente la valvola. 1. La denuncia del (…) dipendeva dall'aver avuto, dopo l'operazione, plurime indicazioni sulla non necessità di un intervento così invasivo, e comportante conseguenze di rilievo per la sua qualità di vita, essendo costretto fra l'altro a quotidiana terapia anticoagulante. 1 .2. L'indagine preliminare del Pubblico Ministero, che aveva riguardato una serie di analoghi interventi, nonché accertamenti sulla natura e caratteristiche del contratto del (…) con l'H., si era conclusa con la richiesta di rinvio a giudizio degli imputati (…) (…) e (…) i primi due dei quali hanno chiesto il giudizio abbreviato in relazione a diverse ipotesi di lesioni volontarie, gravi e gravissime, contestate ai capi A), per entrambi, ed ai capi B), C), D), E), G), F) al solo (…) di omicidio preterintenzionale ascritto al (…) sub F), nonché di falso in atto pubblico (capo 1) per l'ipotizzata soppressione e nuova formazione della lettera di dimissioni del paziente
1.3. In sostanza, in tutti i capi di imputazione riguardanti gli interventi operatori si contestava l'esecuzione senza necessità di interventi al cuore dei pazienti, di sostituzione o di plastica valvolare, o altri analoghi, perché, secondo l'accusa, non ricorrevano i presupposti/parametri universalmente riconosciuti - come sarebbe stato accertato dagli esami strumentali e cIinici effettuati da reparti specialistici interni alla struttura H. - ed era mancato un valido consenso, per non essere stati informati i pazienti della loro reale situazione pre-intervento e delle conseguenze permanenti che lo stesso avrebbe comportato. 1 .4. Quale evento lesivo di tali interventi si contestava l'aver provocato lesioni personali gravi - consistite nell'alterazione anatomica, la sternotomia, determinata dall'operazione, nella messa in pericolo della vita della persona offesa, e nella diminuzione funzionale dell'organismo per un periodo superiore ai 40 giorni ai pazienti (…) (capo A), (capo B), (capo C), (capo E), (capo G). (capo H); nonché lesioni personali gravissime al paziente (…) (capo D), essendosi determinata a suo carico come conseguenza all'intervento una diminuzione funzionale dell'organismo a tempo indeterminato ed insanabile. Al capo F) era contestato il delitto di omicidio preterintenzionale in danno di (…) in quanto il fatto di lesioni volontarie, dipendente dall'intervento realizzato nelle condizioni sopra indicate, avrebbe determinato la morte del paziente a causa di infarto perioperatorio non rilevato sino alla data delle dimissioni dalla clinica, avvenute con infarto in atto. Il delitto di falso era contestato sub 1) al (…) per avere, in concorso con altra persona, non identificata, distrutto una lettera di dimissioni dal ricovero di (…) datata 12 aprile 2005, lettera che avrebbe recato l'evidenziazione degli esami pre operatori dimostrativi della non necessità dell'intervento, e formato una seconda lettera di dimissioni, datata 15 aprile 2005, consegnata al paziente, che non conteneva la descrizione di quegli esami, ma soltanto la generica espressione di una diagnosi di “insufficienza valvolare aortica”. 2, All'esito del giudizio abbreviato, nel corso del quale era stata disposta perizia collegiale ex art. 441, co. 5 C.P.P., il Giudice dell'Udienza preliminare del Tribunale di Milano, riconosciute agli imputati le attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti contestate, ha dichiarato non doversi procedere per prescrizione in relazione ai delitti di lesione volontaria contestati sub A) e C)
(pazienti … e … ha assolto il (…) da un'imputazione per omicidio colposo in danno di (…) rubricata sub L), e ne ha affermato la responsabilità per i restanti delitti così come a lui contestati, condannandolo alla pena ritenuta di giustizia, nonché al risarcimento dei danni e rifusione delle spese a favore delle parti civili cui ha concesso provvisionali 3. Sull'appello del (…) e del (…) la Corte di Assise d'appello di Milano ha qualificato i reati di cui ai capi B), D) e G) come lesioni personali colpose gravi e gravissime, ex art, 590 C.P., ha dichiarato non doversi procedere per essere i reati estinti per prescrizione, confermando peraltro, ex art. 578 C.P.P., le statuizioni civili nei riguardi della parte civile (…) ha derubricato il delitto di omicidio preterintenzionale sub F), in quello di omicidio colposo ex art. 589 C.P., condannando il (…) alla relativa pena, con i benefici di legge, nonché alla rifusione delle spese sostenute dalle parti civili eredi l'ha infine assolto per insussistenza del fatto dalle imputazioni di lesioni di cui ai capi E) ed H), e da quella di falso sub 1) per non aver commesso il fatto, revocando le statuizioni civili adottate nei confronti della parte civile 3.1. Hanno proposto ricorso per cassazione il (…) - che ha anche depositato memoria -
il Procuratore generale presso la Corte d'appello di Milano e le parti civili, eredi di (…). 4. lI Procuratore generale presso la Corte d'appello di Milano ricorre con riferimento all'assoluzione dell'imputato dai delitti di cui al capo E) - p.o. (…) - al capo H) - p.o. (…) - e dal reato di falso continuato di cui al capo 1), nonché alla derubricazione dei reati di lesioni volontarie ed omicidio preterintenzionale, rispettivamente, nei reati di lesioni colpose ed omicidio colposo. 4.1. Con il primo motivo deduce vizio di motivazione; afferma che la Corte territoriale, dopo esser partita da elementi di fatto ritenuti accertati, circa l'interesse economico del (…) ad incrementare gli interventi operatori, la non necessità degli interventi di cui all'imputazione e l'insufficiente informazione ai pazienti - soprattutto in merito all'esito degli accertamenti preoperatori che non evidenziavano indicazione di intervento chirurgico - ed avere ritenuto che la decisione di intervenire, nonostante le risultanze in senso contrario degli esami interni e senza informazione ai pazienti, era da far risalire al suo interesse economico all'incremento del numero di interventi, non ne avrebbe tratto le logiche conseguenze in tema di elemento soggettivo, finendo per sostenere che l'imputato era sostanzialmente animato da “intento terapeutico” con un inconferente riferimento alla sentenza della Corte di Cassazione a Sezione Unite n. 2437/08, che si era invece occupata di un caso del tutto diverso. 4.1.2. Non sarebbe corretto il ragionamento del giudice d'appello, secondo il quale, (…) per il ricorrere del dolo, oltre a volere l'alterazione anatomica insita nella stessa operazione, avrebbe dovuto voler procurare al paziente la malattia, intesa come menomazione funzionale, perché trascurerebbe l'esistenza di elementi derivanti dagli accertamenti preoperatori, comunicati al prevenuto, che deponevano per la possibilità di opzioni alternative e che avrebbero dovuto orientare verso una soluzione diversa dall'intervento chirurgico, della cui possibilità non sarebbero stati avvertiti i pazienti nell'imminenza dell' intervento. Il prevenuto avrebbe agito con la piena consapevolezza di provocare ai pazienti tutte le conseguenze fisiche di inutili operazioni (anche quindi quella menomazione permanente dovuta alla sostituzione di una valvola cardiaca) ed avrebbe accettato che ciò avvenisse pur di trarne un profitto economico. 4.1.3. Se la Corte avesse correttamente preso in esame tutti gli elementi accertati a carico di (…) e concatenazione logica, non avrebbe potuto secondo il ricorrente Procuratore generale, che ravvisare il dolo, risolventesi nella coscienza e volontà dell'evento lesivo conseguente ad un intervento chirurgico eseguito non in funzione della salute del paziente, ma per tornaconto personale, avendo l'imputato - per un interesse economico - scientemente operato pazienti, per i quali in quel momento l'intervento chirurgico non era necessario, senza informarli di quelle mutate condizioni per timore di lasciarseli sfuggire. 4.2. Con il secondo motivo deduce contraddittorietà della motivazione, in quanto, il giudice d'appello, mentre dava atto che era risultato un grossolano errore dei periti, nell'aver nella loro relazione accettabile l'intervento effettuato sul (…) quando poi era emerso ed era stato dai medesimi periti ammesso al dibattimento che l'indicazione per l'intervento mancava, poi non ne aveva tratto la logica conseguenza in tema di elemento soggettivo del reato, che era stato collegato a colpa, mentre l'esecuzione dell'intervento non necessario, in contrasto con le indicazioni provenienti anche da chi aveva svolto i preliminari accertamenti, avrebbe dovuto avere una qualificazione dolosa, proprio per la connotazione di profitto che lo contrassegnava come gli altri oggetto di indagine. 4.3. Con il terzo motivo deduce violazione di legge per l'intervenuta assoluzione dell'imputato dal delitto di falso, per esser rimasto ignoto l'autore della falsificazione della lettera di dimissioni, dal momento che quest'ultima non sarebbe stata attribuibile alla mano dell'imputato. 4.3.1 .La sentenza della Corte di merito avrebbe violato i principi in tema di concorso di persone nel reato, pur avendo riconosciuto che nel capo di imputazione era stato contestato a (…) di avere agito in concorso con persona non identificata, insieme e d'accordo con il non individuato autore materiale del fatto. 4.3.2. Gli stessi giudici di appello avrebbero dato conto di tutti gli elementi indicativi del fatto che l'imputato aveva agito in modo che quel risultato (soppressione del primo documento e compilazione del secondo) si attuasse, avendo egli prelevato la prima lettera di dimissioni, già in cartella e poi soppressa, ed avendo insistito affinché fosse modificata, modifica alla quale era interessato. 4.4. Con il quarto motivo deduce vizio logico di motivazione e violazione di legge con riferimento all'assoluzione del prevenuto per insussistenza del fatto dai delitti lui ascritti ai capi H) - p.o. (…) -ed E) -p.o. (…). 4.4.1. I giudici d'appello avrebbero erroneamente demandato ai periti la decisione, accogliendo le loro conclusioni sulla non inutilità dei due interventi, con una motivazione inadeguata che non teneva conto delle argomentazioni in senso contrario della sentenza di primo grado, della presenza di contributi tecnici di segno diverso, e finendo quindi per accogliere acriticamente le conclusioni del collegio tecnico, senza tener conto che in un altro caso proprio gli stessi giudici avevano rilevato i gravi errori commessi dai periti. 4.4.2. Per il caso (…) poi, non s'era tenuto conto del fatto, oggettivamente accertato, dell'avvenuta falsificazione della lettera di dimissioni portante indicazioni che si ponevano in contraddizione con la scelta in concreto effettuata dal prevenuto di operare.
4.4.3. Vizio di motivazione si potrebbe ravvisare per il ricorrente anche sulla questione del miglioramento delle condizioni del paziente; circostanza che - nei casi (…) e (…) - avrebbe contribuito ad orientare l'opinione dei periti circa l'accettabilità dell'intervento chirurgico e conseguentemente a portare all'assoluzione di (…) per insussistenza del fatto addebitatogli. Non avrebbe considerato il giudice d'appello che i due pazienti avevano continuato, anche dopo l'operazione a soffrire di quei medesimi sintomi manifestati prima, senza alcuna remissione, circostanza bene evidenziata dal GUP, ma ignorata dalla Corte.
5. Il ricorso delle p.o. eredi di (…), che si ricollega agli ultimi motivi del ricorso del Procuratore generale, si articola su due motivi.
5.1. Con il primo deduce insufficienza, contraddittorietà ed illogicità della motivazione in relazione al capo H) quanto all'assoluzione del (…) dal delitto di lesioni commesso in danno del (…) avendo la Corte di Assise d'appello ritenuto attendibili le risultanze della perizia medica collegiale, senza considerare le risultanze della prova dichiarativa in data 11.12.2008 (audizione dei sanitari firmatari dell'elaborato, a cui il ricorso fa diffuso riferimento, riportando passi della verbalizzazione dibattimentale), nonché le altre evidenze fattuali e nella parte in cui esclude la sussistenza dell'elemento soggettivo del dolo, nonostante l'accertato sistema del c.d. cottimo chirurgico, ed anche in contraddizione con altro passo della motivazione in cui si da atto della non necessità dell' intervento. 5.2. Con il secondo motivo deduce contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione quanto all'assoluzione dal delitto di falso rubricato sub 1) avendo la corte territoriale, da un lato ritenuto dimostrato il fatto, e dall'altro ritenuto non ascrivibili all'imputato i delitti accertati di soppressione e falso in atti pubblici, nonostante gli elementi probatori emersi in giudizio, anche con riferimento alle caratteristiche dell'intervento ed alle motivazioni che avrebbero determinato
il prevenuto ad agire. 6. Ricorre per cassazione il (…) in relazione all'affermazione di responsabilità per iI reato di cui all'art. 589 C.P. (capo F) ed alle relative statuizioni civili; alla declaratoria di estinzione del reato per prescrizione quanto ai capi A), B), C), D) e G); nonché alla conferma delle statuizioni civili in relazione al capo D). 6.1. Con il primo motivo deduce violazione di legge quanto alla ritenuta responsabilità per il reato di cui al Capo F), nonché mancanza e contraddittorietà della motivazione sulla richiesta di rinnovazione dell'istruzione dibattimentale al fine di procedere all'esame dei consulenti tecnici della difesa, nonché ad una nuova audizione dei periti, quali incombenti indispensabili per una corretta valutazione dei fatti. 6.1.1. Nell'atto d'appello era stato dedotto che tale richiesta, rivolta al G.U.P., era stata poi totalmente ignorata dal giudice; la Corte territoriale, sollecitata sul punto, non aveva ritenuto l'assoluta necessità di integrazioni probatorie al fine del decidere, ma, in seguito, nel motivare la sentenza contraddittoriamente avrebbe, da un lato, valorizzato la perizia per essere chiara ed esauriente, e dall'altro, criticato la sua debolezza argomentativa, che aveva considerato tale da inficiarne irrimediabilmente l ‘univocità.
Tutto questo dopo aver manifestato la propria incompetenza in campo medico-chirurgico.
6.2. Con il secondo articolato motivo deduce nullità della sentenza in relazione al Capo F), quanto all'addebito di aver eseguito per colpa un intervento chirurgico non indicato ed aver poi dimesso il paziente nonostante un infarto in atto. Lamenta in primo luogo la contraddittorietà della motivazione, avendo, il giudice d'appello, da un lato affermato di aver posto a fondamento della decisione la perizia e le conclusioni peritali, considerando quale linea di demarcazione tra soluzione assolutoria o meno il responso peritale in tema di necessità o inutilità dell' intervento, e, dall'altro, ripetutamente svalutato le conclusioni dei periti, in contraddizione con tali premesse.
6.2.1. La Corte di merito avrebbe poi più volte travisato la prova, sia nel riportare con significative omissioni le argomentazioni dei periti, sia nel fraintendere il senso di alcune altre, con riguardo al tema dell'indicazione chirurgica, e da ciò sarebbe derivata un'immotivata esaltazione degli esami ecocardiografici, nonché degli errori commessi dai periti nel commentarli che il ricorrente considera banali ed ininfluenti - con la parallela, totale, obliterazione di tutti gli elementi che concorrevano, per contro, a segnalare la correttezza dell'indicazione chirurgica. 6.2.2. Deduce poi contraddittorietà di motivazione in merito al valore delle linee guida in generale, e nel caso di specie, per essersi la Corte territoriale limitata ad enunciare quanto affermano le linee guida riguardo all'entità della dilatazione dell'aorta ascendente indicativa della necessità di intervento, ed aver omesso di considerare quant' altro rilevato dai periti sulla natura, funzioni e limiti delle linee guida, in generale e specificamente trattando del caso. 6.2.3. Si deduce infine violazione di legge e difetto di motivazione, con riguardo ai profili di colpa per l'infarto perioperatorio, in considerazione sia della natura dell'intervento , sia della presenza di una grave coronaropatia occulta che nessun esame aveva a stata riscontrata solo in sede di autopsia.
6. Ricorre per cassazione il (…) in relazione all'affermazione di responsabilità per il reato di cui all'art. 589 C.P. (capo F) ed alle relative statuizioni civili; alla declaratoria di estinzione del reato per prescrizione quanto ai capi A), B), C), D) e G); nonché alla conferma delle statuizioni civili in relazione al capo D).
6.1. Con il primo motivo deduce violazione di legge quanto alla ritenuta responsabilità per il reato di cui al Capo F), nonché mancanza e contraddittorietà della motivazione sulla richiesta di “rinnovazione dell'istruzione dibattimentale al fine di procedere all'esame dei consulenti tecnici della difesa, nonché ad una nuova audizione dei periti, quali incombenti indispensabili per una corretta valutazione dei fatti”.
6.1.1. Nell'atto d'appello era stato dedotto che tale richiesta, rivolta al G.U.P., era stata poi totalmente ignorata dal giudice; la Corte territoriale, sollecitata sul punto, non aveva ritenuto l'assoluta necessità di integrazioni probatorie al fine del decidere, ma, in seguito, nel motivare la sentenza contraddittoriamente avrebbe, da un lato, valorizzato la perizia per essere chiara ed esauriente, e dall'altro, criticato la sua debolezza argomentativa, che aveva considerato tale da inficiarne irrimediabilmente I ‘univocità. Tutto questo dopo aver manifestato la propria incompetenza in campo medico-chirurgico. 6.2. Con il secondo articolato motivo deduce nullità della sentenza in relazione al Capo F), quanto all'addebito di aver eseguito per colpa un intervento chirurgico non indicato ed aver poi dimesso il paziente nonostante un infarto in atto. Lamenta in primo luogo la contraddittorietà della motivazione, avendo, il giudice d'appello, da un lato affermato di aver posto a fondamento della decisione la perizia e le conclusioni peritali, considerando quale linea di demarcazione tra soluzione assolutoria o meno il responso peritale in tema di necessità o inutilità dell'intervento, e, dall'altro, ripetutamente svalutato le conclusioni dei periti, in contraddizione con tali premesse. 6.2.1. La Corte di merito avrebbe poi più volte travisato la prova, sia nel riportare con significative omissioni le argomentazioni dei periti, sia nel fraintendere il senso di alcune altre, con riguardo al tema dell'indicazione chirurgica, e da ciò sarebbe derivata un' immotivata esaltazione degli esami ecocardiografici, nonché degli errori commessi dai periti nel commentarli - che il ricorrente considera banali ed ininfluenti - con la parallela, totale, obliterazione di tutti gli elementi che concorrevano, per contro, a segnalare la correttezza dell'indicazione chirurgica. 6.2.2. Deduce poi contraddittorietà di motivazione in merito al valore delle linee guida in generale, e nel caso di specie, per essersi la Corte territoriale limitata ad enunciare quanto affermano le linee guida riguardo all'entità della dilatazione dell'aorta ascendente indicativa della necessità di intervento, ed aver omesso di considerare quant'altro rilevato dai periti sulla natura, funzioni e limiti delle linee guida, in generale e specificamente trattando del caso
6.2.3. Si deduce infine violazione di legge e difetto di motivazione, con riguardo ai profili di colpa per l'infarto perioperatorio, in considerazione sia della natura dell'intervento, sia della presenza di una grave coronaropatia occulta che nessun esame aveva evidenziato e che era stata riscontrata solo in sede di autopsia. 6.3. Con il terzo motivo deduce nullità della sentenza in relazione al Capo F), quanto alla ritenuta sussistenza del nesso causale fra la dimissione del paziente con infarto in atto e il decesso, per mancanza, manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione, travisamento della prova, emergenti anche dal raffronto tra il provvedimento e gli atti del processo, nonché per aver trascurato le doglianze specificatamente indicate nei motivi di appello. 6.3.1. La relazione peritale, confermata nel dibattimento, aveva evidenziato che, sebbene l‘infarto post-operatorio, il primo, non fosse stato tempestivamente riconosciuto dai medici dell' ICH, in ogni caso il trattamento terapeutico doveroso e necessario per affrontare quella patologia non sarebbe stato diverso da quello effettivamente attuato, come dimostrato dal fatto che in seguito, all'Ospedale di Rho sarebbe stata adottata la medesima terapia alla quale era sottoposto il (…) all'atto della dimissione dall'ICH. 6.3.2. La Corte territoriale avrebbe disatteso tali indicazioni ritenendo la rilevanza causale della dimissione: - per l'inaccettabilità dell'intervento del 1° febbraio 2005 presso la Clinica H.; - per il collegamento causale fra primo infarto ed intervento;
- per la complessiva condizione di stress perioperatorio su paziente con apparato cardiovascolare già compromesso ed in precario compenso, sostenendo poi che non vi sarebbe stata la prova che, se fosse stato evidenziato l'infarto in atto ed il paziente non fosse stato dimesso, sarebbe deceduto ugualmente. 6.3.3. Il ricorrente denuncia, in tema di nesso causale, l'inconferenza delle affermazioni della Corte di merito, il travisamento, la mancata considerazione e la non adeguata confutazione delle specifiche conclusioni dei periti al proposito, anche in relazione all'ipotizzata incidenza dell'avvenuta adozione della terapia opportuna solo presso l'Ospedale di Rho, nonché dei rilievi del gravame in ordine all'ininfluenza del primo infarto sul successivo decesso, posto che era emerso che il paziente era stato dimesso dall'Ospedale di Rho ed avviato ad una struttura riabilitativa proprio per l'accertato superamento dell'infarto, senza problemi emodinamici. 6.3.4. Lamenta infine La manifesta illogicità del ragionamento della Corte territoriale, secondo la quale, essendo la dimissione con infarto in atto in grado di determinare l'exitus, mancherebbe la prova che sarebbero state inutili ad impedire l'evento la tempestiva diagnosi dell'infarto e l'adozione di terapie adeguate; rileva al proposito il ricorrente che non sarebbe provata l'esattezza della premessa da cui parte la Corte, la quale non avrebbe tenuto conto dell'affermazione dei periti per cui le terapie di contrasto erano già in atto, ed inoltre che la correttezza del ragionamento controfattuale avrebbe dovuto imporre al giudice di dimostrare che, se il paziente non fosse stato dimesso con infarto in atto, il decesso non si sarebbe verificato, non il contrario. 6.4. Con il quarto motivo deduce nullità della sentenza in relazione al Capo F) per non aver la Corte territoriale neppure preso in considerazione le censure dell'appello in merito alla propria personale responsabilità per la dimissione del paziente con infarto in atto, affermata dal primo giudice senza - nelle prospettazioni del gravame - che vi fosse stata la sia pur minima indagine volta ad accertare l'effettiva partecipazione e la sua presenza in clinica nella fase successiva all'intervento chirurgico, dalla data di insorgenza dell'infarto e fino alla dimissione del paziente dalla H. Il GUP aveva ritenuto che nell'immediato periodo post-operatorio s'erano verificati comportamenti colposi di più persone e certamente del primario, la cui responsabilità sarebbe stata data per scontata per una sorta di responsabilità oggettiva, in violazione dell'art. 27 della Costituzione. 6.5. Con il quinto articolato motivo deduce nullità della sentenza in relazione al Capo F), quanto all'asserita sussistenza di un movente economico, per violazione di legge, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione e travisamento della prova, emergenti dal testo e dal raffronto tra il medesimo e gli atti del processo, nonché per omessa considerazione delle doglianze specificatamente indicate nei motivi di appello. 6.5.1. Quanto ai pretesi termini del contratto intercorrente fra il Dr.(…) e l'Istituto Clinico H. ed alla ritenuta sussistenza del c.d. movente economico, la Corte d'Assise d'Appello, pur non concordando con il primo giudice sulla rilevanza, quanto all'elemento soggettivo, del trattamento economico del prevenuto, ha ritenuta confermata, sulla base delle dichiarazioni del teste l'esistenza di quello che viene definito cottimo della cardiochirurgia, riportando a tale movente la decisione di procedere ad interventi non altrimenti giustificabili con specifico riferimento al caso la sentenza avrebbe identificato la colpa
del prevenuto in un'asserita “forzatura” dell'indicazione chirurgica, derivante da pretesa negligente valutazione dei presupposti dell'intervento, “probabilmente a causa del movente economico”.
6.5.2. Secondo il ricorrente, la Corte territoriale avrebbe in parte travisato il testo ed in parte omesso di considerare le dichiarazioni del (…) - alle quali pure aveva ricondotto la prova
dell' esistenza di quel sistema di compenso, considerato alla base delle decisioni di procedere ad interventi non necessari - e da ciò sarebbe dipeso anche il travisamento dell'esito di prova delle
stesse dichiarazioni, sull'ammontare e soprattutto sulla composizione degli emolumenti relativi agli interventi, non essendosi considerato che in realtà gli incrementi retributivi sarebbero stati collegati solo agli interventi realizzati al di sopra del limite dei 600 annui, con minima incidenza sul totale.
6.5.3. illegittimamente e contraddittoriamente poi la Corte territoriale avrebbe sostenuto che la difesa non aveva offerto “la minima prova documentale” del fatto che il bonus di €. 500,0011 a intervento riguardasse i soli interventi a carico del SSN, ulteriori rispetto ai primi 600, omettendo di considerare che spetta all'accusa l'onere della prova dei fatti costitutivi della responsabilità.
6.5.4. Deduce poi travisamento della prova, nonché difetto ed illogicità della motivazione, riguardo al fatto che il contratto in essere fra il (…) e l'ICH avrebbe inevitabilmente indotto il cardiochirurgo ad eseguire colposamente, in mancanza dei necessari presupposti, l'intervento praticato al di cui al Capo E) e gli interventi chirurgici di cui ai Capi A), B). C), D) e G). Sostiene che la Corte territoriale sarebbe partita dalla premessa, non riscontrata e smentita, che al primario spettassero almeno €. 300.000,00 (in ragione di €. 500,00 ad intervento) qualora gli interventi praticati presso la Cardiochirurgia avessero superato il numero di 600 all'anno, e che tale pratica avrebbe comportato di per sé “le inevitabili emerse forzature di una indicazione chirurgica spesso non necessaria”; inoltre il giudice d'appello nella valutazione complessiva della situazione sarebbe incorso in travisamento delle dichiarazioni testimoniali, posto che nessun teste avrebbe dichiarato che presso l'H. vi era stata in quel periodo una particolarmente intesa attività di cardiochirurgia, in assenza peraltro di accertamenti sull'intensità di un'attività del genere presso altre comparabili strutture ospedaliere.
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Depositata in Cancelleria il 06.09.2011
11-09-2011 00:00
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