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Sentenza

Misura cautelare in carcere. Il Giudice ha l'obbligo di spiegare le ragioni specifiche che giustificano tale misura.
Misura cautelare in carcere. Il Giudice ha l'obbligo di spiegare le ragioni specifiche che giustificano tale misura.
Penale Sent. Sez. 3   Num. 5840  Anno 2018
Presidente: RAMACCI LUCA
Relatore: DI STASI ANTONELLA
Data Udienza: 09/01/2018

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
T.C. , nato a B. il .....
avverso l'ordinanza del 03/10/2017 del Tribunale di Brescia
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott.ssa Antonella Di Stasi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
dott. Stefano Tocci, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 15.9.2017, il Tribunale di Brescia applicava a T.C. la misura dell'obbligo di dimora e permanenza notturna presso
l'abitazione in relazione ai delitti di detenzione a fini di spaccio di gr 225 di
mentanfetamina e coltivazione di una pianta di marijuana.
Con ordinanza del 3.10.2017, il Tribunale del riesame di Brescia, in
accoglimento dell'appello cautelare proposto dal PM, riformava la predetta
ordinanza ed applicava a T.C.,  in ordine ai delitti contestati, la misura
della custodia cautelare in carcere.
2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione T.C. ,
a mezzo del difensore di fiducia, articolando due motivi di seguito enunciati nei
limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'art. 173
comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
Con il primo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in
relazione all'art. 275, comma 3, cod.proc.pen., lamentando che l'ordinanza
impugnata non sia adeguatamente motivata in relazione all'illustrazione degli
elementi sulla base dei quali altre misure meno afflittive, anche se applicate
cumulativamente, non sarebbero idonee a fronteggiare l'esigenza cautelare
ritenuta sussistente.
Con il secondo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in
relazione all'art. 275, comma 3 bis, cod.proc.pen. lamentando che il Tribunale
non aveva indicato le ragioni in base alle quali sarebbe inadeguata la misura
degli arresti domiciliari con le procedure di controllo di cui all'art. 275 bis,
comma 1 cod.proc.pen.
Chiede, pertanto, l'annullamento dell'ordinanza impugnata.
Con memoria difensiva con deduzione di motivi aggiunti del 22.12.2017, la
difesa del ricorrente ha proposto un nuovo motivo di ricorso con il quale deduce
violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all'art. 275 comma 2 bis
cod.proc.pen.; argomenta che l'ordinanza impugnata veniva pronunciata nella
fase cautelare incidentale del giudizio direttissimo, all'esito del quale, ammesso il
rito abbreviato condizionato richiesto dall'imputato, il Tribunale di Brescia, con
sentenza del 27.10.2017, dichiarava T.C. responsabile del delitto di cui
all'art. 73, comma 5 dpr n. 309/1990, così riqualificata l'originaria imputazione,
e lo condannava alla pena di anni 1, mesi 2 e giorni 20 di reclusione ed euro
1.400,00 di multa; la riqualificazione operata, si argomenta, rende operativo il
divieto di applicazione della misura della custodia cautelare in carcere previsto
dal comma 2 bis dell'art. 275 cod.proc.pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è fondato.
2. Va ribadito il principio di diritto, secondo il quale, in tema di scelta delle
misure cautelari, a seguito delle modifiche apportate dalla legge 16 aprile 2015,
n. 47, all'art. 275, comma terzo, cod. proc. pen., incombe sul giudice che emette
o conferma, sia pure in sede di impugnazione, un'ordinanza applicativa della
custodia cautelare in carcere il dovere di esplicitare specificamente le ragioni per
le quali sono inadeguate le altre misure coercitive ed interdittive "anche se
applicate congiuntamente"(Sez. 3, n. 842 del 17/12/2015, dep.12/01/2016,Rv.
265964).
Si è osservato che il mutamento normativo operato dalla legge n. 47 del
2015 all'art. 275, comma 3 cod.proc.pen. (La custodia cautelare in carcere può
essere disposta soltanto quando le altre misure coercitive o interdittive, anche se
applicate cumulativamente, risultino inadeguate), determina l'inevitabile
superamento della giurisprudenza di questa Corte che, in passato, aveva ritenuto
come in tema di scelta delle misure cautelari, ai fini della motivazione del
provvedimento relativo alla misura della custodia cautelare in carcere, non fosse
necessaria un'analitica dimostrazione delle ragioni che rendevano inadeguata
ogni altra misura, ma che fosse sufficiente che il giudice indicasse, con
argomenti logico-giuridici tratti dalla natura e dalle modalità di commissione dei
reati nonché dalla personalità dell'indagato, gli elementi specifici che inducessero
ragionevolmente a ritenere la custodia in carcere come la misura più adeguata al
fine di impedire la prosecuzione dell'attività criminosa, rimanendo, in tal modo,
assorbita l'ulteriore dimostrazione dell'inidoneità delle altre misure coercitive
(Sez. 5, n. 51260 del 04/07/2014 - dep. 10/12/2014, Calcagno, Rv. 261723).
La nuova previsione normativa- si è chiarito- impone, oggi al giudice della
cautela, sia esso il giudice dell'ordinanza genetica che quello del riesame se
investito della relativa questione, di motivare in maniera specifica in ordine alle
ragioni per le quali risultino inadeguate le altre misure coercitive e interdittive
"anche se applicate cumulativamente".
Va, poi, evidenziato che la legge 16 aprile 2015 n. 47 ha previsto, inoltre,
nel nuovo comma 3 bis dell'art. 275 cod. proc. pen che: "Nel disporre la custodia
cautelare in carcere il giudice deve indicare le specifiche ragioni per cui ritiene
inidonea, nel caso concreto, la misura degli arresti domiciliari con le procedure di
controllo di cui all'art. 275-bis, comma 1".
Il legislatore, quindi, ha introdotto un ulteriore specifico onere motivazionale
a carico del giudice che dispone la cautela inframuraria: l'intento della novella è,
pertanto, quello di riaffermare la funzione di extrema ratio della custodia in
carcere, sancendo espressamente un obbligo motivazionale ulteriore per il
giudice della cautela che deve spiegare perché non possa applicare la misura
degli arresti domiciliari con le procedure di controllo di cui all'art. 275-bis,
comma 1" in luogo di quella carceraria.
3. Nella specie, il Tribunale, nell'applicare la custodia cautelare in carcere,
non ha adeguatamente motivato in relazione agli elementi sulla cui base le altre
misure coercitive ed interdittive "anche se applicate congiuntamente" sarebbero
inidonee a fronteggiare l'esigenza cautelare ritenuta sussistente né in ordine alla
inidoneità della misura degli arresti domiciliari con le procedure di controllo: sul
punto, l'ordinanza si limita ad affermare, con motivazione apparente,
l'inadeguatezza di ogni altra misura richiamando, in maniera generica e senza
illustrare sul punto elementi di specifica valenza negativa, "la dimostrata
incapacità di T. di una spontanea osservanza delle norme e prescrizioni".
S'impone, quindi, l'annullamento dell'ordinanza impugnata con rinvio al
Tribunale di Brescia, sezione per il riesame, per nuovo esame al fine di colmare il
vizio motivazionale rilevato.
4. In sede di giudizio di rinvio il Tribunale valuterà anche la circostanza
sopravvenuta (intervenuta condanna del ricorrente in relazione al delitto di cui
all'art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990 con irrogazione della pena di anni 1
mesi 2 giorni 20 di reclusione ed euro 1.400,00 di multa) dedotta nella memoria
difensiva del 22.12.2017, tenendo presente i seguenti principi di diritto: il
divieto, ai sensi dell'art. 275, comma secondo bis, cod. proc. pen., di
applicazione della misura cautelare della custodia in carcere, nel caso in cui il
giudice ritenga che, all'esito del giudizio, la pena detentiva irrogata non sarà
superiore a tre anni, non si estende agli arresti domiciliari o alle altre più tenui
misure coercitive (Sez.6, n.29621 del 03/06/2016, Rv.267793; Sez.2, n.4418
del 14/01/2015, Rv.262377); i limiti di applicabilità della misura della custodia
cautelare in carcere previsti dall'art. 275, comma secondo bis, secondo periodo,
cod. proc. pen. (testo introdotto dal D.L. 26 giugno 2014, n. 92, convertito con
modificazioni dalla legge 11 agosto 2014, n. 117) possono essere superati dal
giudice qualora ritenga, secondo quanto previsto dal successivo comma terzo,
prima parte, della norma citata, comunque inadeguata a soddisfare le esigenze
cautelari ogni altra misura meno afflittiva (Sez.2, n.46874 del
14/07/2016,Rv.268143; Sez.4, n.43631 del 18/09/2015, Rv.264828; Sez.3,
n.32702 del 27/02/2015, Rv.264261); il divieto, ai sensi dell'art. 275, comma
secondo bis, cod. proc. pen. di applicazione della misura cautelare della custodia
in carcere nel caso in cui il giudice abbia irrogato una pena detentiva inferiore a
tre anni, non impedisce di adottare la più grave misura cautelare qualora ogni
altra misura si riveli inadeguata e gli arresti domiciliari non possono essere
disposti per mancanza del luogo di esecuzione (Sez.5, n.7742 del 04/02/2015,
Rv.262838).
P.Q.M.
Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Brescia, Sezione
Riesame.
Così deciso il 09/01/2018
Avv. Antonino Sugamele

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