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Sentenza

La rilevanza penale di una contraffazione di una marchio cromatico regolarmente registrato.
La rilevanza penale di una contraffazione di una marchio cromatico regolarmente registrato.
Cassazione Penale, Sez. V, 31 gennaio 2018 (u.p. 7 novembre
2017), n. 4682 - Pres. Vessichelli - Rel. Scotti - P.M.
Fimiani (diff.) - Ric. P.m. in c. Z.G.Y.
Il Tribunale di Pescara accoglieva la richiesta di riesame proposta,
ai sensi dell'art. 324 c.p.p., nell'interesse dell'indagato
avverso il decreto di convalida del sequestro emesso dal
pubblico ministero, revocandolo con riferimento a tutti i beni
indicati nel verbale di perquisizione effettuati dalla Guardia di
Finanza, costituiti da capi di vestiario in ritenuta contraffazione
del marchio “K-way”, recante riproduzione di un elemento
decorativo, consistente in una striscia di tessuto multicolore
applicata in corrispondenza della cerniera lampo.
Nel ricorrere per cassazione, il P.M. denunciava violazione di
legge perché il Tribunale non aveva tenuto conto della tutela
riconosciuta dalla legge al marchio di colore, costituito da una
precisa e ben identificata sequenza cromatica, definita da una
successione sequenziale di precisi codici di tonalità, nel caso in
esame protetta dal marchio Europeo, regolarmente registrato
presso l'EUIPO, in titolarità di una S.r.l., che aveva peraltro
confermato la violazione del proprio titolo di proprietà industriale.
La decisione
Pur dando atto dell'esattezza delle osservazioni del ricorrente
in punto di diritto sostanziale, la Cassazione ha dichiarato
l'inammissibilità del ricorso. Prendendo le mosse dall'analisi
del dato normativo, la Corte ha rilevato che, per espressa
previsione normativa, i delitti previsti dai commi 1 e 2 dell'art.
474 c.p. sono punibili a condizione che siano state osservate
le norme delle leggi interne, dei regolamenti comunitari e
delle convenzioni internazionali sulla tutela della proprietà
intellettuale o industriale. L'art. 7 del “codice di proprietà
industriale” (varato con D.Lgs. 10 febbraio 2005, n. 30) prevede
la possibilità di registrare un marchio costituito da una
particolare combinazione cromatica. Al proposito, la S.C., in
sede civile, ha precisato che l'“adozione di una particolare
combinazione cromatica, per contraddistinguere un determinato
prodotto, può costituire oggetto di registrazione come
marchio, a condizione che la sua utilizzazione, oltre a non
essere imposta dalla natura stessa del prodotto o necessaria
per il raggiungimento di un risultato tecnico o tale da conferire
un valore sostanziale del prodotto, sia del tutto avulsa da una
funzione ornamentale, risultando ispirata a criteri di pura
fantasia o di attitudine differenziatrice”. Analogamente,
l'art. 4 del Reg. (CE) n. 207/2009 del Consiglio del 26 febbraio
2009 sul marchio dell'Unione Europea (nel testo modificato
dal Reg. del Parlamento Europeo e del Consiglio, n. 2424 del
16 dicembre 2015, e ora ricodificato dal Reg. 14 giugno 2017,
n. 1001) prevede che possono costituire marchi UE anche i
colori, purché adatti a distinguere i prodotti o i servizi di
un'impresa da quelli di altre imprese e a essere rappresentati
nel registro dei marchi dell'Unione Europea in modo da
consentire alle autorità competenti e al pubblico di determinare
in modo chiaro e preciso l'oggetto della protezione
garantita al loro titolare. La Corte di Giustizia UE (Sez. II, 24
giugno 2004, n. 49) ha precisato che colori o combinazioni
cromatiche, disegnati astrattamente e senza contorno in una
domanda di registrazione, e le cui tonalità siano enunciate
con riferimento a un campione di colore e precisate secondo
una classificazione di colori internazionalmente riconosciuta,
possono costituire un marchio comunitario, nella misura in
cui essi si presentino effettivamente come un segno e la
domanda di registrazione comporti una disposizione sistematica
che associa i colori considerati in modo predeterminato
e costante; inoltre, secondo la Corte di Giustizia UE (6
maggio 2003, n. 104), anche un semplice colore specifico,
senza limitazioni spaziali, può possedere, per taluni prodotti e
servizi, carattere distintivo sempreché possa essere oggetto
di rappresentazione grafica chiara, precisa, di per sé completa,
facilmente accessibile, intellegibile, costante e oggettiva,
requisito suscettibile di essere soddisfatto mediante la
determinazione per mezzo di un codice di identificazione
internazionalmente riconosciuto. Sulla scorta di questa ricostruzione,
laCorte ha perciò affermato che “la contraffazione
di un marchio cromatico UE debitamente registrato, pedissequamente
riprodotto su beni detenuti per il commercio,
ben potrebbe integrare i reati ipotizzati, poiché l'elemento
decorativo in questione costituisce un segno suscettibile di
acquisire con la registrazione la veste giuridica di titolo di
proprietà industriale”.Nel caso inesame,tuttavia, il Tribunale
aveva, tra l'altro, lamentato che nel fascicolo processuale non
vi era alcuna documentazione fotografica, cio che precludeva
qualsiasi possibile valutazione del fumus boni iuris. E difatti,
comeammesso dallo stesso ricorrente, i prodotti sequestrati
erano raffigurati solo in copia fotostatica, in bianco e nero, al
pari della sequenza cromatica del marchio UE; ciò, evidentemente,
impediva quel necessario confronto fra le due
sequenze, sotto il profilo sia seriale, sia delle tonalità cromatiche,
che costituisce l'imprescindibile presupposto della
valutazione di confondibilità tra i segni.
I precedenti
Non risultano precedenti editi in termini.



La dottrina
A. Alessandri, voce Tutela penale dei segni distintivi, inDig. disc.
pen., XIV, 1999, 432 ss.; F. Cingari, La tutela penale dei marchi e
dei segni distintivi, Milano, 2008, passim; A. Madeo, Lotta alla
contraffazione: modifiche agli artt. 473-474 c.p. e nuovi delitti, in
questa Rivista, 2010, 10 ss.; G. Marinucci, Il diritto penale dei
marchi,Milano, 1962, passim; A. Rossi Vannini, La tutela penale
dei segni distintivi, in Aa.Vv., Trattato di diritto penale dell'impresa,
a cura di A. Di Amato, IV, Padova, 1993, 55 ss.; D.
Sangiorgio, Contraffazione di marchi e tutela penale della proprietà
industriale e intellettuale, Padova, 2006, passim.
Avv. Antonino Sugamele

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