Il Giudice che autorizza, durante le indagini, la proroga delle intercettazioni non può celebrare l'udienza preliminare.
Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza n. 55231/18; depositata il 10 dicembre
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
1) C.F.P., nato a Palermo il .....
2)O.R. nata a Palermo il ......
3) T.G. nato a Palermo il ......
avverso l'ordinanza emessa in data 18/07/2018 dalla Corte d'Appello di Palermo
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Vittorio Pazienza;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Simone Perelli, che ha concluso chiedendo l'annullamento senza rinvio
della sentenza impugnata e la trasmissione degli atti ad altra Sezione della Corte
d'Appello per l'ulteriore corso
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 18/07/2018, la Corte d'Appello di Palermo ha rigettato
le istanze di ricusazione proposte da C.F.P., O.R., L.P.G. e T.G.nei confronti del G.u.p. dr.
Nicastro, avendo quest'ultimo svolto - nel medesimo procedimento a loro carico -
funzioni anche di G.i.p., in particolare emettendo alcuni decreti di proroga delle
intercettazioni telefoniche in corso, in accoglimento di richieste fondate su atti
della Squadra Mobile di Palermo nei quali si faceva espresso riferimento ai predetti
indagati.
2.
Ricorrono per cassazione il C., la O. e il T., a mezzo dei propri difensori, deducendo, con argomentazioni sostanzialmente analoghe,
violazione di legge e vizio di motivazione.
2.1. Si lamenta in primo luogo la non corretta interpretazione dei motivi di
ricorso nella parte in cui era stata dedotta l'incompatibilità funzionale del
giudicante a tenere l'udienza preliminare, avendo svolto funzioni di G.i.p.:
incompatibilità prevista dall'art. 34, comma 2-bis, cod. proc. pen., che nei commi
successivi enuncia alcune ipotesi di deroga, che devono essere interpretate
tassativamente: deve quindi escludersi la possibilità di inserire, tra le situazioni
con implicanti incompatibilità a tenere l'udienza preliminare, l'adozione di
provvedimenti autorizzativi o di proroga delle intercettazioni telefoniche o
ambientali.
2.2. Si censura inoltre la motivazione dell'ordinanza nella parte in cui aveva
escluso che il G.i.p., nei provvedimenti di proroga, avesse valutato il compendio
indiziario offerto a sostegno delle richieste. Nel ribadire l'illegittimità di
un'interpretazione volta ad inserire la situazione in discorso tra quelle derogatorie
dell'incompatibilità funzionale, i ricorrenti evidenziano l'illogicità della tesi per cui
il G.i.p., nel verificare la permanenza degli indizi di reato legittimanti l'attività
captativa e il rispetto dei presupposti normativi necessari per una legittima
compressione di diritti di rilievo costituzionale, non abbia espresso considerazioni
di merito. Nella specie, al contrario, nei provvedimenti di proroga era stata
integralmente condivisa la prospettazione di fatti che, ovviamente, devono essere
valutati in sede di udienza preliminare e di giudizio abbreviato.
3.
Con requisitoria del 18/10/2018, il Procuratore Generale ha sollecitato
l'annullamento senza rinvio dell'ordinanza impugnata, condividendo l'impostazione del
ricorso quanto alla natura tassativa delle eccezioni previste, nei
commi 2-ter e 2-quater dell'art. 34 cod. proc. pen., alla incompatibilità funzionale
contemplata nel comma 2-bis del medesimo articolo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.
Il primo motivo di ricorso proposto in ciascuna delle odierne impugnazioni
(che possono quindi essere qui trattate congiuntamente) è fondato.
2.
Le censure dei ricorrenti, di tenore sostanzialmente sovrapponibile, hanno
ad oggetto il percorso motivazionale compiuto dalla Corte d'Appello di Palermo nel
rigettare le reiezione delle istanze di ricusazione del G.u.p. dr. Nicastro, formulate
deducendo la sussistenza di una delle situazioni di incompatibilità previste dal
comma 2-bis dell'art. 34 cod. proc. pen., ai sensi del quale il giudice che, nel
medesimo procedimento, ha esercitato funzione di giudice per le indagini
preliminare non può - tra l'altro - tenere l'udienza preliminare. In particolare,
l'incompatibilità del dr. Nicastro a tenere l'udienza preliminare trae origine - nella
prospettiva dei ricorrenti - dal fatto che il predetto magistrato ha, nel corso delle
indagini preliminari, emesso alcuni decreti di proroga delle intercettazioni
telefoniche, motivati aderendo alle note della Squadra Mobile di Palermo (poste a
base delle richieste di proroga del P.M.) che, tra l'altro, facevano espresso
riferimento alla posizione dei ricorrenti.
Nella più recente giurisprudenza di legittimità, la portata applicativa di tale
disposizione, con riguardo ai provvedimenti emessi dal G.i.p., nel medesimo
procedimento, in materia di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, è
stata oggetto di soluzioni interpretative divergenti (nella diversa ipotesi di decreti
emessi in altro procedimento, a carico di soggetti diversi dall'imputato ricusante,
l'incompatibilità è stata esclusa da una recente decisione: cfr. Sez. 5, Sentenza n.
11982 del 07/12/2017, dep. 2018, Di Marco, Rv. 272662).
2.1. Secondo un primo indirizzo - espresso dalla Sesta Sezione di questa
Suprema Corte e fatto proprio anche dal provvedimento della Corte d'Appello
impugnato dai ricorrenti - l'incompatibilità in questione deve essere esclusa nelle
ipotesi in cui il G.i.p. si sia limitato ad emettere decreti di proroga di intercettazioni
telefoniche già autorizzate, o a convalidare l'attività captativa disposta in via
d'urgenza dal P.M.: dovendo la predetta incompatibilità essere ravvisata «solo con
riferimento ad attività e provvedimenti di natura giurisdizionale di carattere
decisorio», ed esclusa, invece, «in relazione a provvedimenti che non incidono sul
merito delle questioni oggetto del giudizio e ciò in ragione della finalità della causa
di incompatibilità tra G.i.p. e G.u.p. che è quella della configurazione del G.u.p.
come giudice terzo e quindi privo della conoscenza di atti in precedenza compiuti»
(Sez. 6, n. 41776 del 05/07/2017, Di Giovanni). Tale decisione ha richiamato - a
sostegno dell'insussistenza dell'incompatibilità per l'asserita mancanza, nei
provvedimenti di proroga, di qualsiasi valutazione nel merito - altro precedente
arresto (Sez. 1, n. 27838 del 08/04/2013, Tozzi, Rv. 256074), peraltro relativo ad
una fattispecie diversa da quella che qui interessa, come avvertito dalla stessa
sentenza Di Giovanni (era stata dedotta, in quel procedimento, la nullità del
provvedimento emesso dal Tribunale del Riesame composto anche dal giudice che,
in quel procedimento, aveva in precedenza autorizzato la proroga delle
intercettazioni telefoniche).
2.2. In una diversa prospettiva, sostenuta dalla medesima Sezione in
composizione parzialmente diversa e fatta propria dal P.G.
nella propria requisitoria, si è invece sostenuto che l'incompatibilità a tenere l'udienza
preliminare, prevista dall'art. 34 per chi ha svolto funzione di G.i.p., trova
eccezione unicamente nelle ipotesi previste nei commi successivi del medesimo
art. 34: «si tratta di norme rigide, frutto di successivi interventi legislativi e
caratterizzate dalla specificità e chiarezza dei riferimenti, alle quali l'interprete non
può aggiungere in via analogica elementi ulteriori» (Sez. 6, n. 44687 del
09/07/2015, Lamberti, che, muovendo da tali presupposti ermeneutici, ha ritenuto
incompatibile a tenere l'udienza preliminare il magistrato che, nel medesimo
procedimento, aveva proceduto agli adempimenti di cui al comma 6 dell'art. 268
cod. proc. pen., ovvero all'acquisizione delle conversazioni indicate dalle parti
indicate dalle parti e ritenute non manifestamente irrilevanti).
3. Ritiene il Collegio che debba darsi seguito al secondo indirizzo interpretativo,
per la sua maggiore aderenza all'assetto normativo delineato dai plurimi interventi
del legislatore succedutisi, a partire dal 1998, sull'art. 34 cod. proc. pen.
3.1. Com'è noto, la portata applicativa della incompatibilità delineata dal
secondo comma dell'art. 34 (che precludeva, in origine, solo la partecipazione al
giudizio del giudice che aveva emesso il provvedimento conclusivo dell'udienza
preliminare, il decreto di giudizio immediato, il decreto penale di condanna, ovvero
che aveva deciso sull'impugnazione avverso la sentenza di non luogo a procedere)
è stata oggetto di numerosi interventi additivi della Corte costituzionale,
soprattutto nei primi anni dall'entrata in vigore del codice Vassalli.
Nell'ovvia impossibilità di ripercorrere in questa sede le tappe di tale
evoluzione, ci si limita qui a ricordare che le decisioni della Consulta hanno
individuato una serie di ulteriori ipotesi di incompatibilità, in buona parte
riconducibili a provvedimenti adottati dal giudice per le indagini preliminari,
ritenuti "pregiudicanti" - non solo in relazione al giudizio dibattimentale, ma anche
alla definizione del procedimento con i riti alternativi - perché connotati da una
significativa "pregnanza contenutistica", e non meramente formale, della
valutazione operata (basti qui richiamare le sentenze concernenti il rigetto
dell'istanza di patteggiamento, l'ordine di formulazione dell'imputazione coatta, il
rigetto della domanda di oblazione per la diversità del fatto, l'applicazione di
misure personali).
3.2. Altrettanto noto è il fatto che, dinanzi ai ripetuti interventi additivi della
Corte costituzionale, il legislatore ha fissato - in sede di istituzione del giudice
unico di primo grado - il principio della "alterità soggettiva" tra giudice per le
indagini preliminari e giudice dell'udienza preliminare, operando in una duplice
direzione.
Da un lato, su un piano strettamente ordinamentale, il d.lgs. n. 51 del 1998
ha modificato l'art. 7-ter ord. giud., introducendo - nel quadro dei criteri obiettivi
e predeterminati per l'assegnazione degli affari al G.i.p. - l'obbligo della
"designazione di un giudice diverso per lo svolgimento delle funzioni di giudice
dell'udienza preliminare".
D'altro lato, il principio dell'alterità tra G.i.p. e G.u.p. è stato stabilito dal
legislatore del 1998 anche all'interno del processo, attraverso appunto
l'introduzione, al comma 2-bis dell'art. 34 cod. proc. pen., dell'incompatibilità a
tenere l'udienza preliminare (oltre che ad emettere il decreto penale di condanna
e a partecipare al giudizio, anche fuori dei casi di cui al comma 2) del giudice che,
nel medesimo procedimento, ha esercitato funzioni di giudice per le indagini
preliminari.
3.3. La drastica scelta legislativa di non ricorrere a criteri "casistici"
nell'individuazione dell'incompatibilità, ma di optare seccamente per la necessaria
"alterità soggettiva" tra G.i.p. e G.u.p. (con conseguente rinuncia alla verifica, in
concreto, dell'effettivo carattere "pregiudicante" dell'attività anteriormente svolta
in funzione di G.i.p.), era stata apprezzata in dottrina perché «soprattutto faceva
chiarezza, semplificando, almeno in parte, il quadro frastagliato e pur sempre
inevitabilmente "aperto" risultante dalla giurisprudenza costituzionale».
Peraltro, l'assolutezza di quella scelta ha ben presto indotto il legislatore ad
intervenire ulteriormente, temperandone il rigore attraverso l'individuazione di
alcune ipotesi di deroga all'incompatibilità "funzionale" delineata dal comma 2-bis
dell'art. 34.
In particolare, ai sensi del comma 2-ter del predetto articolo (introdotto dalla
I. n. 479 del 1999, e modificato dalla I. n. 95 del 2004), le incompatibilità previste
dal comma 2-bis non si applicano al giudice che, nel medesimo procedimento, ha
emesso i provvedimenti previsti da specifiche disposizioni in tema di ordinamento
penitenziario (autorizzazioni sanitarie, permessi di colloquio, corrispondenza
telefonica, controllo sulla corrispondenza, permessi), ovvero provvedimenti di
restituzione nel termine ex art. 175 cod. proc. pen., o di dichiarazione della
latitanza ex art. 296 dello stesso codice.
Inoltre, ai sensi del comma 2-quater dell'art. 34 (introdotto dal di. n. 82 del
2000, conv. con mod. dalla I. n. 144 del 2000), le disposizioni del comma 2-bis
non si applicano al giudice che, nel medesimo procedimento, ha adottato uno dei
provvedimenti previsti dalle disposizioni in tema di incidente probatorio.
Si è osservato, in dottrina, che le fattispecie di deroga all'operatività del
comma 2-bis appaiono accomunate «dall'assenza, nelle corrispondenti decisioni;
di qualsivoglia coefficiente di valutazione contenutistica dell'ipotesi accusatoria».
Tale connotazione, di intuitiva evidenza quanto alle ipotesi individuate dal comma
2-ter dell'art. 34, può dirsi riscontrabile anche nella deroga all'incompatibilità
correlata all'adozione di provvedimenti in sede di incidente probatorio: nel valutare
la sussistenza dei presupposti per l'accoglimento della relativa richiesta (art. 398
cod. proc. pen.), nell'adottare i provvedimenti necessari all'espletamento
dell'incidente (artt. 399, 400) e nella stessa assunzione della prova in
contraddittorio (art. 401), l'attività del giudice risulta priva di momenti valutativi
in ordine all'intrinseca configurabilità e consistenza dell'ipotesi accusatoria,
essendo funzionale unicamente all'assicurazione della prova in vista della fase
dibattimentale.
Il quadro fin qui delineato trova riscontro in una decisione della Corte
costituzionale (sent. n. 153 del 21 giugno 2012), secondo cui il comma 2-bis
dell'art. 23 «sancisce, in termini generali, l'incompatibilità alla funzione di giudizio
(oltre che alla funzione di giudice dell'udienza preliminare o all'emissione del
decreto penale di condanna) del magistrato che, nel medesimo procedimento,
abbia esercitato funzioni di giudice per le indagini preliminari, fatta eccezione per
le ipotesi in cui si sia limitato ad assumere uno dei provvedimenti (di marginale
rilievo o anticipatori dell'istruzione dibattimentale) specificamente elencati nei
successivi commi 2-ter e 2-quater. Con tale disposizione - come emerge dalla
relazione al d.lgs. n. 51 del 1998 - il legislatore ha inteso recepire le numerose
dichiarazioni di illegittimità costituzionale pronunciate in precedenza da questa
Corte in tema di incompatibilità del giudice per le indagini preliminari [...]
accorpandole in una previsione unitaria di più immediata leggibilità, che peraltro
ne supera l'ambito con la configurazione di una incompatibilità di tipo "funzionale",
nella precipua prospettiva di prevenire ulteriori pronunce del medesimo segno»
(cfr. § 4 del "Considerato in diritto").
4. Tale assetto normativo induce a ritenere non condivisibile l'orientamento
interpretativo accolto nell'ordinanza impugnata, che attribuisce un pregiudiziale
quanto dirimente rilievo, per l'affermazione dell'incompatibilità del giudice a tenere
l'udienza preliminare ai sensi del comma 2-bis dell'art. 34, alla verifica del
carattere decisorio, con incidenza nel merito, del provvedimento adottato da quel
magistrato in funzione di giudice per le indagini preliminari (cfr. Sez. 6, n. 41776
del 2017, cit.).
Se è vero infatti che tale criterio ha concorso a guidare il percorso compiuto
dalla Consulta, con le richiamate sentenze dichiarative della illegittimità
costituzionale dell'art. 34 (cfr. supra, § 3.1.), altrettanto vero è che la scelta
legislativa seguita a quel percorso" - con la quale l'indirizzo qui avversato non
sembra confrontarsi compiutamente - è stata quella di recepire quelle decisioni,
ma al contempo di superare la prospettiva "casistica" conseguente ai plurimi
interventi della Corte costituzionale: si è infatti optato per la configurazione, al
comma 2-bis dell'art. 34, di una incompatibilità direttamente correlata alla
funzione esercitata dal giudice (non a caso definita «incompatibilità di tipo
funzionale» dalla sentenza n. 153 del 2012), peraltro successivamente mitigata
dalle ipotesi derogatorie specificamente indicate nei commi 2-ter e 2-quater
dell'art. 34.
Sembra del resto opportuno porre in evidenza che, se davvero si dovesse
espungere per via interpretativa, dal tenore apparentemente onnicomprensivo
dell'incompatibilità delineata dal comma 2-bis dell'art. 34, tutti i provvedimenti del
G.i.p. non implicanti una valutazione nel merito dell'ipotesi accusatoria,
risulterebbe alquanto arduo comprendere il senso delle disposizioni derogatorie di
cui ai commi 2-ter e 2-quater, essendo queste ultime accomunate - come già
osservato - proprio dall'assoluta assenza di aspetti valutativi della fondatezza
dell'accusa. Si tratterebbe anzi di disposizioni totalmente superflue, in quanto
l'insussistenza dell'incompatibilità sarebbe stata agevolmente ricavabile, pur in
assenza dei commi 2-ter e 2-quater, facendo appunto leva sulla mancanza di
contenuto valutativo (nel senso indicato) che caratterizza i provvedimenti di
rimessione in termini, di dichiarazione di latitanza, di ammissione dell'incidente
probatorio, di autorizzazione ai sensi degli artt. 11, 18, 18-ter, 30 ord. pen.
Al contrario, il senso e la finalità dell'introduzione dei predetti commi si coglie
e si apprezza compiutamente laddove si consideri che il legislatore, con il loro
inserimento, ha inteso temperare gli effetti della riforma, limitando la portata
applicativa di una incompatibilità "funzionale" che il d.lgs. n. 51 del 1998 aveva
inteso delineate (come espressamente chiarito nella Relazione ministeriale) con
caratteri di assolutezza.
5. Alla luce di quanto fin qui esposto, deve ritenersi, da un lato, che l'attività
di proroga delle intercettazioni svolta dal dr. Nicastro nel procedimento a carico
dei ricorrenti rientri appieno nell'esercizio della funzione di giudice per le indagini
preliminari, presa in considerazione dal comma 2-bis dell'art. 34 quale situazione
di incompatibilità a tenere l'udienza preliminare; d'altro lato, risulta del tutto
evidente che la predetta attività non sia riconducibile ad alcuna delle ipotesi
derogatorie contemplate dai commi 2-ter e 2-quater dello stesso articolo.
È necessario chiedersi se tali previsioni siano suscettibili di interpretazione
analogica, o se sia comunque possibile individuare - pur nel silenzio del legislatore
- ulteriori ipotesi in cui all'adozione di provvedimenti in funzione di G.i.p. non
consegua «l'incompatibilità di quel magistrato a tenere l'udienza preliminare, ad
emettere il decreto penale di condanna, a partecipare al giudizio.
A tale quesito, i ricorrenti e lo stesso Procuratore Generale hanno risposto in
senso negativo, argomentando anzitutto dal divieto previsto dall'art. 14 disp. prel.
cod. civ.; anche la sentenza Lamberti ha escluso la possibilità di estensioni per via
interpretativa, sottolineando il carattere rigido delle disposizioni e la specificità e
chiarezza dei riferimenti operati dalle norme derogatorie.
Al riguardo, deve osservarsi che, anche a voler ritenere superabile l'ostacolo
rappresentato dall'art. 14 delle preleggi, e a voler concordare quindi con
l'impostazione dottrinale e giurisprudenziale favorevole ad integrare il "catalogo"
delle deroghe all'incompatibilità, per esigenze di ragionevolezza correlate alla
incompletezza del catalogo stesso, non potrebbe che aversi riguardo - per intuitive
ragioni di carattere sistematico - alle sole ipotesi pienamente assimilabili a quelle
individuate dal codice: ovvero, come sottolineato in dottrina, ai soli «casi che
davvero non pongano in dubbio l'effettiva assenza di apprezzamenti
contenutistici».
In tale prospettiva è stata appunto esclusa, in giurisprudenza, l'incompatibilità
a partecipare al giudizio dibattimentale del magistrato «che abbia esercitato, nel
medesimo procedimento, le funzioni di G.i.p., conferendo un incarico peritale per
la verifica, ai sensi dell'art. 299, comma quarto-ter, cod. proc. pen., della
compatibilità delle condizioni di salute di un coindagato con il regime custodiale
carcerario» (Sez. 6, n. 18525 del 26/04/2012, De Stefano, Rv. 252717. Sulla
possibilità di escludere l'incompatibilità ex art. 34 comma 2-bis, estendendo ai
provvedimenti effettivamente adottati dal giudice la medesima
ratio sottesa alle ipotesi derogatorie previste dai commi 2-ter e 2-quater dello stesso art. 34, cfr.
anche Sez. 5, a n. 371 del 12/12/2007, dep. 2008, Ruffoni, Rv. 238336).
6. Appare peraltro superfluo, a questo Collegio, soffermarsi sull'impossibilità di
ricondurre, in tale ambito di sostanziale omogeneità alle ipotesi codificate di
deroga, i decreti autorizzativi delle intercettazioni telefoniche o ambientali, o di
proroga dell'attività captativa già autorizzata, emessi dal G.i.p. nell'ambito del
medesimo procedimento.
È noto infatti che, per legittimare la compressione di un diritto di rilievo anche
costituzionale, quale quello alla segretezza delle comunicazioni, il G.i.p. è tenuto
a verificare tra l'altro - alla luce degli elementi acquisiti e dedotti dal P.M. a
sostegno della richiesta di intercettazione o di proroga - la sussistenza/persistenza
di gravi indizi di reato (art. 267 cod. proc. pen.), ovvero, nelle ipotesi di cui all'art.
13 I. n. 203 del 1991, di sufficienti indizi di reato. Trattasi, con ogni evidenza, di
attività nn assimilabile in alcun modo alle ipotesi codificate di deroga
all'incompatibilità, proprio perché caratterizzata da una valutazione contenutistica
dell"ipotesi accusatoria, operata nel medesimo procedimento (pur se al solo fine
di autorizzare le captazioni, e pur se non necessariamente ancorata
all'individuazione delle responsabilità di un determinato soggetto): ovvero proprio
da quelle connotazioni che, invece, mancano totalmente nelle fattispecie elencate
ai commi 2-ter e 2-quater dell'art. 34.
In buona sostanza, il G.i.p. che autorizza l'intercettazione, o la proroga
dell'attività captativa, non si limita ad un intervento di natura formale o comunque
estraneo all'oggetto dell'imputazione, né si limita a "conoscere" il contenuto degli
atti procedimentali acquisiti a sostegno di un'ipotesi accusatoria: egli è tenuto ad
una delibazione delle risultanze allegate a sostegno della richiesta, in funzione
squisitamente valutativa della configurabilità, su quelle basi, di gravi (o sufficienti)
indizi del reato ipotizzato dal P.M. richiedente. Né può dubitarsi dell'effettivo
esercizio di tali attività nella fattispecie in esame, avendo il dr. Nicastro autorizzato
la proroga delle intercettazioni con una motivazione
per relationem al contenuto della richiesta del P.M. e delle note della Squadra Mobile di Palermo, nelle quali si
fa - tra l'altro - espresso riferimento al C. (all. 1, 2, 3 al ricorso), alla
O. (all. 1, 2) e al T. (all. 4, 5. Sulla legittimità di una motivazione
per relationem del decreto di autorizzazione o di proroga, mediante il richiamo al
provvedimento del pubblico ministero e alle note di polizia, con implicito giudizio
di adesione ad essi, cfr. ad es. Sez. 1, n. 9764 del 10/02/2010, Femia, Rv.
246518).
7. Le considerazioni fin qui svolte rendono ultroneo l'esame delle ulteriori
doglianze prospettate, imponendo l'annullamento senza rinvio dell'ordinanza
impugnata, e la restituzione degli atti alla Corte d'Appello di Palermo.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio il provvedimento impugnato e dispone la restituzione degli
atti alla Corte d'Appello di Palermo.
Così deciso il 28 novembre 2018
Il Consigliereestensore
Il Presidente
11-12-2018 21:21
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