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Sentenza

Carcere di Trapani. Medico carcerario condannato (in primo grado) per omicidio colposo per avere errato ed omesso la diagnosi nei confronti di un detenuto (morto per infarto), unitamente ad altro medico ritenuto responsabile di falso ideologico per false attestazioni riportate sul diario clinico del carcere.- In appello viene dichiarata la prescrizione (dei reati) e ridotto il risarcimento del danno alle parti civili. Queste ultime  e gli imputati ricorrono in Cassazione.
Carcere di Trapani. Medico carcerario condannato (in primo grado) per omicidio colposo per avere errato ed omesso la diagnosi nei confronti di un detenuto (morto per infarto), unitamente ad altro medico ritenuto responsabile di falso ideologico per false attestazioni riportate sul diario clinico del carcere.- In appello viene dichiarata la prescrizione (dei reati) e ridotto il risarcimento del danno alle parti civili. Queste ultime e gli imputati ricorrono in Cassazione.
Cassazione Penale Sent. Sez. 4 Num. 46399 Anno 2021
Presidente: DI SALVO EMANUELE
Relatore: PAVICH GIUSEPPE
Data Udienza: 09/12/2021

SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
B. S. nato a M.  il ….
F. M. nato a C. DI M. il …..
B. E.  nato a R.il  ….
B. D.A.  nato a M. il ….
B. R. nato  a M.  il ….
avverso la sentenza del 26/05/2020 della CORTE APPELLO di PALERMO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere GIUSEPPE PAVICH;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore GIULIO ROMANO
che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
uditi i difensori
E' presente l'avvocato TRANCHIDA DIEGO del foro di MARSALA in difesa di
B. S., F. M. B. E., B.
D. A, e B. R. che illustrando i motivi dei ricorsi insiste per
l'accoglimento. Deposita conclusioni e nota spese.
E' presente l'avvocato MARINA CONCETTA DI MARCO del foro di PALERMO in sostituzione ex art. 102 c.p.p. dell'avvocato FAIELLA CESARE del foro di PALERMO in
difesa di ASP TRAPANI che insiste per la conferma della sentenza impugnata ed il
rigetto dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
1. S. B., M. F., E. B., D. A.
B. e R. B., nella loro qualità di parti civili costituite, ricorrono
avverso la sentenza con la quale, in data 26 maggio 2020, la Corte d'appello di
Palermo, in riforma della sentenza di condanna emessa in primo grado dal
Tribunale di Trapani il 10 aprile 2018, ha dichiarato non doversi procedere in ordine
ai reati ascritti, rispettivamente, ex art. 589 cod.pen. ad A.M. ed ex art.
479 cod.pen. ad E.P., perché estinti per prescrizione maturata dopo la
sentenza di condanna in primo grado (essendo i fatti risalenti al 3 febbraio 2011);
ed ha ridotto, inoltre, la misura del risarcimento dei danni da reato liquidati in
primo grado alle predette parti civili.
Il M., quale medico carcerario, era stato condannato in primo grado per
il delitto di omicidio colposo in danno di N. B., detenuto presso la Casa
Circondariale trapanese, in relazione ad errori ed omissioni nella diagnosi e nella
cura del B., poi deceduto per infarto, pur a fronte della sintomatologia
manifestata dal medesimo; la P. era stata condannata per il delitto di falso
ideologico in atto pubblico in relazione alle false attestazioni dalla stessa riportate
sul diario clinico tenuto presso la Casa Circondariale circa le condizioni del
B., incompatibili con il quadro clinico del paziente.
1.1. Avverso la sentenza di primo grado avevano proposto appello tanto gli
imputati, quanto le parti civili.
Sia il M. che la P. si dolevano dell'affermazione di responsabilità; la
P. chiedeva in subordine dichiararsi l'intervenuta prescrizione dei reati
rispettivamente ascritti; il M., sempre in via subordinata, chiedeva rinnovarsi
l'istruzione dibattimentale nominando un perito di chiara fama, censurava il
trattamento sanzionatorio e da ultimo lamentava l'eccessività della liquidazione
del risarcimento, chiedendone la revoca e la rinnessione delle parti avanti il giudice
civile.
Le parti civili, per converso, insorgevano contro l'assoluzione della P. (e
di altra coimputata) dal delitto di omicidio colposo e chiedevano condannarsi al
risarcimento del danno anche la ASP di Trapani, in quanto il M. era un suo
dipendente.
1.2. La Corte di merito ha dichiarato infondati gli appelli delle parti civili;
quanto agli appelli degli imputati, ha escluso che potesse pervenirsi a una formula
di proscioglimento nel merito ex art. 129, comma 2, cod.proc.pen., in presenza di
una causa di estinzione del reato, essendo i delitti ascritti agli imputati ambedue
estinti per maturata prescrizione. Quanto alla liquidazione del danno, pur
confermando le statuizioni civili, la Corte palermitana ha ritenuto che il motivo relativo alla liquidazione del danno andasse parzialmente accolto: preliminarmente
ha osservato che in primo grado le parti civili, nelle comparse conclusionali, non
avevano addotto alcun elemento fattuale del danno cagionato da reato, danno
peraltro non ravvisabile in re ipsa; ha poi rilevato che nella sentenza di primo
grado é stato riconosciuto il solo danno non patrimoniale, facendo però un generico
riferimento alle c.d. tabelle milanesi e senza uno specifico percorso motivazionale
circa i criteri adottati in concreto per la liquidazione. Ha quindi provveduto a
liquidare equitativamente il risarcimento, in misura ridotta rispetto a quella
determinata dal Tribunale trapanese.
2. Nell'unico motivo di ricorso, le parti civili lamentano violazione di legge e
vizio di motivazione in riferimento alla rideterminazione del risarcimento in misura
inferiore a quella deliberata dal Tribunale di Trapani, nonostante la prescrizione
maturata dopo la sentenza di primo grado; in difetto di una specifica impugnazione
sulla misura del risarcimento e, soprattutto, di una compiuta rivalutazione nel
merito della vicenda (in ordine alla quale, anzi, pur dichiarando la prescrizione, ha
sostanzialmente condiviso le valutazioni del giudice di primo grado circa il merito
della vicenda), non poteva la Corte d'appello rideterminare in misura ridotta il
risarcimento del danno dovuto alle parti civili, a fronte dell'assenza di una specifica
richiesta in tal senso.
3. Risultano depositate in atti le conclusioni scritte del difensore dell'imputato
M. e una memoria difensiva nell'interesse dell'imputata P., in cui si
chiede che i ricorsi vengano dichiarati inammissibili o rigettati.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi risultano fondati, nei sensi di cui appresso.
Negli atti di appello degli imputati non risulta vi fosse una espressa
sollecitazione alla Corte d'appello a rideterminare la misura del risarcimento: nulla,
infatti, aveva lamentato al riguardo la P., mentre il M., nel quarto
motivo, si doleva bensì della liquidazione del risarcimento del danno da parte del
Tribunale, ritenuta eccessiva, ma chiedeva la revoca di detta statuizione e la
rimessione delle parti avanti il giudice civile, affinché quest'ultimo provvedesse
alla determinazione del quantum debeatur; nelle odierne conclusioni scritte il
difensore del M. si limita a confutare nel merito il convincimento di
responsabilità argomentato dalla Corte di merito e a lamentare la condanna dello
stesso imputato al risarcimento del danno, chiedendo in sostanza che alcuna
statuizione sanzionatoria venga disposta: ciò che all'evidenza non forma oggetto

dell'odierna regiudicanda, atteso che il devolutum deve intendersi limitato a
quanto esposto nei ricorsi delle parti civili.
1.1. Dal canto suo la Corte di merito, una volta respinte le doglianze delle
parti civili - non aventi ad oggetto la misura del risarcimento - e parzialmente
accolte quelle degli imputati (con particolare riguardo alla declaratoria di
prescrizione, sollecitata dal M.), ha peraltro ritenuto di provvedere
autonomamente - ossia senza la proposizione, a tal fine, di uno specifico petitum
- alla liquidazione dell'ammontare del danno da risarcire, riducendone l'entità.
Non risulta, in definitiva, devoluto alla Corte di merito il thema decidendum
costituito dalla rideterminazione della somma dovuta a titolo di risarcimento,
atteso che detto punto non formava oggetto né della prospettazione delle parti
civili (in proposito vds. Sez. 5, Sentenza n. 12725 del 12/12/2019, dep. 2020,
Arena, Rv. 279020), né di quella degli imputati; a tale ultimo riguardo, stante
l'inapplicabilità dell'effetto estensivo di cui all'art. 574, comma 4, cod.proc.pen.
alle modalità e ai criteri di liquidazione del risarcimento del danno (Sez. 5,
Sentenza n. 13660 del 22/02/2006, Furfaro, Rv. 233982), la devoluzione (anche)
della definitiva liquidazione di esso ad opera della Corte di merito non può ritenersi
operante sulla base dell'appello proposto dagli imputati; né del resto, come detto,
essa era compresa nel motivo di appello articolato dal M. sull'entità della
liquidazione, con il quale il medesimo imputato chiedeva unicamente la revoca
della statuizione risarcitoria e la remissione delle parti avanti il giudice civile.
1.2. Orbene, poiché la regiudicanda riguarda, ormai esclusivamente, la
tematica civilistica inerente alla domanda risarcitoria (essendo stati dichiarati
prescritti i reati contestati agli imputati), le questioni proposte dalle parti ed
inerenti a tale domanda sono suscettibili di valutazione secondo i criteri civilistici;
e, per quanto in particolare concerne la liquidazione del quantum debeatur a fronte
delle richieste di parte, vanno valutate tenendo conto del principio di
corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato di cui all'art. 112 cod.proc.civ., in
base al quale il giudice deve pronunciare su tutta la domanda e non oltre i limiti
di essa e non può pronunciare di ufficio sulle eccezioni, che possono essere
proposte soltanto dalle parti.
1.3. Nel caso di che trattasi, a fronte delle istanze contenute negli atti
d'appello degli imputati, solo il M. aveva censurato genericamente l'entità
del risarcimento liquidato in primo grado, chiedendo però che la regiudicanda fosse
devoluta al giudice civile e non sollecitando specificamente alcuna statuizione alla
Corte di merito in ordine al quantum debeatur; perciò la Corte di merito é andata
ultra petitum, avendo autonomamente rideterminato l'ammontare del
risarcimento e così eccedendo rispetto alle questioni devolute sul punto
dall'imputato appellante.
1.4. In definitiva, stante l'insussistenza di elementi per poter prosciogliere gli
imputati nel merito, non poteva all'evidenza procedersi alla revoca delle statuizioni
civili, essendo la prescrizione maturata dopo la pronunzia di primo grado; ma
neppure poteva la Corte di merito autonomamente procedere alla "correzione"
della liquidazione alla quale aveva provveduto il giudice di primo grado; tanto più
che, come correttamente osservato dalle parti civili ricorrenti, la delibazione della
Corte territoriale sul merito della vicenda é avvenuta in modo sommario (vds.
pagg. 8 e 9 sentenza impugnata), onde escludere la sussistenza di ragioni di
proscioglimento nel merito, ma senza comunque porre in discussione le valutazioni
del giudice di primo grado, valutazioni che anzi la Corte di merito dichiara di avere
totalmente condiviso.
2. La sentenza impugnata va pertanto annullata agli effetti civili, con rinvio al
giudice civile competente per valore in grado d'appello, cui va pure demandata la
regolamentazione fra le parti delle spese per questo giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Annulla agli effetti civili la sentenza impugnata e rinvia, per nuovo giudizio, al
giudice civile competente per valore in grado d'appello, cui demanda altresì la
regolamentazione delle spese fra le parti relativamente al presente giudizio di
legittimità.
Così deciso in Roma, il 9 dicembre 2021
Il Presidente
Avv. Antonino Sugamele

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