Corte di Cassazione, Sezione 5 penale Sentenza 19 novembre 2020, n. 32547 Data udienza 27 ottobre 2020
Corte di Cassazione, Sezione 5 penale
Sentenza 19 novembre 2020, n. 32547
Data udienza 27 ottobre 2020
È inammissibile la richiesta di revoca della sentenza di non luogo a procedere quando gli atti relativi alle nuove fonti di prova siano contenuti in un altro procedimento, iscritto nei confronti di uno solo degli imputati e trasmesso al medesimo giudice con richiesta di rinvio a giudizio, non potendo il giudice acquisire di propria iniziativa il corredo probatorio, ai sensi dell'art. 435, comma 2, cod. proc. pen., da un diverso fascicolo processuale, l'accesso ai cui atti è precluso agli altri imputati che non sono parti del relativo procedimento, con conseguente violazione del principio del contraddittorio.
Corte di Cassazione, Sezione 5 penale
Sentenza 19 novembre 2020, n. 32547
Data udienza 27 ottobre 2020
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PALLA Stefano - Presidente
Dott. ZAZA Carlo - Consigliere
Dott. DE GREGORIO Eduardo - Consigliere
Dott. PISTORELLI Luca - rel. Consigliere
Dott. SCORDAMAGLIA Irene - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso presentato dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Paola nel procedimento nei confronti di:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l'ordinanza del 14/4/2020 del Giudice delle Indagini Preliminari del Tribunale di Paola;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Pistorelli Luca;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Lori Perla, la quale ha concluso per l'annullamento con rinvio dell'ordinanza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
1. Con l'ordinanza impugnata il G.i.p. del Tribunale di Paola, all'esito del contraddittorio camerale, ha dichiarato inammissibile la richiesta di revoca della sentenza di non luogo a procedere emessa dal medesimo ufficio in data 12 aprile 2018 nei confronti di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) e contestuale richiesta di rinvio a giudizio degli stessi per il reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 570 del 1960, articolo 86, commi 1 e 2 e il primo anche per il reato di cui alla L. n. 96 del 2008, articolo 1.
2. Avverso l'ordinanza ricorre il pubblico ministero deducendo inosservanza od erronea applicazione della legge penale e vizi della motivazione.
Anzitutto il ricorrente contesta quella che e' stata eletta dal G.i.p. a ratio principale della propria decisione e cioe' la mancata trasmissione ai sensi dell'articolo 435 c.p.p., comma 2, degli atti relativi alle nuove fonti di prova poste a fondamento della richiesta di revoca. In proposito osserva come le stesse siano rappresentate dalle dichiarazioni auto ed eteroaccusatorie rese ex articolo 350 c.p.p., dal (OMISSIS) in diverso procedimento trasmesso al giudice con richiesta di rinvio a giudizio del medesimo contestualmente alla richiesta di revoca che le ha indicate. Dunque, contrariamente a quanto sostenuto nell'ordinanza, sarebbero state rispettate entrambe le condizioni poste dai primi due commi dell'articolo succitato, rimanendo irrilevante che formalmente gli atti relativi alle nuove prove siano stati compendiati in un separato fascicolo, posto che lo stesso e' stato messo a disposizione del giudice e che quest'ultimo ne ha avuto cognizione, tanto da aver affrontato anche nel merito la richiesta di revoca.
Ed in tal senso il ricorrente contesta anche le ragioni per cui, secondo il G.i.p., la richiesta non avrebbe potuto comunque essere accolta. Quanto alle modalita' di acquisizione delle nuove prove, rileva come, contrariamente a quanto sostenuto nel provvedimento impugnato, siano state rispettate le condizioni stabilite da Sezioni Unite Romeo, atteso che il (OMISSIS) avrebbe reso spontaneamente le proprie dichiarazioni. Con riguardo invece alla evidenziata assenza di riscontri a tali dichiarazioni, si tratterebbe di circostanza inconferente alla luce della natura prognostica e squisitamente processuale della decisione rimessa al giudice in merito alla richiesta di rinvio a giudizio.
3. Con memoria pervenuta il 23 ottobre 2020 il difensore di (OMISSIS) ha chiesto che il ricorso del pubblico ministero venga dichiarato inammissibile o comunque rigettato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e' inammissibile.
2. Va anzitutto ricordato come, ai sensi dell'articolo 437 c.p.p., il pubblico ministero puo' ricorrere avverso l'ordinanza che dichiara inammissibile o rigetta la richiesta di revoca della sentenza di non luogo a procedere esclusivamente per i motivi indicati nell'articolo 606 c.p.p., lettera b), d) ed e). E' dunque escluso che con il ricorso possano essere prospettate violazioni della legge processuale, quali sono quelle lamentate nel caso di specie dal ricorrente, sebbene sotto il profilo dell'inosservanza e dell'erronea applicazione della legge penale. Tale vizio, per l'appunto configurato nella lettera b) del citato articolo 606, riguarda pero' le sole violazioni della legge penale sostanziale e non di quella processuale, violazione che in alcun modo viene prospettata con il ricorso.
Rimane dunque da valutare l'eventuale sussistenza dei lamentati vizi di motivazione relativi ai presupposti fattuali della decisione impugnata, vizi che, come detto, sono invece deducibili con il ricorso ex articolo 437 c.p.p..
3. In proposito le doglianze del pubblico ministero sono pero' manifestamente infondate.
Il G.i.p. ha giustificato la propria decisione evocando tre ordini di ragioni, tutte astrattamente idonee a sostenerla in maniera autonoma.
La prima ratio decidendi riguarda l'omessa trasmissione alla cancelleria del giudice degli atti relativi alle nuove fonti di prova poste a fondamento della richiesta di revoca, per come imposto dall'articolo 435 c.p.p., comma 2.
In proposito il ricorso non contesta che, come evidenziato nel provvedimento impugnato, tali atti in realta' fossero materialmente contenuti soltanto nel separato procedimento a carico del (OMISSIS), ma obietta che quest'ultimo era stato trasmesso allo stesso giudicante con richiesta di rinvio a giudizio dell'imputato contestualmente al deposito della richiesta di revoca e che pertanto in tal modo sarebbero state ritualmente assolte entrambe le condizioni poste dal citato articolo 435 e cioe' l'indicazione delle fonti di prova e la loro trasmissione.
In altri termini il pubblico ministero ricorrente contesta la legittimita' di una lettura ritenuta eccessivamente formalistica del dettato normativo, che invece sarebbe rispettato qualora la documentazione relativa alle fonti di prova venga comunque messa a disposizione del giudice al fine di consentirgli di valutare la fondatezza della richiesta di revoca, come puntualmente avvenuto nel caso di specie, posto che il G.i.p., cui era assegnato anche il diverso procedimento nei confronti del (OMISSIS), ha effettivamente esaminato, valutato nel merito i nova probatori anche ai fini della decisione della suddetta richiesta.
L'approccio "sostanzialistico" alla questione da parte del pubblico ministero (ripresa anche nella sua requisitoria scritta dal PG) deve essere decisamente respinto in quanto, come detto, manifestamente infondato. Come lo stesso ricorrente ammette, infatti, al giudice sono stati depositati con richieste differenti due fascicoli processuali, relativi ad autonomi procedimenti penali identificati da diversi numeri di iscrizione nel registro delle notizie di reato. Anche volendo sorvolare sul fatto che alcuna disposizione -e men che meno l'articolo 435 c.p.p., - impone o anche solo consente al giudice di "travasare" di propria iniziativa da un procedimento ad un altro, salvo il caso in cui gli stessi vengano riuniti o in cui al giudicante siano attribuiti poteri istruttori, va evidenziato come nella specie il G.i.p. abbia dichiarato l'inammissibilita' della richiesta (come e' nel suo potere: Sez. 6, n. 31970 del 02/07/2013, P.M. in proc. Matta e altro, Rv. 255979) all'esito dell'instaurazione del contraddittorio camerale con tutte le parti ai sensi del citato articolo 435, comma 3. E' dunque fuor di dubbio che egli non avrebbe potuto disporre la revoca della sentenza di non luogo a procedere e, tantomeno, il rinvio a giudizio degli imputati se non laddove questi ultimi (e in particolare il (OMISSIS) ed il (OMISSIS)) avessero potuto conoscere gli atti probatori posti a fondamento delle richieste presentate dal pubblico ministero, giacche' questi ultimi sarebbero stati altrimenti inutilizzabili ai fini della sua decisione. Ed e' altrettanto indubbio che l'eventuale cognizione degli stessi da parte del giudice per le ragioni indicate dal ricorrente risulti del tutto irrilevante in tal senso, posto che i suddetti imputati, non essendo parti del relativo procedimento, non avevano alcuna possibilita' di accedere al fascicolo relativo alla richiesta di rinvio a giudizio separatamente presentata nei confronti del solo (OMISSIS) e nel quale era effettivamente contenuta la documentazione di cui si tratta.
Ne consegue che la mancata trasmissione del corredo probatorio su cui si fondava la richiesta di revoca non poteva che esitare nella declaratoria dell'inammissibilita' della stessa.
4. Anche le censure rivolte alla seconda ratio decidendi del provvedimento impugnato risultano manifestamente infondate. In proposito il pubblico ministero rivendica la "casualita'" dell'acquisizione dei nova probatori negata dal G.i.p., evidenziando come si tratti di nuovi elementi "offerti" spontanemanete dal (OMISSIS), ma gli stessi atti allegati al ricorso smentiscono tale ricostruzione.
Ed infatti le dichiarazioni rese dal del (OMISSIS) alla polizia giudiziaria non possono ritenersi assunte nel corso di indagini estranee al procedimento gia' definito. Anzitutto va evidenziato che le stesse sono state raccolte ai sensi dell'articolo 350 c.p.p., comma 1, modalita' riservata all'assunzione di sommarie informazioni dall'indagato con le garanzie dell'articolo 64 c.p.p., in funzione della prosecuzione delle investigazioni. Dunque delle due l'una: o si tratta di modalita' irrituale, perche' alcuna indagine era stata iscritta nei confronti del dichiarante, ovvero si tratta di un vero e proprio atto di indagine relativo ad un procedimento avviato in riferimento pero' alla medesima notizia di reato posta alla base di quello concluso con la sentenza di non luogo a procedere. Dalla corrispondenza intervenuta tra il pubblico ministero e la polizia giudiziaria e dalla stessa intestazione dei verbali relativi alle suddette dichiarazioni, risulta peraltro che l'assunzione di queste ultime aveva costituito oggetto di specifica delega e cioe' di un atto d'indagine, a nulla rilevando che cio' sia avvenuto nell'ambito di un procedimento iscritto al registro degli atti non costituenti notizia di reato (mod. 45), come pure emerge dalla documentazione trasmessa. E' dunque evidente che quella avviata dal pubblico ministero e' stata una indagine relativa al medesimo oggetto del procedimento gia' definito e cioe' esattamente cio' che l'articolo 434 c.p.p., secondo il consolidato insegnamento di questa Corte (ex multis Sez. U, n. 8 del 23/02/2000, Romeo, Rv. 215412), non consente.
5. A questo punto superfluo e' l'esame delle ulteriori censure proposte dal ricorrente, atteso che l'eventuale erroneita' delle considerazioni del G.i.p. sull'idoneita' dei nova probatori a determinare il rinvio a giudizio degli imputati non comporterebbe comunque l'annullamento del provvedimento impugnato, atteso che la declaratoria di inammissibilita' della richiesta del pubblico ministero e' comunque autonomamente giustificata dalle altre rationes decidendi che la sostengono.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso del pubblico ministero.