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Sentenza

AL MOLESTATORE PUÒ APPLICARSI LA CUSTODIA CAUTELARE PRESSO L'OSPEDALE PSICHIATRICO GIUDIZIARIO?  Cassazione, sez. V, 2 agosto 2011, n. 30573
AL MOLESTATORE PUÒ APPLICARSI LA CUSTODIA CAUTELARE PRESSO L'OSPEDALE PSICHIATRICO GIUDIZIARIO? Cassazione, sez. V, 2 agosto 2011, n. 30573
Cassazione, sez. V, 2 agosto 2011, n. 30573

(Pres. Rotella – Rel. Bevere)

 

 

Fatto e diritto

Con ordinanza 4.1.2011, il tribunale di Brescia ha rigettato il riesame presentato nell'interesse di B.D. e ha confermato l'ordinanza 15.10.2010, emessa del Gip del tribunale di Mantova con la quale era stata applicata, in via provvisoria, la misura di sicurezza del ricovero in un ospedale psichiatrico giudiziario, previa revoca della misura cautelare della custodia in carcere, nell'ambito del procedimento instaurato in ordine al reato di atti persecutori in danno Be.Ch., fino al (omissis).

Il difensore ha presentato ricorso per i seguenti motivi:

1. violazione di legge in riferimento agli artt. 313, 294 c.p.p. e 202, 206 c.p., per omesso successivo interrogatorio di garanzia.

Secondo il ricorrente il provvedimento avrebbe perso efficacia per omesso interrogatorio, ex art. 313 co. 1 c.p.p., del B. nel termine di 5 giorni dalla data di esecuzione dell'ordinanza, al fine di verificare l'attualità della sua pericolosità e della permanenza delle condizioni legittimanti la misura. Questo interrogatorio non può essere surrogato - come sostiene il tribunale - dall'interrogatorio svolto nel corso delle indagini sul merito dei fatti contestati (sez. I n. 24061 dell'8.5.03).

L'art. 313 c.p.p., nel disciplinare il procedimento di applicazione della misura di sicurezza provvisoria, dispone che il giudice provveda, a norma dell'art. 292 c.p.p., previo accertamento della pericolosità sociale, e, ove non sia possibile procedere all'interrogatorio, si applica l'art. 294 c.p.p..

2. violazione di legge,in riferimento agli artt. 202,206 c.p. e 312, 313 c.p.p..

Il giudice ha applicato la misura di sicurezza sulla base di un giudizio prognostico astratto, in quanto basato sulla nota interlocutoria del perito, nella quale il B. è definito socialmente pericoloso, in considerazione delle manifestazioni che in generale caratterizzano il disturbo bipolare di tipo affettivo di cui soffre l'indagato, senza che sia stato effettuato alcun esame dello stesso, in contrasto con le osservazioni della dottoressa M., che aveva riferito,il 28.12.09, di precedenti ricoveri, senza alcun richiamo alla sua pericolosità.

Il ricorrente basa le sue critiche sull'orientamento giurisprudenziale, secondo cui è illegittima la misura di sicurezza per omessa valutazione dell'attualità della pericolosità dell'imputato (sez. IV, n. 5001 depositata il 4.2.09, in tema di riparazione di ingiusta detenzione). L'applicazione della misura non può fondarsi sull'esame di sole emergenze di natura medicopsichiatrica, ma implica la verifica globale delle circostanze di cui all'art. 133 c.p., espressamente richiamate dall'art. 203 c.p. (sez. I n. 4094 del 7.1.2010)

Nel caso in esame,il giudice si è basato su documentazione richiamata dalla nota interlocutoria del perito, relativa ad accertamenti risalenti ad epoca anteriore ai fatti di causa. Non è stato inoltre valorizzato il disposto letterale degli artt. 88 e 89 c.p., secondo cui non basta ai fini della imputabilità,l'accertamento dell'infermità, ma è necessario accertare in concreto se e in quale misura abbia inciso effettivamente sulla capacità di intendere e di volere. Il tribunale si è limitato ad accertare il disturbo della personalità suindicato, trascurando di accertare se questo sia inquadrabile nel novero delle malattie mentali e se l'eventuale infermità sia tale da far scemare grandemente o escludere l'imputabilità dell'indagato, in connessione eziologica con il reato.

3. vizio di motivazione: il giudice trascura di argomentare l'inadeguatezza di misure meno afflittive, tenendo conto del tempo intercorso tra gli ultimi accertamenti medico psichiatrici e la data dei fatti contestati. L'ordinanza si limita ad affermare che il ricovero nell'ospedale psichiatrico giudiziario è l'unica misura di sicurezza, motivando così in maniera apparente,del tutto insufficiente a spiegare l'inadeguatezza delle strutture alternative.

Il ricorso non merita accoglimento.

Quanto al primo motivo, l'ordinanza ha correttamente rilevato l'infondatezza della doglianza relativa al mancato espletamento dell'interrogatorio di garanzia, nel termine di cinque giorni dalla data dell'esecuzione della misura di sicurezza.

L'art. 313 co 1 c.p.p., in base al consolidato orientamento interpretativo, prevede che un'audizione specifica del prevenuto sia necessaria solo nel caso in cui non vi sia stato un precedente interrogatorio, nel corso del quale egli abbia avuto modo di esporre le proprie ragioni. Tale facoltà è stata riconosciuta al B., dopo l'emanazione del provvedimento coercitivo,eseguito il 19.7.2010, grazie all'interrogatorio 22.7.2010, funzionale a quelle funzioni di garanzia che svolge con riguardo all'intero sistema delle misure cautelari (sez. I, n. 40141 del 22.9.09 riv 245202; id, n. 31309 del 19.6.02 rv 222303). Questo interrogatorio non è invece preordinato a verificare la sussistenza della pericolosità sociale dell'indagato, accertamento che ha preceduto l'adozione della misura provvisoria (avvenuta il 15.10.2010) mediante la relazione peritale, datata lo stesso 15.10.2010.

Quanto alla fondatezza dell'accertamento della pericolosità del B., le valutazioni dell'ordinanza non si sono basate soltanto su astratte e generali argomentazioni, collegate allo stato di disturbo bipolare di tipo affettivo e sulla prognosi derivante dal quadro clinico derivante da accertamenti degli anni precedenti. Il giudizio di pericolosità e la prognosi su comportamenti penalmente rilevanti sono stati sviluppati dai giudici, grazie all'esame di concreti e recenti comportamenti persecutori ed aggressivi del B., descritti dettagliatamente nella ordinanza applicativa della misura carceraria 19.7.2010, confermati nella successiva ordinanza 11-12 agosto di rigetto della richiesta di riesame, non contestati dalla difesa in atto di gravame. Le ossessive telefonate quotidiane, alla persona offesa, raggiunta anche sul posto di lavoro - progressivamente in ascesa sino a raggiungere il numero elevato e insopportabile indicato dalla persona offesa - le visite anche al posto di lavoro, le minacce anche di morte (ti ucciderò con la motosega, ammazzerò te e i tuoi figli e tuo marito, ti porterò al cimitero di …) dipingono un quadro sicuramente non astratto, ma di concreta e drammatica aggressione alla sfera psichica della donna, con inevitabile determinazione di un grave e stato di ansia - che ne aggrava lo stato di salute - e di fondato timore per la propria incolumità, rendendo necessario il mutamento delle proprie abitudini di vita, collegate ai contatti telefonici. L'accertamento peritale ha messo poi in chiara e incontestata evidenza che lo stato del B. non è caratterizzato da transitoria e fugace situazione di squilibrio psicologico, in quanto il perito ha ricostruito la pluridecennale evoluzione di questo stato, che si traduce in una personalità incontenibile e refrattaria al rispetto dell'altrui dignità e dell'altrui incolumità fisiopsichica. La dottoressa M., del servizio psichiatrico dell'azienda ospedaliera …, aiuto primario del CPS, che ne ha controllato e seguito l'evoluzione patologica (le cui valutazioni sono richiamate dal difensore), ha confermato che il B. manifesta comunque comportamenti reattivi e minacciosi nei confronti anche degli operatori, soprattutto negli ultimi tre anni, in cui l'eclatanza è rivolta verso oggetti e verso le persone, attraverso minacce,espresse con parole e con scritti. Gli accertamenti tecnici, sinora svolti nel corso delle indagini preliminari, hanno accertato - secondo la condivisibile valutazione provvedimento impugnato - lo stato patologico, in stretta connessione con lo status di pericolosità sociale con i fatti in esame; tali accertamenti sono stati necessariamente contenuti nei confini di esigenze di carattere processuale e di contingente tutela delle esigenze di prevenzione speciale, e in questa prospettiva di provvisorietà sono state adottate le misure cautelari in esame, la cui legittimità è indenne da qualsiasi censura. Quanto al terzo motivo dell'impugnazione, si osserva che i giudici di merito hanno finora svolto accertamenti idonei a mettere in evidenza come unico freno idoneo a far fronte e a governare gli istinti minacciosi e aggressivi del B. sia costituito dalla massima limitazione della sua libertà e come, logicamente, ogni altra misura meno affittiva sia del tutto inefficace rispetto agli ineludibili fini preventivi. La prognosi su proiezione nel futuro di tale collaudata e consolidata forza aggressiva è quindi del tutto razionale, come è razionale il giudizio di inidoneità delle altre misure a far fronte alle esigenze di prevenzione speciale. Razionalmente è stato ritenuto che non sia applicabile a persona di alto spessore trasgressivo una misura cautelare, la cui esecuzione - libera dalle dovuti e costanti controlli - sia affidata in gran parte all'autocustodia dell'interessato, rendendo consistente il pericolo che questi si sottragga alle necessarie osservazioni e alle immediate misure e persista negli atti di prevaricazione e di offesa nei confronti di terzi. A fronte del preciso quadro della capacità a delinquere, dell'attualità e della esclusiva idoneità della misura prescelta, nessuna omissione è addebitabile al tribunale, se non ha effettuato un' analisi, misura per misura, degli altri provvedimenti cautelari previsti dalla legge. Il ricorso va quindi rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. La cancelleria darà le comunicazioni di cui all'art. 94 disp. att. c.p.p..

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali art. 94 disp. att. c.p.p..
Avv. Antonino Sugamele

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