La Cassazione deposita le motivazioni della sentenza spiegando la corretta applicazione della misura cautelare in carcere.
Cassazione Penale Sent. Sez. 5 Num. 47264 Anno 2019Presidente: PEZZULLO ROSARelatore: CALASELICE BARBARAData Udienza: 15/07/2019
SENTENZA sul ricorso proposto da: R.P. nato a T. il ........... avverso l'ordinanza del Tribunale di Palermo in funzione di riesame emessa in data 25/03/2019 visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere B. Calaselice; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale, F. Lignola, che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso; uditi i difensori, avv. E. Sanseverino e V. Galluffo, che hanno concluso chiedendo l'accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO 1. Con l'ordinanza impugnata il Tribunale di Palermo, in funzione di riesame, riqualificato il fatto addebitato in quello di cui agli artt. 110, 416-bis cod. pen., commi 4 e 6 e ritenuta la condotta della corresponsione di somme a F. e P. V. per l'acquisto di voti, integrante la fattispecie di cui all'art. 416-ter cod. pen., ha confermato il provvedimento con il quale il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale in sede ha applicato a P.R. (nella veste di ispiratore e guida del movimento politico art. 4, nato nel 2013) la misura della custodia cautelare in carcere, in quanto originariamente reputato gravemente indiziato del reato di cui all'art. 416-bis, commi 1, 3, 4, 5, 6, cod. pen. (per avere fatto parte dell'associazione di tipo mafioso denominata cosa nostra, quale politico destinatario delle preferenze elettorali, fatte confluire da esponenti di detta associazione in varie consultazioni elettorali, fornendo un concreto e specifico contributo per garantire gli interessi del sodalizio mafioso cui metteva a disposizione per il tramite dei singoli associati, con i quali intratteneva rapporti continuativi ed ai quali si rivolgeva anche per questioni personali, l'influenza ed il potere politico derivanti anche dalla sua posizione di deputato regionale dell'Assembla Regionale Siciliana, in particolare ponendo in essere una serie di condotte, indicate nel capo di incolpazione, una delle quali, secondo il tribunale integrante la specifica fattispecie citata, di cui all'art. 416-ter cod. pen. — promesse di interessamento per far assumere, a tempo indeterminato, componenti della famiglia mafiosa di Campobello di Mazara, presso strutture ospedaliere o promesse di interessamento per la posizione lavorativa del figlio di C.S., si rivolgeva in distinte occasioni, a componenti della associazione mafiosa, indicati in C., i V., S., O., per ottenere supporto elettorale nell'occasione della consultazione regionale del 2017 e per le elezioni nazionali nel marzo 2018, prometteva danaro ai fratelli V. per acquistare voti nella campagna elettorale delle regionali 2017). 2. Avverso l'ordinanza descritta l'indagato ha proposto tempestivo ricorso per cassazione, tramite i difensori di fiducia, denunciando, nei motivi di seguito riassunti, tre vizi. 2.1. Con il primo motivo si denuncia violazione dell'art. 273 cod. proc. pen. per la ritenuta gravità indiziaria, nonché contraddittorietà e illogicità della motivazione, in relazione al concorso esterno nel reato di cui all'art. 110, 416-bis cod. pen. Per il ricorrente la motivazione è contraddittoria e illogica nella parte in cui non individua la controprestazione assicurata dal politico e le condotte poste in essere per favorire l'associazione (richiamando Sez. 2, n. 56088 del 2017, dep. 2018). Si sostiene che: - l'appoggio fornito dal R. nella competizione elettorale amministrativa presso il comune di Campobello di Mazara, elun candidato sindaco gradito al sodalizio, non è provata; la captazione del 9 maggio 2014, tra La C. e G. proverebbe che l'indagato è assolutamente estraneo a tale progetto ed, anzi, che ogni interpretazione diversa, sarebbe in contrasto con il dato oggettivo acquisito; - è apodittica l'affermazione secondo la quale R., a dimostrazione di una condotta quale controprestazione a favore e nell'utilità della cosca, avrebbe esercitato pressioni sul sindaco di Castelvetrano, finalizzate a consentire l'ingresso in consiglio comunale di G., mancando la controprestazione e, comunque, trattandosi di mero accordo politico tra esponenti di una coalizione di forze politiche che sostenevano la maggioranza; - i dialoghi intercettati il 4 e 7 aprile del 2014, provano che questi si relazionava lecitamente con il G., peraltro assolto in procedimento di primo grado, dall'accusa di appartenenza al sodalizio; - quanto ai rapporti tra l'indagato, il S. ed il S., non si tratterebbe di controprestazioni dirette a favorire l'associazione ed anche il rapporto con il G., sarebbe del tutto estraneo alla consorteria mafiosa; - quanto all'impegno assicurato dal R. per C., questo riguarderebbe rapporti personali tra il politico e S. senza potersi affermare che, attraverso quell'impegno, il politico, in qualche modo ha avvantaggiato l'intera cosca; -l'impegno di R. per la ditta G. viene descritto dal Tribunale travisando il contenuto della documentazione dalla quale emergeva che la ditta non aveva partecipato alla gara indetta dalla Ars, né che la ditta facesse parte di un elenco fornitori della Assemblea, peraltro rimasta estranea alla fornitura di mobili di cui si parla a pag. 29 dell'ordinanza cautelare. Da ultimo si deduce la mancanza di motivazione quanto all'elemento soggettivo del reato, sotto il profilo della volontà del contributo apportato alla realizzazione anche parziale del programma criminoso. 2.2. Con il secondo motivo si denuncia vizio di motivazione con riferimento alla fattispecie di cui all'art. 416-ter cod. pen. Alcuna valenza indiziante può essere riconosciuta alla captazione tra C. e V., valorizzata a pag. 31 dell'ordinanza cautelare, mentre sarebbe travisato il dato che emerge dalle altre due captazioni indicate. Si assume che R. avrebbe pattuito una somma di danaro da corrispondere alla cosca per l'acquisto di voti nella campagna elettorale delle regionali del 2017, con consegna della somma pari ad un terzo di quella pattuita.
Si riporta l'estratto del testo delle due captazioni reputate decisive per il Tribunale e si assume la contraddittorietà della motivazione nella parte in cui trae, dalle due conversazioni inter alios, la prova del pagamento di una somma, mentre da una delle captazioni emergerebbe che il R. sarebbe stato destinatario della richiesta di somma, interpretazione atta ad escludere l'avvenuta consegna di danaro. Il Tribunale, poi, trascurerebbe il dato, evidenziato dalla difesa nella memoria difensiva depositata in sede di riesame, rappresentato da altra conversazione, tra C. e V., dalla quale emergerebbe che proprio il mancato pagamento della somma sarebbe stato la causa dell'assenza di impegno della consorteria per la campagna elettorale del R.. 2.3. Con il terzo motivo si assume vizio di motivazione, indicata come illogica e contraddittoria, in relazione all'art. 274 cod. proc. pen. Si rileva che, per il concorso esterno, necessita la verifica della continuità dei rapporti con gli ambienti criminali e l'eventuale persistenza degli interessi scambievoli che possono mantenere il legame criminoso, nonostante la perdita delle cariche pubbliche o di partito, da parte del concorrente esterno, perché decaduto. Inoltre necessita l'esame del lasso temporale non segnato da condotte dell'indagato sintomatiche di perdurante pericolosità. Nella specie si deduce che i fatti sono ancorati agli anni 2013, 2014 e che il R. non esercita più alcuna funzione politica pubblica, né sussistono attuali interessi comuni con il sodalizio. Infine si deduce che non risulta esaminato l'effetto della rescissione dei legami con il gruppo sulla presunzione indicata dall'art. 275, comma 3, cod. proc. pen. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso è infondato. 2. Il primo motivo è, in parte, manifestamente infondato, in parte devolve critiche inammissibili in sede di legittimità. 2.1. Si osserva, preliminarmente, secondo il consolidato orientamento di legittimità, che in tema di concorso esterno in associazione di tipo mafioso, la condotta del soggetto estraneo all'associazione è punibile se la condivisione da parte dello stesso delle finalità perseguite dal gruppo, si sia tradotta in un concreto ausilio alla realizzazione di uno o più degli scopi tipici del programma criminoso del sodalizio (ex multis Sez. 1, n. 49067 del 10/07/2015, Impastato, Rv. 265423; n. 17894 del 2014, Rv. 259256). Secondo l'indicato indirizzo ermeneutico, deve ritenersi colluso e, dunque, concorrente esterno nell'associazione mafiosa, l'imprenditore, il professionista o il politico che, senza essere inserito nella struttura organizzativa del sodalizio criminale e privo della affectio societatis, instauri con la cosca un rapporto di reciproci vantaggi, consistenti, per l'estraneo favorito, nell'imporsi, sul territorio, in posizione dominante e, per l'organizzazione mafiosa, nell'ottenere risorse, servizi o utilità (ex plurimis : Sez. 2, n. 45402 del 02/07/2018, Lombardo, Rv. 275510; Sez. 6, n. 30346 del 18/04/2013, Orobello, Rv. 256740). Colluso è, dunque, chi entra in rapporto sinallagmatico con l'associazione, tale da produrre vantaggi per entrambi. Ciò ove gli impegni assunti dal politico a favore dell'associazione mafiosa presentino il carattere della serietà e della concretezza, in ragione dell'affidabilità e caratura dei protagonisti dell'accordo, dei caratteri strutturali del sodalizio criminoso, del contesto storico di riferimento e della specificità dei contenuti e sempre che, all'esito della verifica probatoria ex post della loro efficacia causale, risulti accertato, sulla base di massime di esperienza dotate di empirica plausibilità, che gli impegni assunti dal politico abbiano inciso effettivamente e significativamente, sul rafforzamento delle capacità operative dell'organizzazione criminale o di sue articolazioni settoriali (Sez. 2, n. 45402 del 2018, cit.; Sez. 6, n. 44667 del 12/05/2016, Camarda, Rv. 268680; Sez. 5, n. 39042 del 01/10/2008, Samà, Rv. 242318). Il Tribunale ha fatto corretta applicazione degli enunciati principi. R. viene indicato come destinatario, per lungo tempo, del sostegno elettorale di esponenti di cosa nostra nella sua articolazione trapanese, in varie consultazioni elettorali, con l'assicurazione, in cambio, della sua disponibilità ad assecondare esigenze delle articolazioni territoriali in sede locale del clan, appoggio strumentale a garantire la realizzazione degli obiettivi economici ed il controllo del territorio delle cosche. Si descrivono, nell'ordinanza del Tribunale del riesame che, sul punto, richiama quella genetica, le diverse consultazioni elettorali, a partire dal 2006 e l'appoggio assicurato dai vertici delle cosche locali, all'esito di accordi siglati nel corso di riunioni che vedevano anche la partecipazione diretta dello stesso R., oltre ad esponenti di spicco delle diverse articolazioni territoriali interessate. Si sottolinea l'assicurazione data da quest'ultimo ai fini dell'inserimento di soggetti vicini al clan nelle dinamiche politico-amministrative locali (come la vicenda del G., divenuto consigliere comunale). Si descrive l'impegno del politico, assunto quale consigliere regionale, ad interessarsi, in concreto, degli obiettivi del clan, in relazione ai piani di sviluppo del Parco archeologico di Selinunte. Si valorizza l'impegno del R. a far entrare nella lista elettorale "Articolo 4" una candidata, direttamente indicata dall'esponente mafioso F.S., nonché di impegnarsi a trovare lavoro al figlio di C.S., indicato come uomo d'onore della famiglia mafiosa di Trapani. Rispetto a tale movimento il Tribunale precisa che, nella prossimità di occasioni elettorali, stante l'obiettivo politico del R.o, di
rendersi, rispetto al predetto movimento, referente esclusivo nella zona di Trapani, si solidifica il rapporto sinallagmatico con il sodalizio, consentendo a soggetti direttamente riferibili al clan l'inserimento diretto nella struttura delle amministrazioni locali, onde assicurare, dall'interno, il soddisfacimento degli interessi della famiglia mafiosa di riferimento. In sostanza, a pagina 39 dell'ordinanza, si individuano, analiticamente, le controprestazioni assicurate dal ricorrente a titolo clientelare anche attraverso utilità dirette per singoli esponenti del sodalizio, quale contraltare dell'appoggio promesso dalla cosca. In tal senso l'elemento materiale del reato, descritto nell'ordinanza impugnata, risponde al generale modello di incriminazione delineato dell'art. 110 cod. pen., che trova applicazione, rispetto al reato associativo di cui all'art. 416- bis cod. pen., qualora un soggetto, pur non stabilmente inserito nella struttura organizzativa del sodalizio (essendo quindi privo dell' affectio societatis) fornisca alla stessa un contributo volontario, consapevole concreto e specifico, che si configuri come condizione necessaria per la conservazione o il rafforzamento delle capacità operative dell'associazione (tra le altre già citate : Sez. 5, n.2653 del 13/10/2015, dep. 2016, Paron, Rv. 265926). L'ordinanza impugnata è rispondente al necessario standard giustificativo anche in relazione all'elemento soggettivo del reato. La stessa natura della fattispecie in disamina esclude la configurazione del dolo eventuale, inteso quale mera accettazione da parte del concorrente esterno del rischio di verificazione dell'evento, ritenuto solamente probabile o possibile insieme ad altri risultati intenzionalmente perseguiti (Sez. U., n. 33748 del 2005, Mannino, Rv. 231672). Il dolo del concorrente esterno nel delitto di associazione per delinquere di stampo mafioso, è il dolo diretto che si configura quando la volontà non si dirige verso l'evento tipico e, tuttavia, l'agente si rappresenta, come conseguenza certa o altamente probabile della propria condotta, un risultato che tuttavia non persegue intenzionalmente. Esso si configura quando l'agente ha compiuto volontariamente una certa azione, rappresentandosene con certezza o con alta probabilità lo sbocco in un fatto di reato, ma la rappresentazione non esercita efficacia determinante sulla volizione della condotta (Sez. U., n. 38343 del 2014; Sez. U., n. 22327 del 2002 Rv. 224181). Quanto all'oggetto del dolo diretto (Sez. U., n. 33748 del 2005, Mannino, cit.) in tema di concorso esterno in associazione di tipo mafioso, occorre che l'agente, sprovvisto dell'affectio societatis e cioè della volontà di fare parte dell'associazione, sia consapevole, comunque, dei metodi e dei fini della stessa, rendendosi conto dell'efficacia causale della sua attività di sostegno per la conservazione o il rafforzamento della struttura organizzativa, all'interno della quale i membri effettivi devono poter contare sull'apporto vantaggioso del concorrente esterno.
A tali parametri ermeneutici si sono attenuti, nella motivazione, i giudici del merito cautelare, dando evidente rilievo ai rapporti diretti intrattenuti con i membri di vertice delle cosche, alla conoscenza, da parte di R., del ruolo che i suddetti membri ricoprivano nell'ambito della cosca, nonché alle connotazioni qualitative e quantitative dell'attività prestata, in favore dei singoli sodali o del sodalizio, nel complesso risultato, dunque, favorito (Sez. 2, n.18132 del 13/04/2016, Trematerra, Rv. 266907). Le critiche devolute con il primo motivo sono inammissibili in quanto integralmente versate in fatto (rispetto alla carenza di elementi probatori circa il materiale e consapevole appoggio fornito dal R. nella competizione elettorale amministrativa, presso il comune di Campobello di Mazara, di un candidato sindaco gradito al sodalizio, il diverso contenuto dei colloqui intercettati proposto, in ordine alla natura di mero accordo politico, quale diversa lettura dell'interessamento per l'ingresso nell'amministrazione comunale del G., l'esclusione della natura di controprestazioni dirette a favorire l'associazione, quanto ai rapporti tra l'indagato e i vertici del clan, S. e S.). Si prospetta, invero, una lettura alternativa degli indizi, non consentita a questa Corte di legittimità e si censura la motivazione sotto il profilo della contraddittorietà ovvero della illogicità (non manifesta). Si tratta di apprezzamenti di merito, rientranti nel compito esclusivo e insindacabile del giudice che ha applicato la misura e del Tribunale con funzione di riesame. La motivazione del provvedimento cautelare, invece, è censurabile solo quando sia priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e logicità al punto da risultare meramente apparente o assolutamente inidonea a rendere comprensibile la logica seguita dal giudice di merito o talmente priva di coordinazione e carente dei necessari passaggi logici da far risultare incomprensibili le ragioni che hanno giustificato l'applicazione della misura (Sez. 6, n. 49153 del 12/11/2015, Mascolo, Rv. 265244; Sez. F, n. 47748 del 11/08/2014, Contarini, Rv. 261400; Sez. 1, n. 6972, del 7/12/1999 - dep. 2000, Alberti, Rv. 215331). 2.2. Il secondo motivo è infondato. Il fatto che si assume travisato, secondo la lettura della Difesa, non è decisivo o, comunque, non ne viene indicata, specificamente, la decisività nell'ambito dell'apparato motivazionale sottoposto a censura. Peraltro si invoca una diversa interpretazione delle due captazioni reputate decisive per il Tribunale, in relazione alla prova del pagamento di una somma da parte del R., non consentita in sede di legittimità (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715 Sez. 2, n. 50701 del 04/10/2016, D'Andrea, Rv. 268389; Sez. 2, n. 35181 del 22/05/2013, Vecchio, Rv. 257784). Quanto all'eccepito omesso esame dell'argomento devoluto con memoria difensiva prodotta al Tribunale, si rileva che è noto il principio affermato da questa Corte regolatrice secondo il quale (Sez. 5, n. 4031 del 23/11/2015, Graziano, Rv. 267561) l'omessa valutazione di memorie difensive può influire sulla congruità e correttezza logico-giuridica della motivazione che definisce la fase o il grado nel cui ambito siano state espresse le ragioni difensive. A tale precedente, che si riferisce a procedimento di merito, va affiancato altro arresto (Sez. 6, n. 31362 del 08/07/2015, Carbonari, Rv. 264938) secondo cui, in tema di impugnazione di misure cautelari il giudice del riesame, sia pure con motivazione sintetica, deve dare ad ogni deduzione difensiva puntuale risposta, incorrendo in caso contrario, nel vizio, rilevabile in sede di legittimità, di violazione di legge per carenza di motivazione. Nella specie si osserva che senz'altro la memoria, nel suo complesso, è stata presa in esame, tanto che il Tribunale ne dà atto nell'incipit del provvedimento. In ogni caso si rileva che non appare decisivo il prospettato argomento. L'art. 416-ter cod. pen., invero, configura un reato di pericolo, dunque incrimina l'accordo in forza del quale due o più soggetti si scambiano la promessa del procacciamento di voti presso l'elettorato, con modalità tipicamente mafiose in occasione di consultazioni elettorali e l'erogazione di un corrispettivo in denaro o in altre utilità. La novellazione della disposizione incriminatrice, introdotta con la Legge n. 62 del 2014, ha riguardato l'introduzione nel suo testo della specifica previsione per cui l'oggetto della pattuizione illecita deve includere le modalità di acquisizione del consenso elettorale, tramite il metodo mafioso, come descritto all'art. 416-bis, comma 3, cod.pen., non essendo sufficiente, per integrare la fattispecie, il mero accordo sulla promessa di voti in cambio di denaro (Sez. 6, n. 36079 del 10/05/2016, Costa, Rv. 268003). Tuttavia, stante la natura del reato, questo pur alla luce della modifica introdotta, si perfeziona con la mera promessa nei termini suddetti. 2.3. Il terzo motivo è inammissibile. Si deduce l'illogicità e contraddittorietà della motivazione, in tema di esigenze cautelari, quanto all'attualità delle stesse, stante la perdita delle cariche pubbliche o di partito, da parte del concorrente esterno ed il lasso temporale intercorso, oltre all'intervenuta rescissione dei legami con il sodalizio, tutti elementi già valutati dal Tribunale con motivazione a folii 43 e sgg. dell'ordinanza impugnata, non apparente ed esauriente non censurabile, dunque in sede di legittimità. 3. Segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
3.1. Non conseguendo dalla presente decisione la liberazione del ricorrente deve disporsi — ai sensi dell'art. 94, comma 1-ter, delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale — che copia della stessa sia trasmessa al direttore dell'istituto penitenziario in cui l'indagato trovasi ristretto, perché provveda a quanto stabilito dal comma 1-bis del citato articolo 94. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen. Così deciso, il 15/07/2019 Il Consigliere estensore Barbara Calaselice Il Presidente