Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 18-11-2021) 28-12-2021, n. 47184
Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 18-11-2021) 28-12-2021, n. 47184
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CASA Filippo - Presidente -
Dott. TALERICO Palma - Consigliere -
Dott. CENTONZE Alessandro - Consigliere -
Dott. CAIRO Antonio - rel. Consigliere -
Dott. RENOLDI Carlo - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
A.G., nato a (OMISSIS);
avverso il decreto del 15/02/2021 del GIUD. SORVEGLIANZA di L'AQUILA;
udita la relazione svolta dal Consigliere CAIRO ANTONIO;
lette/sentite le conclusioni del PG (v. pag. 2).
Letta la requisitoria del sostituto procuratore generale della Repubblica presso questa Corte di cassazione, ODELLO Lucia, che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso.
Svolgimento del processo
1. Il Magistrato di sorveglianza di L'Aquila, con provvedimento in data 15 febbraio 2021, ha rigettato la richiesta avanzata da A.G., finalizzata ad ottenere l'autorizzazione all'acquisto di due mazzi di carte, uno napoletano e l'altro francese, da detenere nella camera di detenzione. La richiesta, si affermava, era fondata anche sulla finalità di tutelare il diritto alla salute, in considerazione della presenza e della diffusione pandemica del virus Covid-19. Osservava il Giudice a quo che non si intendevano le ragioni per le quali il detenuto dovesse detenere carte da gioco in camera, alla luce della circostanza che l'uso di esse, in funzione dello svago, era assicurato secondo regolamento nei contesti di socialità, con strumenti messi a disposizione dei ristretti, da parte dell'Amministrazione penitenziaria.
2. Avverso detto provvedimento propone ricorso A.G., con il ministero del suo difensore di fiducia e lamenta la violazione della L. 26 luglio 1975, n. 354, art. 35-bis, art. 69, comma 6, (da ora in avanti anche Ord. Pen.) e art. 666 c.p.p., comma 2.
Evidenzia come il Magistrato di sorveglianza aveva deciso sulla richiesta avanzata, rigettandola, senza instaurare un regolare contraddittorio, pur versandosi, evidentemente e in sostanza, in materia di diritti soggettivi. Il Magistrato di sorveglianza aveva deciso, invero, de plano, sul reclamo proposto omettendo di notificare il decreto di fissazione dell'udienza.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è fondato, per quanto si passa a esporre.
Il Magistrato di Sorveglianza ha respinto il reclamo proposto da A.G., ritenendo, in sostanza, l'assenza di una posizione giuridica qualificabile in termini di diritto soggettivo e decidendo, senza formalità ex art. 35 Ord. Pen..
1.1 Questa Corte di legittimità ha in più occasioni precisato l'ambito applicativo del ricorso giurisdizionale di cui alla L. 26 luglio 1975, n. 354, artt. 35-bis e 69 e succ. mod. nel quadro normativo attualmente vigente, successivo alle riforme del 2013 e del 2014. In particolare, nella sentenza numero 42364 del 2017 (Sez VII, cam. cons. dell'11.11.2016) è stata tracciata la linea di demarcazione tra l'ipotesi di reclamo cd. "generico" (art. 35 Ord. Pen., comma 1, n. 5), tuttora previsto dalla legge, e quella del reclamo giurisdizionale in senso stretto (art. 35-bis in relazione all'art. 69 Ord. Pen., comma 6, lett. b).
La riforma del sistema di tutela delle posizioni giuridiche soggettive dei detenuti - adottata con D.L. n. 146 del 2013 e, successivamente, con il D.L. n. 92 del 2014 - non ha introdotto "nuovi diritti", ma ha rafforzato le modalità di tutela di quelli già riconosciuti come tali, secondo la antecedente elaborazione giurisprudenziale.
In effetti, nel nuovo sistema di tutela preventiva, qui in rilievo, sono "riscritte" le forme procedimentali di tutela giurisdizionale dei diritti stessi, attraverso la normativizzazione espressa del relativo procedimento, prima affidato alla elaborazione giurisprudenziale (sorta sul terreno del reclamo avverso il provvedimento applicativo della sorveglianza particolare - ex art. 14 - ter Ord. Pen.).
2. A fronte di un sistema anteriore all'anno 2013, essenzialmente basato sulle ricadute sistematiche della nota decisione della Corte Costituzionale n. 26 del 1999 che riconosceva l'esistenza di situazioni giuridiche soggettive, per natura, non suscettibili di attenuazione o compromissione con conseguente proposizione del reclamo giurisdizionale per la violazione relativa (Sez. U n. 25079 del 26.2.2003, rv 224603), si è provveduto a disciplinare normativamente l'intera materia, attraverso le modifiche apportate agli artt. 69 e 35 della legge di ordinamento penitenziario (D.L. 23 dicembre 2013, n. 146, conv. in L. 21 febbraio 2014, n. 10 e, successivamente, D.L. 26 giugno 2014, n. 92 conv. in L. 11 agosto 2014, n. 117).
Con gli interventi testè enunciati il legislatore ha preso atto della necessità di realizzare un sistema di tutela effettiva dei soggetti sottoposti a restrizione carceraria, anche in rapporto alle decisioni degli organi giurisdizionali sovranazionali, in tema di lesione dei diritti e alla correlata violazione del divieto di pene o trattamenti inumani o degradanti, di cui all'art. 3 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, oltre che dello stesso art. 27 Cost., comma 3, (CEDU 8 gennaio 2013 nella causa Torreggiani ed altri contro Italia).
E', dunque, intervenuta, un'espressa regolamentazione normativa, per quanto qui rileva: a) del potere di denunzia, tramite il reclamo giurisdizionale ex artt. 35 bis e 69 Ord. Pen., di condotte dell'Amministrazione -inosservanti il contenuto delle disposizioni di legge o regolamento esecutivo- da cui derivi al detenuto un "attuale e grave" pregiudizio all'esercizio di diritti soggettivi; b) del modello legale di verifica della fondatezza di tale particolare reclamo e dei poteri di intervento spettanti al Magistrato di Sorveglianza, nel caso di accertamento della lesione e del correlato pregiudizio, consistenti nell'ordine di un facere (sì da eliminare la fonte della situazione lesiva), con possibile esecuzione coatta del comportamento imposto in caso di inottemperanza, a tutela della effettività del rimedio.
In tal senso, la tutela accordata dal Magistrato di Sorveglianza in sede di reclamo giurisdizionale "ordinario" (art. 35-bis Ord. Pen., comma 3), da un lato, dipende dalla esistenza di un comportamento dell'amministrazione che sia qualificabile come lesivo di un "diritto soggettivo" e non di altri generici interessi, dall'altro richiede che il pregiudizio lamentato sia concreto e attuale (trattandosi di tutela inibitoria/preventiva tesa alla rimozione del limite posto alla fruizione piena del diritto stesso). Solo in tal caso si giustifica, infatti, il ricorso alla giurisdizione contro le decisioni dell'Amministrazione, con conseguente coercibilità.
La riforma, sul terreno della tutela preventiva/inibitoria, non ha - dunque introdotto una classificazione specifica delle posizioni legittimanti del recluso, che possano riconoscersi come aspirazioni alla fruizione e godimento di beni della vita che restano "insensibili" alla restrizione, in quanto collegate funzionalmente a quel "residuo di libertà" che (Corte Cost., da ultimo n. 122 del 2017) non può e non deve essere rimesso alla discrezionalità amministrativa, espressa dagli organi preposti alla esecuzione della pena, nè ha cancellato, d'altra parte, l'accesso alla tutela "non giurisdizionale" realizzabile mediante la proposizione del reclamo cd. "generico" rivolto al Magistrato di Sorveglianza, ai sensi dell'art. 35 Ord. Pen., comma 1, n. 5.
Da ciò deriva, da un lato, che l'identificazione della esistenza -o meno- di una condizione definibile in termini di "diritto soggettivo" suscettibile di essere leso da comportamenti (attivi o omissivi) dell'Amministrazione resta affidata alla concretizzazione giurisdizionale, secondo le linee interpretative pregresse (tra le molte, Sez. VII n. 23379 del 12.12.2012, rv 255490; Sez. VII n. 23377 del 12.12.2012, rv. 255489) che collocano in tale ambito esclusivamente gli interessi che ineriscono a beni essenziali della persona e che rappresentano la proiezione di diritti fondamentali dell'individuo; dall'altro, che, là dove sia "manifesta" l'assenza di tale carattere della pretesa, la domanda non è idonea ad attivare il procedimento di tutela giurisdizionale, descritto dall'art. 35-bis Ord. Pen.. La questione, in ipotesi siffatte, non si incentra su una controversia che afferisce a un limite posto all'esercizio di un "diritto".
Pertanto, il Magistrato di sorveglianza è tenuto ad attivare il procedimento giurisdizionale "tipico" (art. 35-bis Ord. Pen., e art. 69 Ord. Pen., comma 6) in tutti i casi in cui la doglianza potrebbe -sia pure in astratto - riferirsi ad un diritto soggettivo dell'esponente, mentre nelle ipotesi in cui sia "immediata e manifesta" l'assenza di una qualsiasi correlazione tra la condotta dell'amministrazione e una posizione giuridica di quella struttura della persona detenuta, l'istanza va ritenuta come sollecitazione (ex art. 35 Ord. Pen., comma 1, n. 5) all'esercizio dei generici poteri di controllo e verifica spettanti al Magistrato di Sorveglianza sull'agire dell'amministrazione.
In questo caso, è evidente che non vengono in rilievo le forme procedimentali di cui all'art. 35-bis e il Magistrato di Sorveglianza agisce, attuando un potere privo di formalità, potendo chiedere chiarimenti, se del caso, anche alla Amministrazione, secondo i principi di leale collaborazione e per le finalità complessive di vigilanza di cui all'art. 69 Ord. Pen., comma 1, in un ambito estraneo alla verifica giurisdizionale della specifica domanda del reclamante.
La conseguenza è, pertanto, quella della non impugnabilità del relativo provvedimento, trattandosi di materia che non rientra nelle previsioni di legge e che è sottratta alla tutela giurisdizionale in senso proprio (Sez. 1, n. 54117, del 14/06/2017, Costa, Rv. 271905).
Questa Corte ha, del resto, recentemente ribadito che in tema di ordinamento penitenziario, il reclamo giurisdizionale ai sensi dell'art. 35-bis Ord. Pen., e art. 69 Ord. Pen., comma 6, lett. b), ha ad oggetto un pregiudizio concreto e attuale lesivo di un diritto soggettivo, mentre il reclamo generico ex art. 35 Ord. Pen., comma 1, n. 5, è rivolto alla tutela di un mero interesse del soggetto alla corretta esecuzione della pena, non rientrando, in tal caso, il rimedio negli strumenti di tutela giurisdizionale, cosicchè la relativa procedura, non soggetta a forme di rito o di merito, inserendosi nei poteri ispettivi del magistrato di sorveglianza, ha natura amministrativa. Essa non si svolge con le modalità del procedimento in camera di consiglio e la relativa decisione non è impugnabile davanti al Tribunale di sorveglianza (Sez. 1, n. 28258 del 09/04/2021, Gallico).
2. Ciò posto, nel caso in esame, il Magistrato di Sorveglianza ha operato, dando un'erronea interpretazione della situazione giuridica soggettiva dedotta dal reclamante e, con una motivazione decisamente sintetica ha ritenuto, in buona sostanza, che si versasse al cospetto di un mero interesse di fatto e non di un diritto soggettivo in senso stretto. Da ciò l'esclusione che si potesse seguire la procedura giurisdizionale, dovendo, piuttosto, affidare il suo decisum all'iter libero di cui all'art. 35 Ord. Pen..
In questa logica sulla richiesta del detenuto sono state chieste integrazioni all'Amministrazione penitenziaria e si è escluso che esistesse un diritto a comprare due mazzi di carte da trattenere all'interno della camera di detenzione.
L'uso e l'acquisto delle carte, tuttavia, non si è avveduto l'organo decidente, era frutto della coesistenza di un interesse generico e di diritto in senso stretto. La domanda era collegata alla richiesta esplicita del reclamante di garantire una forma di tutela del diritto alla salute, posizione legittimante di presidio superprimario. Ciò in relazione alle condizioni di impiego, in socialità, dei mazzi stessi, esistenti e messi a disposizione dei detenuti, da parte dell'Amministrazione, in una congiuntura di pieno allarme legato al pericolo di diffusione del virus Covid-19.
Emergeva, dunque, la deduzione di una posizione giuridica non solo di mero fatto o non connotata dai crismi del diritto soggettivo, tale da concretizzarsi in una pura comodità aggiuntiva personale, ma una questione in stretta correlazione con il diritto alla salute e, dunque, con un valore superprimario. Essa, pertanto, aveva piena e ampia protezione giurisdizionale, con la conseguenza che la decisione assunta dal Magistrato di sorveglianza sarebbe dovuta avvenire nel preventivo rispetto del contraddittorio, previa fissazione della camera di consiglio.
Il ricorso va, pertanto, accolto e il provvedimento impugnato deve essere annullato con rinvio per nuovo giudizio al Magistrato di sorveglianza di L'Aquila, che si atterrà, con piena libertà di giudizio, ai principi anzidetti.
P.Q.M.
Annulla il provvedimento impugnato con rinvio per nuovo giudizio al Magistrato di sorveglianza di L'Aquila.
Così deciso in Roma, il 18 novembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 28 dicembre 2021