Notizie, Sentenze, Articoli - Avvocato Penalista Trapani

Sentenza

Trapani. Detenuto accusa un v.sovrintendente della polizia penitenziaria della Casa Circondariale di Trapani, perché, comunicando telefonicamente con la madre, sapendo di  essere ascoltato e registrato come disposto dal Magistrato di sorveglianza e  dunque, nella consapevolezza di comunicare anche con la Polizia penitenziaria,  accusava la parte offesa, pur sapendola innocente, di averlo ripetutamente  offeso e minacciato, di averlo costretto a dormire nudo in condizioni umilianti e  di averlo istigato a bruciare un materasso all'interno dell'istituto.
Trapani. Detenuto accusa un v.sovrintendente della polizia penitenziaria della Casa Circondariale di Trapani, perché, comunicando telefonicamente con la madre, sapendo di essere ascoltato e registrato come disposto dal Magistrato di sorveglianza e dunque, nella consapevolezza di comunicare anche con la Polizia penitenziaria, accusava la parte offesa, pur sapendola innocente, di averlo ripetutamente offeso e minacciato, di averlo costretto a dormire nudo in condizioni umilianti e di averlo istigato a bruciare un materasso all'interno dell'istituto.
Penale Sent. Sez. 6 Num. 3062 Anno 2018
Presidente: CONTI GIOVANNI
Relatore: VIGNA MARIA SABINA
Data Udienza: 28/12/2017

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
T.P. nato il ......a M.
avverso la sentenza del 22/11/2016 della CORTE APPELLO di PALERMO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere MARIA SABINA VIGNA
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore ANTONIETTA
PICARDI
che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con il provvedimento impugnato, la Corte d'appello di Palermo ha
confermato la sentenza emessa dal Tribunale di Trapani che ha condannato
P.T.i per il reato di calunnia in danno di un vice sovrintendente della
polizia penitenziaria in servizio presso la Casa Circondariale di Trapani, ove
l'imputato era detenuto all'epoca dei fatti, nonché per il reato di danneggiamento
di un materasso dell'amministrazione penitenziaria.
La condanna per danneggiamento non è stata oggetto di appello e, quindi,
relativamente a tale reato, la sentenza è divenuta definitiva.
Si contesta al ricorrente di avere calunniato un operante della polizia
penitenziaria perché, comunicando telefonicamente con la madre, sapendo di
essere ascoltato e registrato come disposto dal Magistrato di sorveglianza e
dunque, nella consapevolezza di comunicare anche con la Polizia penitenziaria,
accusava la parte offesa, pur sapendola innocente, di averlo ripetutamente
offeso e minacciato, di averlo costretto a dormire nudo in condizioni umilianti e
di averlo istigato a bruciare un materasso all'interno dell'istituto.
2.Avverso la sentenza ricorre l'imputato, il quale deduce i seguenti motivi di
ricorso:
2.1. Vizio di motivazione in relazione alla configurabilità dell'art. 368 cod.
pen..
L'accusa di reato è stata solo comunicata verbalmente, senza alcuna
formalizzazione, ed era quindi inidonea a concretizzare la possibilità di
instaurazione di un processo penale a carico della parte offesa.
2.2. Vizio di motivazione in ordine all'elemento soggettivo del reato.
Dalla conversazione intervenuta con la madre traspare l'intima convinzione
dell'imputato circa la colpevolezza dell'operante. I ripetuti esposti del ricorrente e
la richiesta avanzata dallo stesso di un «divieto di incontro» con l'accusato,
dimostrano la sua convinzione in merito a quanto asserito.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato e deve, pertanto, essere rigettato.
2. Il primo motivo di ricorso è infondato, avendo la Corte d'appello motivato
congruamente sulla irrilevanza del fatto che l'accusa di reato sia stata
comunicata solo verbalmente, senza alcuna formalizzazione, perché, ciò
nonostante, deve ritenersi idonea a concretizzare la possibilità di instaurazione di
un processo penale a carico della parte offesa.
Come correttamente evidenziato nel provvedimento impugnato, è pacifico
che l'imputato fosse a conoscenza che la propria telefonata era registrata e,
quindi, fosse consapevole che la Polizia Penitenziaria, che ha l'obbligo di riferire
all'Autorità giudiziaria, sarebbe venuta a conoscenza delle accuse mosse
dall'imputato alla parte offesa.
Ai fini della configurabilità del delitto di calunnia, nessuna valenza può
essere riconosciuta alla circostanza che il pubblico ufficiale non abbia denunciato
all'Autorità giudiziaria, ai sensi dell'art. 331, comma 4, cod. proc. pen., il fatto di
cui è venuto a conoscenza, costituente oggetto di falsa accusa, ritenendo non
sussistere una ipotesi di reato, poiché mentre per l'integrazione dell'illecito
previsto dall'art. 368 cod. pen. è sufficiente la corrispondenza anche solo
astratta del fatto falsamente denunciato ad una fattispecie penalmente rilevante,
l'obbligo di denuncia gravante sul pubblico ufficiale presuppone la configurabilità
in concreto del reato. (Sez. 2, n. 13932 del 18/02/2014, Rv. 259897).Perchè
sussista il reato di calunnia - che è di pericolo - non è, quindi, necessario l'inizio
di un procedimento penale a carico del calunniato, occorrendo soltanto che la
falsa incolpazione contenga in sé gli elementi necessari e sufficienti per
l'esercizio dell'azione penale nei confronti di una persona univocamente e
agevolmente individuabile; cosicché soltanto nel caso di addebito che non rivesta
i caratteri della serietà, ma si compendi in circostanze assurde, inverosimili o
grottesche, tali da non poter ragionevolmente adombrare - perché in contrasto
con i più elementari principi della logica e del buon senso - la concreta
ipotizzabilità del reato denunciato, è da ritenere insussistente l'elemento
materiale del delitto di calunnia (Sez. 6, n. 10282 del 22/01/2014, Romeo, non
mass.).
3. Quanto alla sussistenza dell'elemento soggettivo del reato, correttamente
la Corte territoriale ha messo in evidenza che l'imputato ha chiaramente voluto
sfruttare la conoscenza del provvedimento autorizzativo alla registrazione delle
conversazioni telefoniche da parte dell'Autorità giudiziaria, per precostituire le
false accuse a carico della parte offesa ed informarne di fatto l'autorità di polizia
che procedeva all'ascolto.
La circostanza che il contenuto delle affermazioni fosse falso e che il
T.i ne avesse conoscenza è provata, come puntualmente rilevato dai
giudici di merito, dal fatto che l'imputato, più volte sentito in procedimenti
disciplinari a suo carico, non ha mai denunciato comportamenti vessatori patiti
dall'operante della P.G.. E', invece, certo che l'imputato cercò in ogni modo di
farsi trasferire dal carcere di Trapani anche con proteste eclatanti, come
l'incendio appiccato al proprio materasso.
Come logicamente sottolineato dalla Corte d'appello, anche creare una
situazione di incompatibilità con la parte offesa rientrava chiaramente nel
disegno architettato da T. per ottenere il trasferimento.
3. Al rigetto del ricorso consegue la condanna dell'imputato al pagamento
delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 28 dicembre 2017
Avv. Antonino Sugamele

Richiedi una Consulenza