Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 24/01/2022) 20-04-2022, n. 15216
Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 24/01/2022) 20-04-2022, n. 15216
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LIBERATI Giovanni - Presidente -
Dott. GENTILI Andrea - rel. Consigliere -
Dott. SEMERARO Luca - Consigliere -
Dott. MACRI' Ubalda - Consigliere -
Dott. AMOROSO Maria Cristina - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
S.G., nata a (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 1519/19 del Tribunale di Trapani del 5 dicembre 2019;
letti gli atti di causa, la sentenza impugnata e il ricorso introduttivo;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GENTILI Andrea;
sentito il PM, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. PRATOLA Gianluigi, il quale ha concluso chiedendo la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
Svolgimento del processo
Con atto del 16 aprile 2020 S.G., assistita dai propri difensori fiduciari, ha impugnato, tramite lo strumento del ricorso in grado di appello, la sentenza n. 1549/2019 con la quale, il precedente 5 dicembre 2019, il Tribunale di Trapani aveva dichiarato la penale responsabilità della medesima in ordine al reato a lei dichiarato, avente ad oggetto la violazione della L. n. 394 del 1991, art. 30, comma 1, in riferimento all'art. 19, comma 3, lett. b), della medesima legge, per avere installato, sino alla data di contestazione del reato, cioè il 10 agosto 2015, n. 10 elementi galleggianti d'ormeggio, nei pressi dell'area portuale di Favignana, in località Praia, in tal modo determinando una modificazione geofisica in una zona di interesse ambientale, senza avere previamente conseguito l'autorizzazione dell'ente gestore l'Area marina protetta delle isole Egadi, e la aveva, pertanto, condannata alla pena di Euro 5.000,00 di ammenda, oltre accessori, condannando altresì la imputata al risarcimento del danno civile nei confronti della costituita parte civile, Comune di Favignana, da determinarsi di fronte alla competente sede, liquidando in favore di questo una provvisionale pari ad Euro 10.000,00.
Con provvedimento del 17 giugno 2021 la Corte di appello di Palermo, riqualificato il ricorso di fronte ad essa proposto dalla S., essendo lo stesso rivolto nei confronti di sentenza inappellabile in quanto contenente la condanna dell'imputata alla sola pena dell'ammenda, come ricorso per cassazione, ha disposto la trasmissione degli atti a questa suprema Corte.
L'impugnazione in tal modo riqualificata consta di 5 motivi.
Con il primo la ricorrente difesa ha lamentato la mancata assoluzione della ricorrente stante la ritenuta carenza dell'elemento oggettivo del reato contestato; in particolare, premesso che la Marina di Favignana Srl, cioè la società per conto della quale la S. ha operato, era titolare della concessione demaniale marittima n. 83 del 2005, originariamente rilasciata ad altra società cui, attraverso passaggi regolarmente autorizzati era subentrata la citata Marina di Favignana, rinnovata sino al 31 dicembre 2015, aveva errato il Tribunale di Trapani nel ritenere siffatto atto concessorio illegittimo in quanto adottato in assenza del parere previsto dalla normativa e comunque oramai scaduto.
Con il secondo motivo la ricorrente difesa si è lagnata sostenendo che la S. sarebbe dovuta essere assolta per carenza dell'elemento soggettivo del reato a lei ascritto; osserva sul punto la ricorrente difesa che la S. aveva regolarmente operato sulla base della concessione demaniale marittima da lei goduta; avendo anche visto rigettata la richiesta di revoca in autotutela della concessione demaniale marittima sollecitata dalla gestione della Area marina protetta e rigettata dall'Assessorato regionale siciliano per il territorio e l'ambiente; essa, pertanto, aveva sempre agito facendo affidamento sulla legittimità del proprio titolo concessorio.
Il terzo motivo di ricorso ha ad oggetto la non punibilità del fatto ai sensi dell'art. 131-bis c.p..
In via ulteriormente subordinata la ricorrente ha lamentato che non le fossero stata concesse, senza che ne sia stata giustificata la ragione, le circostanza attenuanti generiche, sollecitandone pertanto il riconoscimento con condanna al minimo della pena.
Infine la difesa della S. ha contestato la sentenza impugnata quanto all'avvenuto risarcimento del danno civile, essendo stato questa ravvisato nella lesione del prestigio e della reputazione dell'ente sotto il profilo della efficacia della azione di custodia e valorizzazione dei beni ambientali ad esso demandata; ha rilevato la ricorrente che la lesione alla propria immagine lamentata dal Comune di Favignana presupporrebbe l'avvenuta lesione del bene ambientale, non adeguatamente tutelato dal Comune; non essendosi, tuttavia, verificatasi tale lesione, tanto che la stessa imputata è stata assolta dalla contestazione avente ad oggetto la violazione degli artt. 733-bis e 734 c.p. anche la derivante lesione dell'immagine pubblica del Comune non si sarebbe verificata.
Motivi della decisione
Il ricorso proposto è risultato fondato e, pertanto, la sentenza impugnata deve essere annullata.
Considerato, preliminarmente che, per ragioni di economia processuale appare più opportuno procedere prioritariamente allo scrutinio del secondo motivo di impugnazione presente nel ricorso presentato dalla ricorrente, osserva, infatti, il Collegio che nella sentenza impugnata - che pur dà conto sia del fatto che la concessione demaniale di cui la S. era titolare era stata prorogata (non si precisa in sentenza se la proroga era stata disposta ex lege ovvero per effetto di una valutazione discrezionale della Amministrazione locale, sino al 31 dicembre 2015, quindi ben oltre la data di chiusura della contestazione a lei mossa - si afferma la sussistenza dell'elemento soggettivo in capo alla imputata senza darsi carico della complessità e della stratificazione della normativa vigente in materia - affermando, ad esempio, il Tribunale, in termini affatto argomentati, che alla fattispecie, pur nella sua continuità provvedimentale con l'originaria concessione demaniale, andrebbe applicata la intervenuta modifica in termini di formalità procedimentali, senza in alcun modo valutare se, invece, la proroga della concessione demaniale, proprio perchè provvedimento il cui contenuto è quello di differire, tgo più se per effetto di una disposizione legislativa di carattere generale, la scadenza degli Affetti di un precedente atto presupposto, debba essere disposta sulla base delle disciplina vigente al momento della originaria adozione del provvedimento accrescitivo (come, d'atra parte, parrebbe ritenere, in ciò giustificando un legittimo affidamento della ricorrente sulla correttezza del proprio operato, anche il competente Assessorato ragionale che, pur sollecitato dagli organi della Area marina protetta, non ha provveduto nè ad annullare nè a revocare in autotutela la proroga della concessione rilasciata in assenza delle formalità procedimentali ritenute necessaria dal Tribunale per effetto dello jus novum).
Ritiene, al proposito, opportuno il Collegio ricordare che questa Corte ha avuto modo di chiarire che in materia contravvenzionale la buona fede del trasgressore può costituire causa di esclusione della responsabilità penale allorquando il comportamento antigiuridico sìa stato determinato da un fatto positivo dell'autorità amministrativa, idoneo a produrre uno scusabile convincimento di liceità della condotta posta in essere (Corte di cassazione, Sezione III penale, 9 ottobre 2014, n. 42201).
Nella fattispecie il Tribunale di Trapani ha del tutto omesso di valutare in che misura l'attività della pubblica amministrazione sia stata capace di determinare nell'imputata l'erroneo convincimento della regolarità e completezza degli adempimenti a quella spettanti - e quindi la buona fede della S. - per fatto estraneo all'agente, fattore questo che inciderebbe sulle stesse condizioni sulle quali fondare la necessaria rimproverabilità della violazione ritenuta.
Con riferimento al motivo di impugnazione avente ad oggetto la sussistenza dell'elemento soggettivo del reato contestato, la sentenza impugnata deve, pertanto, essere annullata.
Va, peraltro, rilevato che il Tribunale, pur richiesto sul punto da parte della difesa della ricorrente in sede di precisazione delle conclusioni, ha del tutto omesso di considerare se la fattispecie contestata alla S. potesse essere qualificata in termini di speciale tenuità ai sensi dell'art. 131-bis c.p., con la conseguente non punibilità della imputata, senza neppure fornire elementi che possano far ritenere che abbia sul punto operato una implicita valutazione negativa (si ricorda, infatti, al riguardo la autonomia del giudizio in punto di particolare tenuità del fatto rispetto a quello avente ad oggetto la riconoscibilità, nella occasione esclusa, delle circostanze attenuanti generiche; cfr. al riguardo, per tutte: Corte di cassazione, Sezione VI penale, 10 gennaio 2020, n. 605).
Anche tale profilo, essendo emersa una motivazione del tutto omissiva sul punto, è idoneo, come il precedente, a determinare la illegittimità della sentenza impugnata e, pertanto, il suo annullamento.
Annullamento che, stante la oramai maturata prescrizione del reato contestato, intervenuta - considerata la data di chiusura della contestazione, cioè il 10 agosto 2015 - lo scorso 10 agosto 2020, deve essere pronunziato senza rinvio, essendo il reato contestato oramai estinto, con assorbimento dei restanti motivi di impugnazione.
Non vi è luogo a rinvio, secondo l'avviso di questo Collegio, neppure per ciò che attiene alla pronunzia formulata dal Tribunale in materia di risarcimento del danno in favore della costituita parte civile.
Ritiene, infatti, questo Collegio - pur consapevole della esistenza di un ben radicato difforme orientamento di questa Corte, secondo il quale il rilievo, in sede di legittimità, della sopravvenuta estinzione del reato per prescrizione, se emerso unitamente ad un vizio di motivazione della sentenza impugnata in ordine alla responsabilità dell'imputato, comporterebbe l'annullamento senza rinvio della stessa quanto al versante penale e, ove la sentenza impugnata ed annullata contenga anche la condanna al risarcimento del danno in favore della parte civile, l'annullamento delle statuizioni civili con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello (Corte di cassazione, Sezione V penale, 17 settembre 2020, n. 26217; idem Sezione I penale, 13 maggio 2020, n. 14822) - che debba essere invece preferito, in quanto meglio rispondente ai principi del giusto processo, l'indirizzo secondo il quale in tema di giudizio per cassazione, il rinvio al giudice civile, ai sensi dell'art. 622 c.p.p., non può essere disposto qualora l'annullamento delle disposizioni o dei capi della sentenza impugnata concernenti l'azione civile dipenda dalla fondatezza del ricorso dell'imputato agli effetti penali (Corte di cassazione Sezione VI penale, 18 luglio 2019, n. 31921).
Ritiene, infatti, il Collegio che, non apparendo praticabile, stante la cessazione, per effetto della intervenuta prescrizione, della rilevanza penale sostanziale della fattispecie, l'ipotesi dell'annullamento con rinvio al giudice penale (come invece sostenuto, da Corte di cassazione Sezione VI penale, 9 ottobre 2020, n. 28215, sulla base della persistenza, peraltro dovuta alla peculiarità della fattispecie nella quale la sentenza di appello era stata annullata per la mancata rinnovazione delle prove dichiarative, di un interesse alla necessaria applicazione del principio di rilievo costituzionale del giusto processo, anche in presenza di questioni relative ai soli profili civilistici della stessa), l'adesione all'ipotesi, numericamente prevalente in giurisprudenza, del rinvio al giudice civile competente in grado di appello non solamente imporrebbe a quest'ultimo di procedere all'accertamento del fatto applicando, con distonia del sistema, principi di oralità ed immediatezza della prova avulsi dal sistema processualcivilistico, ma, in una fattispecie, quale è la presente, in cui la sentenza annullata è stata emessa dal giudice di primo grado, una siffatta forma di annullamento con rinvio comporterebbe, in assenza di una valida sentenza di primo grado, la ingiustificata privazione per le parti di un grado di giudizio di merito.
Effetto pregiudizievole che l'annullamento senza rinvio non determina, essendo in facoltà di chi si era costituito parte civile, e non ha visto soddisfatta la sua aspirazione risarcitoria nell'ambito del processo penale, di promuovere autonoma azione aquiliana di fronte al giudice competente secondo le ordinarie regole del processo civile.
La sentenza impugnata va, pertanto, annullata nella sua integralità senza rinvio per essere il reato estinto per prescrizione.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè il reato è estinto per prescrizione.
Così deciso in Roma, il 24 gennaio 2022.
Depositato in Cancelleria il 20 aprile 2022