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Sentenza

I precedenti penali anche se numerosi non escludono la tenuità del fatto.
I precedenti penali anche se numerosi non escludono la tenuità del fatto.
Corte di Cassazione - Sezione IV penale - Sentenza 31 maggio 2017 n.27323 
I numerosi precedenti penali non escludono la non punibilità per particolare tenuità del fatto in favore del tossicodipendente che agevola lo spaccio, se i reati commessi in precedenza non sono della stessa indole. La Cassazione con la sentenza 27323 depositata ieri, annulla senza rinvio, la condanna inflitta dalla Corte d'Appello per concorso nell'offerta in vendita di sostanza stupefacente. L'imputato era andato nel luogo dove di solito c'era un pusher, per comprarsi una dose. Ma non disponendo della somma necessaria all'acquisto aveva fatto da “mediatore” portando un carabiniere in borghese dallo spacciatore, in cambio di due euro, che gli servivano ad integrare i dieci di cui già disponeva. La Corte territoriale aveva escluso la non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall'articolo 131-bis del Codice penale, considerando l'imputato un delinquente abituale in virtù delle precedenti condanne per: rapina, porto d'armi, ricettazione, furto e truffa. Crimini “accomunati” dal fine di lucro, al pari dell'agevolazione allo spaccio e dunque, secondo la Corte di merito, di ostacolo al beneficio. La Cassazione non è d'accordo. Per valutare la non abitualità del comportamento - spiega la Suprema corte - il parametro è quello indicato dall'articolo 131-bis comma 3 del Codice penale, secondo il quale il comportamento è abituale, in caso di più reati della stessa indole, anche se ciascun fatto considerato a sé è di particolare tenuità, oppure quando i reati hanno «ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate». Secondo la relazione illustrativa al Dlgs 28/2015, che ha introdotto la norma, però il comma descrive solo alcune ipotesi «in cui il comportamento non può essere considerato non abituale, ampliando quindi il concetto di abitualità entro il quale potranno collocarsi altre condotte ostative alla declaratoria di non punibilità».

La Cassazione precisa i parametri per spiegare il criterio che assimila l'indole di due o più reati: dalle circostanze oggettive, alle condizioni ambientali e della persona, dagli aspetti che rivelano un'inclinazione verso un certo tipo di crimine, alle modalità di esecuzione spia della propensione verso una specifica tecnica. In base a questi criteri - ammette la Corte - non si può negare che i precedenti dell'imputato condividano il fine di lucro con i reati in materia di stupefacenti. Tuttavia il codice penale (articolo 101) impone una verifica del caso concreto. E se la Corte d'Appello l'avesse fatta, avrebbe dovuto escludere il fine di lucro, vista l'esiguità della somma (2 euro) avuta in cambio del “favoreggiamento” nello spaccio. Il ragionamento porta la Cassazione ad escludere l'abitualità della condotta, in considerazione della diversa tipologia del reato e ad annullare direttamente la condanna. Sempre ieri, con la sentenza 27318, la quarta sezione è tornata sull'applicazione dell'articolo 131-bis. Questa volta per negare il beneficio, nel caso di uno spacciatore che aveva nascosto delle dosi di cocaina, sotto una pietra lungo una molto strada trafficata, e le “offriva” ai passanti. Inutile per la difesa invocare la non punibilità: la disponibilità di droga di diversa natura, anche in quantità rilevante, e l'offerta sulla pubblica via sono indicativi di una specifica gravità dell'offesa non compatibile con la particolare tenuità del fatto.
Avv. Antonino Sugamele

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