Cass. pen. Sez. VI Ord., 02/12/2019, n. 51021 (rv. 278059-01) In tema di intercettazioni telefoniche, il giudice delle indagini preliminari non può disporre, ai sensi dell'art.271, comma 3, cod.proc.pen., la distruzione delle intercettazioni dichiarate inutilizzabili in sede di riesame, essendo necessaria una decisione in ordine all'inutilizzabilità adottata nell'ambito del processo di cognizione ed insuscettibile di modifiche. (In motivazione, la Corte ha precisato che il provvedimento di rigetto della richiesta di distruzione non è impugnabile con ricorso in cassazione e, pertanto, l'inammissibilità può essere dichiarata "de plano" ai sensi dell'art.610, comma 5- bis, cod.proc.pen.).
Cass. pen. Sez. VI Ord., 02/12/2019, n. 51021 (rv. 278059-01)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FIDELBO Giorgio - Presidente -
Dott. CRISCUOLO Anna - rel. Consigliere -
Dott. DI STEFANO Pierluigi - Consigliere -
Dott. VILLONI Orlando - Consigliere -
Dott. VIGNA Maria Sabina - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
P.G., nato ad (OMISSIS);
avverso l'ordinanza del 26/07/2019 del G.i.p. del Tribunale di Trapani;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa CRISCUOLO Anna.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
1. Il difensore di P.G. ha proposto ricorso avverso il provvedimento indicato in epigrafe con il quale il G.i.p. del Tribunale di Trapani ha respinto l'istanza, proposta ai sensi dell'art. 271 c.p.p., comma 3, di distruzione delle intercettazioni telefoniche e ambientali, autorizzate con decreto del 17/11/2016 e dei relativi decreti di proroga.
Con unico articolato motivo ne chiede l'annullamento per violazione dell'art. 269 c.p.p. e art. 271 c.p.p., comma 3, in relazione agli artt. 111, 15 Cost. e art. 8 Cedu. e vizi di motivazione.
Deduce che questa Sezione con sentenza n. 2136/2018 (in realtà n. 633 del 28 marzo 2019) ha annullato senza rinvio l'ordinanza del Tribunale del riesame di Palermo, che confermava l'ordinanza del 16 novembre 2018, con la quale il G.i.p. del Tribunale di Trapani aveva applicato all'indagato la misura degli arresti domiciliari, dichiarando inutilizzabili le risultanze delle intercettazioni telefoniche ed ambientali disposte in altro procedimento per il reato di cui all'art. 388 c.p. ascritto ad altri indagati. In detta sentenza si precisa che il decreto autorizzativo delle intercettazioni fu emesso nel diverso procedimento, nel quale il ricorrente non era indagato, quando ormai erano venuti meno i possibili sospetti a suo carico perchè aveva già emesso il decreto di chiusura dei pozzi, sicchè la mancanza della condizione legittimante le intercettazioni, che inficia il decreto del 17 novembre 2016, si è propagata al decreto di intercettazione ambientale del 21 febbraio 2017. Avendo il P.m. emesso l'avviso di conclusione delle indagini nei confronti del ricorrente con ostensione e conseguente divulgazione a tutte le parti delle intercettazioni, era stata richiesta la distruzione di tutte le intercettazioni generate dal primo decreto n. 132/16, ma il G.i.p. ha respinto l'istanza con motivazione manifestamente illogica, affermando che tutte le intercettazioni sono posteriori sia alla iscrizione del P. per il reato di cui all'art. 338 c.p., sia alla sussistenza di gravi indizi di reati contro la P.A., nonostante dia atto nello stesso provvedimento che l'iscrizione del P. per i reati di cui agli artt. 317, 319-quater, 323 c.p. è del 3 febbraio 2017, mentre l'iscrizione per il reato di cui all'art. 338 c.p. è del 23 dicembre 2016, entrambe successive al primo decreto del 17 novembre 2016.
Il ragionamento del giudice è erroneo perchè la legittimità del decreto di autorizzazione delle intercettazioni ambientali è travolta dall'illegittimità del decreto originario nonchè in contrasto con quanto affermato nella sentenza di annullamento e con la circostanza che i gravi indizi per i reati contro la P.A. originavano dalle conversazioni intercettate in altro procedimento, come peraltro, risulta dal decreto autorizzativo delle intercettazioni ambientali febbraio 2017.
Inoltre, il giudice ha violato anche l'art. 269 c.p.p., comma 2, nuovo testo, in quanto, oltre alla dichiarata inutilizzabilità, sussiste anche la non utilità dei risultati probatori nel procedimento originario, conclusosi con decreto di archiviazione.
Errato è anche il riferimento ad un risalente orientamento giurisprudenziale, secondo il quale è priva di effetto preclusivo sull'utilizzabilità nel giudizio, la dichiarazione di inutilizzabilità delle intercettazioni avvenuta nel procedimento incidentale, trattandosi di orientamento incompatibile con il riferimento dell'art. 271 c.p.p. ad ogni stato e grado del procedimento ai fini della distruzione della prova illegale.
2. Il ricorso è originariamente inammissibile perchè proposto avverso un provvedimento non impugnabile.
Risultando dagli atti che il difensore del ricorrente propose istanza di distruzione delle intercettazioni, ambientali e telefoniche, inutilizzabili ai sensi dell'art. 271 c.p.p., comma 3, e non ai sensi dell'art. 269 c.p.p., la precisazione è dirimente sia ai fini della procedura applicabile che del regime di impugnazione del provvedimento conclusivo della stessa.
L'art. 271 c.p.p., comma 3, prevede una forma di inutilizzabilità rafforzata, che mira ad eliminare il possibile utilizzo di prove vietate, tutelando al contempo anche il diritto alla riservatezza.
La diversa finalità e la diversa rilevanza dei valori tutelati dalle due norme spiega perchè, a differenza della distruzione prevista dall'art. 269 c.p.p., la distruzione in esame può essere disposta anche d'ufficio.
Tuttavia, tenuto conto che l'art. 271 c.p.p., comma 3, prevede che la distruzione delle intercettazioni inutilizzabili può avvenire in ogni stato e grado del processo e non del procedimento, come, invece, affermato nel ricorso, correttamente il G.i.p. ha respinto l'istanza.
Il giudice ha fatto corretta applicazione del principio affermato da questa Corte, secondo il quale la distruzione di intercettazioni inutilizzabili ex art. 271 c.p.p., comma 3, non richiede la procedura camerale e può essere disposta anche d'ufficio, ma, poichè produce un effetto irrimediabile, presuppone una stabilizzazione della statuizione di inutilizzabilità, insuscettibile di modifiche, che faccia escludere la possibilità di utilizzazione futura nell'ambito del processo di cognizione, e, pertanto, non può essere disposta nella fase delle indagini preliminari.
Si è infatti, affermato che la distruzione della documentazione delle intercettazioni, i cui risultati non possono essere utilizzati a norma dell'art. 271 c.p.p., commi 1 e 2, non può essere disposta in esecuzione di una dichiarazione di inutilizzabilità intervenuta nell'ambito del subprocedimento cautelare perchè presuppone una statuizione di inutilizzabilità processualmente insuscettibile di modifiche, che faccia escludere la possibilità di utilizzazione futura di quelle conversazioni nell'ambito del processo (Sez. 2, n. 8953 del 25/11/2015, dep. 2016, Valenza, Rv. 266093-01; Sez. 6, n. 33810 del 26/04/2007, Ferraro e altri, Rv. n. 237154, in cui si afferma che "la decisione con cui la Corte di cassazione dichiara, in sede di procedimento incidentale "de libertate", l'inutilizzabilità dei risultati delle intercettazioni, per difetto di motivazione del decreto con cui il pubblico ministero ha disposto il ricorso agli impianti esterni, non ha effetti preclusivi per il giudice del procedimento principale, che conserva integro il potere di valutare l'utilizzabilità degli stessi risultati intercettativi"; conforme Sez. 5, n. 16285 del 16/03/2010, Baldissin e altri, Rv. 247265 - 01).
Ancora di recente si è ribadito, a differenza di quanto si sostiene nel ricorso, che le valutazioni in tema di validità ed utilizzabilità della prova, compiute in sede di giudizio incidentale promosso per il riesame di misure cautelari personali, non possono ritenersi vincolanti per il giudice del dibattimento, il quale non può subire limiti e condizionamenti su questioni attinenti alla prova, che solo nella sede dibattimentale possono trovare il momento finale, naturale e necessario di verifica. Ciò vale anche per le questioni attinenti alla validità delle intercettazioni disposte nel corso delle indagini preliminari ed alla loro utilizzabilità, in relazione alle quali qualsiasi decisione adottata nella sede cautelare non può travalicarne i limiti fino a giungere a precludere al giudice del dibattimento il potere-dovere di un'autonoma ed indipendente valutazione della prova, anche sotto il profilo della legittimità delle procedure acquisitive, soprattutto, perchè un giudicato cautelare, che intervenga in materia di prove, finirebbe con il determinare, in un procedimento con più imputati e parti, una violazione del principio del contraddittorio, con riguardo a coloro che, rimasti estranei al procedimento cautelare, verrebbero esclusi da tematiche rilevanti, quali quelle attinenti alla validità ed utilizzabilità delle prove (Sez. 2, n. 3314 del 18/10/2017, dep. 2018, Randazzo, Rv. 272466 - 01).
Ne deriva la correttezza della decisione e la non ricorribilità del provvedimento impugnato.
Il ricorso va pertanto, dichiarato inammissibile senza formalità di procedura ai sensi dell'art. 610 c.p.p., comma 5-bis, primo periodo, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle Ammende, che si stima equo determinare in Euro quattromila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro quattromila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 2 dicembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 17 dicembre 2019