Cassazione Penale Sent. Sez. 6 Num. 17867 Anno 2022 Presidente: CRISCUOLO ANNA Relatore: DI GERONIMO PAOLO
Cassazione Penale Sent. Sez. 6 Num. 17867 Anno 2022
Presidente: CRISCUOLO ANNA
Relatore: DI GERONIMO PAOLO
SENTENZA
sul ricorso proposto da
S.C. , nato a B. il .....
avverso la sentenza emessa il 13/5/2021 dalla Corte di appello di Palermo;
visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione del consigliere Paolo Di Geronimo;
udita il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Andrea
Venegoni, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di Palermo confermava la condanna di C.S. in ordine al reato
di calunnia, posto in essere accusando falsamente A.D.M. , agente in servizio
presso la Casa di reclusione di Favignana, dei reati di
falso in atto pubblico, abuso d'ufficio e calunnia. In particolare, le conformi
sentenze di merito ritenevano la natura calunniosa del contenuto delle denunce e
delle memorie inviate a diverse autorità giudiziarie (Procura della Repubblica Di
Trapani e Magistrato di sorveglianza) nelle quali il S. sosteneva che D.M.
avrebbe redatto una falsa relazione di servizio, nella quale indicava pretese
infrazioni disciplinari al regolamento penitenziario che, invece, non sarebbero mai
state commesse.
La Corte di appello ricostruiva gli accadimenti ritenendo che non vi fossero
elementi per sostenere che la relazione di servizio, con la quale venivano segnalate
le violazioni disciplinari imputate a S., fosse falsa, sottolineando come D.
M. non aveva pregressi motivi di astio e che la scelta di redigere la relazione
a seguito del terzo episodio di violazione disciplinare fosse dettato dal fatto che,
solo a fronte della reiterazione delle condotte, egli aveva ritenuto di non poter
soprassedere ad attivare il procedimento disciplinare.
2. Avverso la suddetta decisione, l'imputato ha formulato due motivi di
ricorso.
2.1. Con il primo motivo, deduce la mancanza e manifesta illogicità della
motivazione, ripercorrendo i fatti oggetto dell'imputazione ed evidenziando una
serie di elementi che dimostrerebbero la mancanza del requisito della falsità delle
accuse mosse nei confronti del D.M..
In particolare, il ricorrente sostiene che, in base al Regolamento di polizia
penitenziaria, la segnalazione dell'infrazione disciplinare va immediatamente
contestata, inoltre, in tali casi si deve anche procedere a visita medica del
detenuto.
Nel caso in esame, invece, la contestazione non era stata immediata, non
risultava la trasmissione della relazione di servizio al Comandante, la redazione
del verbale di contestazione sottoscritto dal detenuto, né la richiesta di visita
medica, tutte anomalie che dimostrerebbero l'inesistenza dell'infrazione
disciplinare.
Ad ulteriore riprova della tesi difensiva, si sottolinea come la relazione di
servizio inviata al magistrato di sorveglianza era priva di firma e recava la sola
dicitura "F.to".
2.2. Con il secondo motivo di ricorso, si deduce il vizio di motivazione in ordine
all'idoneità della denuncia posta in essere dall'imputato a determinare la possibilità
che si instaurasse un procedimento penale a carico del presunto calunniato.
Si contesta, inoltre, anche la sussistenza dell'elemento soggettivo in capo al
denunciante, sul presupposto che le plurime anomalie intervenute nella vicenda in
esame avrebbero indotto S. a ritenere effettivamente sussistenti i fatti
denunciati negli atti inviati all'autorità giudiziaria.
3. Il difensore dell'imputato, dopo aver formulato richiesta di discussione
orale, chiedeva il differimento dell'udienza per un concomitante impegno
professionale. La richiesta veniva rigettata con ordinanza letta in udienza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
2. Occorre premettere che, per consolidata giurisprudenza, in base all'art.
606, lett. e), cod. proc. pen., il ricorso per cassazione è ammesso unicamente per
far valere la mancanza, la contraddittorietà o la manifesta illogicità della
motivazione, vizi che devono risultare dal testo del provvedimento impugnato.
La suddetta norma è costantemente interpretata nel senso di ritenere che è
preclusa alla Corte di cassazione la possibilità di una nuova valutazione delle
risultanze acquisite da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito
attraverso una diversa lettura, sia pure anch'essa logica, dei dati processuali o una
diversa ricostruzione storica dei fatti o un diverso giudizio di rilevanza o comunque
di attendibilità delle fonti di prova (Sez.3, n. 18521 del 11/01/2018, Ferri, Rv.
273217; Sez. 5, n. 15041 del 24/10/2018, Barraglia, Rv. 275100; Sez. 4, 1219
del 14/09/2017, Colomberotto, Rv. 271702).
Quanto detto comporta che non è consentita al giudice di legittimità la
rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e
l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei
fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore
capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito. (Sez. 6, n.5465
del 4/11/2020, dep. 2021, F., Rv.280601).
Non sono ammesse, pertanto, quelle deduzioni volte a far emergere non già
la contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, bensì che si risolvono
in una critica con cui si censura la persuasività, l'inadeguatezza, la mancanza di
rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle
che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire
alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni
differenti sui punti dell'attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza
probatoria del singolo elemento (da ultimo, si veda, Sez. 2, n.9106, del
12/2/2021, Caradonna, Rv. 280747).
Ne consegue che il vizio di motivazione potrà rilevare solo nel caso in cui
questa risulti manifestamente illogica, in quanto vi sia una frattura evidente tra
una premessa, o più premesse, nel caso di sillogismo, e le conseguenze che se ne
traggono, ovvero nel caso di motivazione contraddittoria, configurabile quando
non siano conciliabili tra loro le considerazioni logico-giuridiche in ordine ad uno
stesso fatto o ad un complesso di fatti o vi sia disarmonia tra la parte motiva e la
parte dispositiva della sentenza, ovvero nella stessa si manifestino dubbi che non
consentano di determinare quale delle due o più ipotesi formulate dal giudice -
conducenti ad esiti diversi - siano state poste a base del suo convincimento (Sez.
5, n. 19318 del 20/01/2021, Cappella, Rv. 281105).
2.1. Nel caso di specie, le sentenze di primo e secondo grado, che si integrano
sull'accertamento della responsabilità, hanno concordemente ricostruito il fatto,
fornendo ampia motivazione alle doglianze che il ricorrente ripropone in questa
sede.
Il fatto è stato ricostruito in maniera logica e coerente, dando atto di come
Siciliano fosse contrariato dal fatto che, diversamente da quanto avvenuto in
passato, non gli era stato concesso il permesso premio che gli avrebbe consentito
di partecipare all'udienza fissata in un procedimento a suo carico, né era stata
disposta la traduzione. S., sulla base di quanto ritenuto provato dai giudici
di merito con motivazione coerente, si recava più volte presso l'ufficio matricola,
ove inveiva e minacciava l'ispettore D.M, il quale, data la reiterazione delle
condotte, procedeva a segnalare l'infrazione disciplinare.
Orbene, rispetto a tale fatto non sono emersi elementi di prova idonei a
ritenere la falsità degli addebiti disciplinari, potendosi al più ritenere che la
procedura seguita non sia stata del tutto corretta. I vizi ribaditi dal ricorrente, ai
quali la Corte di appello ha comunque dato risposta, non sono comunque idonei a
sovvertire il dato di fatto oggetto della denuncia calunniosa e, cioè, che il D.M.
aveva effettivamente redatto la relazione di servizio, indicando fatti che - in
mancanza di prova contraria - devono ritenersi realmente accaduti.
Peraltro, nella sentenza impugnata è stato anche esaminato il profilo
concernente l'eventuale esistenza di motivi di rancore pregressi che potrebbero
aver indotto il D.M. a segnalare falsi addebiti disciplinari, essendo stato
escluso qualsiasi elemento a supporto di tale ipotesi.
In conclusione, quindi, il ricorrente ha riproposto in sede di legittimità
inammissibili questioni in punto di fatto, chiedendo una nuova valutazione nel
merito delle risultanze probatorie che, tuttavia, è preclusa. Con il ricorso per
cassazione, infatti, la parte non può reiterare gli stessi motivi prospettati con l'atto
di appello e motivatamente respinti in secondo grado, senza confrontarsi
criticamente con gli argomenti utilizzati nel provvedimento impugnato,
limitandosi, in maniera generica, a lamentare una presunta carenza o illogicità
della motivazione (Sez. 2, n. 27816 del 22/03/2019, Rovinelli, Rv. 276970).
3. Analoghe osservazioni valgono anche in riferimento alle eterogenee
doglianze dedotte con il secondo motivo di ricorso, nel quale si contesta sia la
sussistenza dell'elemento soggettivo, che l'idoneità delle denunce e memorie
inviate dal S. a dar avvio ad un procedimento penale.
Per quanto concerne il primo aspetto, è sufficiente osservare come la falsità
della denuncia sia insita nel fatto stesso che, in base alla ricostruzione in fatto
operata dai giudici di merito, le infrazioni disciplinari sono state effettivamente
commesse. La circostanza secondo cui S. possa aver percepito delle
irregolarità nel procedimento di segnalazione delle infrazioni, non esclude la sua
consapevolezza in merito alla sussistenza delle condotte che egli stesso aveva
posto in essere.
3.1. Per quanto concerne, invece, l'idoneità della denuncia calunniosa a dar
avvio ad un procedimento penale, si rileva come, per consolidata giurisprudenza,
ai fini della configurabilità del reato di calunnia non è necessario l'inizio di un
procedimento penale a carico del calunniato, occorrendo soltanto che la falsa
incolpazione contenga in sé gli elementi necessari e sufficienti per l'esercizio
dell'azione penale nei confronti di una persona univocamente e agevolmente
individuabile; cosicché soltanto nel caso di addebito che non rivesta i caratteri
della serietà, ma si compendi in circostanze assurde, inverosimili o grottesche, tali
da non poter ragionevolmente adombrare - perché in contrasto con i più
elementari principi della logica e del buon senso - la concreta ipotizzabilità del
reato denunciato, è da ritenere insussistente l'elemento materiale del delitto di
calunnia (Sez.6, n.10282 del 22/01/2014, Romeo, Rv. 259268).
Nel caso di specie, gli atti inoltrati dal Siciliano a diverse autorità giudiziarie
(tra cui la Procura delle Repubblica di Trapani) imputavano al D.M. di aver
redatto una falsa relazione di servizio, nella quale si dava atto di fatti -
disciplinarmente rilevanti - che non sarebbero mai accaduti, inoltre, si assumeva
anche che la relazione sarebbe stata predisposta in data diversa rispetto a quella
indicata.
Orbene, in considerazione del contenuto dell'atto che si assume falso e della
qualifica soggettiva dell'autore dello stesso, è di tutta evidenza l'astratta idoneità
della denuncia a dar luogo all'avvio di un procedimento penale a carico del D.M..
Né rileva che, in concreto, non risulti l'effettiva instaurazione del
procedimento penale conseguente all'atto calunnioso, posto che il delitto di
calunnia è un reato di pericolo, per la cui configurabilità è sufficiente anche
l'astratta possibilità dell'inizio di un procedimento penale a carico della persona
falsamente incolpata (Sez.6, n. 26177 del 17/03/2009, Vassura, Rv. 244357).
4. Alla luce di tali considerazioni, il ricorso va dichiarato inammissibile, il che
preclude anche di rilevare l'eventuale prescrizione dei reati; all'inammissibilità
consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della
somma di €3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso il 24 marzo 2022