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Sentenza

Ericino accusato di fare parte dell'associazione mafiosa Cosa Nostra.
Ericino accusato di fare parte dell'associazione mafiosa Cosa Nostra.
Cassazione Penale Sent. Sez. 5   Num. 47266  Anno 2019Presidente: PEZZULLO ROSARelatore: CALASELICE BARBARAData Udienza: 15/07/2019
SENTENZA sul ricorso proposto da: B.A. nato a E.  il ............ avverso l'ordinanza del Tribunale di Palermo in funzione di riesame emessa in data 21/03/2019 visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere B. Calaselice; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale, F. Lignola, che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso; udito il difensore, avv. G. V., in sostituzione dell'avv. G. De Luca, che ha concluso chiedendo l'accoglimento del ricorso. 
RITENUTO IN FATTO 1. Con l'ordinanza impugnata il Tribunale di Palermo in funzione di riesame, in relazione al fatto addebitato al capo 1) (in concorso, tra gli altri, con F.e P.V., O., S., L.) di cui all'art. 416-bis, commi 1,3,4 e 6 cod. pen., escludendo il ruolo di organizzatore, ha riformato il provvedimento con il quale il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale in sede ha applicato ad A.B. la misura della custodia cautelare in carcere, sostituendo quella in atto con gli arresti domiciliari. 1.1. Si tratta della contestazione del concorso con altri, anche già giudicati con sentenza irrevocabile o sottoposti a procedimento penale, per aver fatto parte dell'associazione di tipo mafioso denominata cosa nostra, avvalendosi della forza intimidatrice del vincolo associativo per commettere delitti, per acquisire in modo diretto o indiretto, la gestione delle attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni di appalti e servizi pubblici, per realizzare profitti e vantaggi ingiusti per sé o per altri, in particolare per aver organizzato l'articolazione territoriale mafiosa di Trapani, assicurandosi il controllo del territorio assieme a F.V. mantenendo, attraverso il continuo scambio di comunicazioni, il collegamento con altri associati. 2. Avverso l'ordinanza descritta ha proposto tempestivo ricorso per cassazione, tramite il difensore di fiducia, l'indagato affidandosi a due motivi. 2.1. Con il primo motivo si denuncia contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, avuto riguardo all'art. 292, comma 2, lett. c) cod. proc. pen. Il giudice si sarebbe appiattito sulla richiesta del pubblico ministero, senza verificare l'intero compendio probatorio, fondandosi su due precedenti condanne riportate da B.. Era stato devoluto con il riesame — ed il Tribunale ha risposto con motivazione sintetica (senza indicare le pagine) — che il giudice della misura genetica aveva operato mero richiamo agli atti indicati dal pubblico ministero, senza esplicitare le ragioni che giustificavano l'emanazione del provvedimento. Sul punto il Tribunale si sarebbe limitato, senza peraltro indicare le pagine del provvedimento richiamato, ad assumere che questo aveva, seppure con motivazione sintetica ma comunque esaustiva, esplicitato le ragioni del proprio convincimento. Il provvedimento impugnato, inoltre, opererebbe un intervento surrogatorio rispetto alla rilevata carenza, non consentito trattandosi di motivazione mancante o apparente alla quale il Tribunale con funzione di riesame non può sopperire. 
2.2. Con il secondo motivo si denuncia vizio di motivazione sotto i profili della mancanza, contraddittorietà, manifesta illogicità, con riferimento all'art. 273, comma 1-bis, 192 cod. proc. pen. e all'art. 416-bis cod. pen. Sostiene il ricorrente che: - le condanne del 1999 e 2005 indicate dal Tribunale sono risalenti e non vedono coinvolti V. e O., rispetto a contatti che, invece, risalgono, nel presente procedimento, agli anni 2016 e 2017; - i contatti del B. sono esigui e privi del collegamento a qualsiasi interesse del sodalizio, né sono costanti; - manca l'interessamento di B. al cd. filone politico-mafioso, inoltre questi è estraneo al procedimento in cui i fratelli V. e O. hanno riportato condanna irrevocabile; - nessun elemento indiziario, anche dalle due informative del 2017 e 2018 (che riportano intercettazioni e servizi di osservazione) poste a base dell'ordinanza genetica, è emerso a carico del B. circa la sua partecipazione a programmi per acquisire il controllo delle attività economiche nel settore dell'edilizia e nella gestione dei rifiuti né nella raccolta del consenso elettorale; - sono poste a carico del ricorrente cinque vicende che rappresentano episodi isolati, del tutto sganciati dalle attività del sodalizio di cui al capo 1), non idonei a fondare i presupposti di cui all'art. 273, comma 1-bis, cod. proc. pen., mancando un ruolo funzionale e dinamico svolto nel clan; - manca ogni segnale, anche implicito, di contributo causale o, comunque, di disponibilità ad agire quale partecipe all'organizzazione criminale; si richiama la sentenza delle Sezioni Unite penali di questa Corte, ricorrente Mannino, sulla natura dell'apporto del singolo partecipe all'interno del sodalizio, per il quale necessita, appunto, un ruolo funzionale e dinamico (non il mero prenderne parte) e la diversa connotazione della condotta del concorrente esterno; - non vi è rescissione esplicita da parte del B., dopo l'espiazione delle pene riportate per le condanne irrevocabili citate dal Tribunale, tuttavia il decorso di decenni da tali momenti, l'attività lavorativa successivamente svolta quale allevatore, la mancanza di ulteriori episodi, rispetto ai cinque valorizzati dal Tribunale, nonché di cointeressenze con i fratelli V., con O. e P., la consegna di una somma di danaro giustificata dall'attività lavorativa svolta, non sono elementi indiziari sufficienti; - era stato devoluto al Tribunale il riesame dell'episodio relativo all'inaugurazione del ristorante del figlio di B. alla quale questi non aveva invitato l'O.. Si ricostruisce, dai colloqui captati e dai servizi di osservazione, che non si era trattato di mera dimenticanza quanto al mancato invito dell'O. alla inaugurazione dell'attività commerciale: tanto a dimostrazione di un rapporto con l'associato non sintomatico dell'adesione al sodalizio. 
CONSIDERATO IN DIRITTO 1.11 ricorso, manifestamente infondato, deve essere dichiarato inammissibile. 2. Il primo motivo è manifestamente infondato. 2.1.Va osservato, quanto alla dedotta carenza di autonoma valutazione, che è principio affermato da questa Corte di legittimità quello secondo il quale in tema di motivazione delle ordinanze cautelari personali, la previsione di autonoma valutazione delle esigenze cautelari e dei gravi indizi di colpevolezza, introdotta all'art. 292, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. dalla legge 16 aprile 2015, n. 47, impone al giudice di esplicitare le ragioni per cui ritiene di poter attribuire, al compendio indiziario, un significato coerente all'integrazione dei presupposti normativi per l'adozione della misura. Tale previsione non implica, invece, la necessità di una riscrittura originale degli elementi indizianti o di quelli riferiti alle esigenze cautelari, risultando sotto tale aspetto legittima la motivazione per relationem. Ciò purché, anche a fronte di un richiamo al provvedimento genetico, detta motivazione risponda ai predetti parametri decisionali di ordine normativo, mentre devono ritenersi non corrispondenti all'obbligo di autonoma valutazione, motivazioni graficamente assenti o quelle caratterizzate da un percorso motivazionale sostanzialmente mancante o meramente apparente (Sez. 6, n. 46792 del 11/09/2017, Hasani, Rv. 271507; Sez. 5, n. 11922 del 02/12/2015, dep. 2016, Belsito, Rv. 266428). 2.1.1.Sotto tale aspetto l'ordinanza impugnata risulta dotata di adeguata motivazione, non apparente e, dunque, non censurabile sotto il profilo devoluto, nella parte in cui individua analiticamente gli elementi di fatto (sentenze di condanna irrevocabili per appartenenza a cosa nostra sino al 2005, nell'articolazione territoriale di Trapani retta prima da V.V e, poi, dai suoi figli F. e P., con il compito di consigliere) dai quali è stata desunta la gravità indiziaria quanto all'inserimento del ricorrente nella famiglia di Trapani, fino al 2005, oltre all'assenza di elementi da cui desumerne la successiva dissociazione. Vengono, altresì, analiticamente indicati gravi indizi di partecipazione al sodalizio, all'attualità e nella posizione di vertice contestata in via provvisoria, descrivendo la condotta del B. successiva alla sua scarcerazione, quanto ai contatti con i vertici del sodalizio, attraverso significativi, reiterati e continui incontri con F.V. e l'O., soggetti già condannati per la loro appartenenza, con posizione apicale, nel sodalizio di Trapani, nonché al coindagato P.. Si descrivono, altresì, le cautele adottate e il contenuto delle captazioni dalle quali emerge, per il Tribunale, l'evidente natura illecita degli incontri intercorsi con l'uomo d'onore V. nonché si specificano le registrazione che attestano il ruolo tenuto dal ricorrente, confutando specificamente i rilievi devoluti in sede di riesame dalla Difesa. Si valorizzano i colloqui registrati, attestanti la consegna di una somma di danaro dal V.al B., espressione della spartizione di proventi illeciti, nonché quelli avvenuti inter alios dai quali i giudici della cautela traggono elementi per delineare lo specifico organigramma della famiglia trapanese, la posizione di rilievo riconosciuta al B. al suo interno (come la vicenda della indicazione del predetto da parte di vertici del clan (V.) quale destinatario da parte di terzi, del tentativo di incrinarne i rapporti con O. e V. attraverso la diffusione della notizia di un falso progetto di estromissione del medesimo V. dal vertice della famiglia trapanese). 2.1.2.Peraltro si osserva che l'argomento dell'assenza di autonoma valutazione da parte del giudice, rispetto alla richiesta del Pubblico ministero, era già stato devoluto in sede di riesame ed a questo il Tribunale ha esposto, con motivazione esauriente, le ragioni del proprio convincimento. Si rileva, comunque, che l'ordinanza del giudice, sebbene sintetica sul punto, non si sottrae al delineato modello motivatorio che non espone il provvedimento al dedotto vizio (nel senso che la violazione della prescrizione della necessaria autonoma valutazione, da parte del giudice, delle esigenze cautelari e dei gravi indizi di colpevolezza, determina una violazione di legge processuale del provvedimento che legittima la Corte di cassazione a un accesso diretto allo stesso, divenendo essa, in tali casi, giudice del fatto: Sez. 6, n. 53940 del 19/09/2018, D'Arrigo, Rv. 274584). Tanto considerato che, con riferimento al vizio da mancanza di autonoma valutazione, non viene in considerazione la congruità, l'adeguatezza e la sufficienza degli argomenti utilizzati dal Giudice nell'ordinanza genetica per sostenere l'adozione della misura cautelare in punto di gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari, ma quello dell'esistenza stessa della motivazione, ben potendo ritenersi che rientri nella più ampia figura della violazione di legge per mancanza assoluta di motivazione. Sul punto si osserva che il Giudice ha esposto, in modo esauriente, le ragioni per le quali ha reputato sussistente la partecipazione del B., valorizzando il contenuto delle registrazioni captate, gli incontri con vertici del sodalizio, in fase preparatoria ed esecutiva, le cautele adottate, l'autorevolezza dell'indagato il cui nome risulta speso in una controversia tra terzi. Nell'indicata prospettiva verrebbe, comunque, in rilievo un vizio di motivazione che è emendabile ed integrabile dal tribunale del riesame nell'esercizio dei poteri suoi propri (Sez. 5, n. 6230 del 15/10/2015, dep. 2016, Vecchio, Rv. 266150). In materia cautelare, invero, ove vengano in considerazione profili di manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione dell'ordinanza genetica, il tribunale del riesame è chiamato, infatti, ad esercitare i poteri di modifica ed integrazione riconosciutigli dall'art. 309, comma 9, cod. proc. pen. ed il ricorso per cassazione non può tradursi in uno strumento di censura di mancanze logiche del provvedimento cautelare genetico, dovendo invece orientare la proposta critica avverso quello del riesame, adottato dal tribunale nell'esercizio dei poteri suoi propri, potere fisiologicamente espressivo del generale canone della conservazione dell'atto. 2.2. Il secondo motivo è inammissibile. Ai fini dell'adozione di una misura cautelare personale, è invero sufficiente qualunque elemento probatorio idoneo a fondare un giudizio di qualificata probabilità sulla responsabilità dell'indagato in ordine ai reati addebitatigli, perché i necessari gravi indizi di colpevolezza non corrispondono agli indizi intesi quali elementi di prova idonei a fondare un motivato giudizio finale di colpevolezza e non devono, pertanto, essere valutati secondo gli stessi criteri richiesti, per il giudizio di merito, dall'art. 192, comma 2, cod. proc. pen. - che, oltre alla gravità, richiede la precisione e la concordanza degli indizi - non richiamato dall'art. 273, comma 1-bis, cod. proc. pen. (Sez. 1, n. 43258 del 22/05/2018, Tantone, Rv. 275805; n. 22968 del 2017, Rv. 270172; n. 6660 del 2017, Rv. 26917; n. 36079 del 2012, Rv. 253511). In tale prospettiva si osserva che la motivazione dell'ordinanza impugnata dà conto, secondo cadenze argomentative insindacabili nella presente fase incidentale, della ricostruzione unitaria degli indizi, finendo per soddisfare anche i postulati della precisione e concordanza che un minoritario orientamento ermeneutico richiede anche in sede cautelare (Sez. 5, n. 55410 del 26/11/2018, Pittella, Rv. 274690; n. 31448 del 2013, Rv. 257781, n. 25239 del 2016, Rv. 267424). Peraltro va condiviso l'approdo interpretativo al quale è giunta la costante giurisprudenza di questa Corte che ha evidenziato come, in materia di provvedimenti de libertate, il sindacato del giudice di legittimità non possa estendersi alla revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi. Si tratta di apprezzamenti di merito, rientranti nel compito esclusivo e insindacabile del giudice che ha applicato la misura e del Tribunale con funzione di riesame. La motivazione del provvedimento che dispone una misura coercitiva e quella che la integra, in sede di riesame, è, dunque, censurabile solo quando sia priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e logicità al punto da risultare meramente apparente o assolutamente inidonea a rendere comprensibile la logica seguita dal giudice di merito o talmente priva di coordinazione e carente dei necessari passaggi logici da far risultare incomprensibili le ragioni che hanno giustificato l'applicazione della misura (Sez. 6, n. 49153 del 12/11/2015, Mascolo, Rv. 265244, di cui si riprendono le argomentazioni; Sez. F, n. 47748 del 11/08/2014, Contarini, Rv. 261400; Sez. 1, n. 6972, del 7/12/1999, dep. 2000, Alberti, Rv. 215331). Quanto al profilo della diversa ricostruzione del contenuto dei colloqui registrati, si osserva che in materia di intercettazioni, costituisce questione di fatto, rimessa all'esclusiva competenza del giudice di merito, l'interpretazione e la valutazione del contenuto delle conversazioni, il cui apprezzamento non può essere sindacato in sede di legittimità se non nei limiti della manifesta illogicità ed irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepite, non evincibile nella specie (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715; Sez. 2, n. 50701 del 04/10/2016, D'Andrea, Rv. 268389; Sez. 2, n. 35181 del 22/05/2013, Vecchio, Rv. 257784). Circa il rilievo attribuito agli incontri con vertici del sodalizio, risulta adeguata la motivazione e corretta dal punto di vista dei principi di diritto, pacificamente affermati da questa Corte regolatrice (Sez. 2, n. 31541 del 30/05/2017, Abbamundo, Rv. 270468; Sez. 6, n. 9185 del 25/01/2012, Biondo, Rv. 252281; Sez. 6, n. 24469 del 05/05/2009 Rv. 244382), secondo cui qualora i controlli e le frequentazioni con altri affiliati non siano del tutto occasionali e sporadici, ma assurgono a condotte reiterate e ripetute nel tempo, con contatti riguardanti persone appartenenti di spicco del clan, posti in essere peraltro in un ampio contesto temporale e quando la presenza assieme a tali soggetti non poteva essere affatto casuale, assurge senz'altro a condotta estremamente significativa, unitamente agli altri elementi, di un rapporto di intraneità del soggetto. Sicché si tratta di elementi che possono essere utilizzati come riscontri da valutare ai sensi dell'art. 192, comma 3, cod. proc. pen., tenuto conto proprio del descritto carattere abituale, ripetuto e intrinsecamente significativo delle frequentazioni. Da ultimo si osserva che la condotta contestata in via provvisoria al B. non è quella di mero concorrente esterno, ma di intraneo al gruppo, come il Tribunale ampiamente indica, traendo detto convincimento dalla serie di elementi di fatto, coerenti, specifici e significativi, sopra illustrati, la cui valenza indiziaria non è censurabile in questa sede e che non si limitano a un mero prendere parte al sodalizio ma si sostanziano in comportamenti attivi, quali specifici atti preparatori ed esecutivi del programma criminoso, diversamente da quanto dedotto. 3. Segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma indicata in dispositivo, equitativamente determinata, non ricorrendo le condizioni di cui alla pronuncia della Corte Cost. n. 186 del 13 giugno 2000, tenuto conto dei motivi devoluti. P.Q.M.Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila a favore della Cassa delle ammende. Così deciso, il 15/07/2019 Il Consigliere estensore Barbara Calaselice. Il Presidente
Avv. Antonino Sugamele

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