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Sentenza

Commercio di prodotti con segni falsi: è ipotizzabile il concorso della ricettazione?
Commercio di prodotti con segni falsi: è ipotizzabile il concorso della ricettazione?
Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 16/05/2019) 22-07-2019, n. 32733
REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMMINO Matilde - Presidente -

Dott. ALMA Marco Maria - Consigliere -

Dott. PARDO Ignazio - Consigliere -

Dott. COSCIONI Giuseppe - rel. Consigliere -

Dott. SGADARI Giuseppe - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

C.A., nato a (OMISSIS);

avverso la sentenza del 11/01/2018 della CORTE APPELLO di CATANIA;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere, Dott. GIUSEPPE COSCIONI;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale, Dott. MOLINO Pietro, che ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso.
Svolgimento del processo

1. Il difensore di C.A. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello di Catania dell'11 Gennaio 2018, che, in parziale riforma della sentenza di primo grado, aveva condannato C. per il reato di cui all'art. 648 c.p., dichiarando non doversi procedere per il reato di cui all'art. 474 c.p. in quanto estinto per intervenuta prescrizione.

1.1 Al riguardo, il difensore deduce, innanzitutto, che con l'atto di appello si era chiesta l'assoluzione anche per il reato di cui all'art. 648 c.p. adducendo che il delitto di commercio di prodotti con segni falsi non poteva concorrere con il delitto di ricettazione perchè le condotte attive presupponevano necessariamente una ricezione, contestuale o precedente del bene e, quindi, una ricettazione che pertanto, per il divieto del 21 bis in idem, non poteva concorrere con alcun reato che punisse la detenzione di quest'ultimo bene, ma la Corte di appello aveva disatteso del tutto la questione.

1.2 Il difensore, oltre alla mancanza di motivazione, eccepisce anche l'erronea applicazione della legge penale relativamente al primo motivo, non essendo applicabile anche l'art. 648 c.p. in concorso con l'art. 474 c.p..
Motivi della decisione

2. Il ricorso è inammissibile.

2.1 Relativamente all'unico motivo di ricorso, prospettato sia per mancanza di motivazione che per violazione di leggei si deve rilevare che, come costantemente sostenuto da questa Corte "il delitto di ricettazione (art. 648 c.p.) e quello di commercio di prodotti con segni falsi (art. 474 c.p.) possono concorrere, atteso che le fattispecie incriminatrici descrivono condotte diverse sotto il profilo strutturale e cronologico, tra le quali non può configurarsi un rapporto di specialità, e che non risulta dal sistema una diversa volontà espressa o implicita del legislatore". (Sez. 2, Sentenza n. 12452 el 04/03/2008 PG in proc. Altobello, Rv. 239745 - 01); sul punto vedi Sez. U, Sentenza n. 23427 del 09/05/2001, PM in proc. Ndiaye, Rv. 218771 - 01, nella quale, in motivazione, si evidenzia che "nella ricettazione viene incriminato l'acquisto e più in generale la ricezione (ovvero l'intromissione in tali attività) di cose provenienti da reato, l'art. 474 c.p. sanziona invece la detenzione per la vendita o comunque la messa in circolazione di beni con marchi o segni contraffatti e non contempla il momento dell'acquisto; l'azione raffigurata nella prima norma è istantanea, mentre la detenzione a fini di vendita è permanente ed interviene successivamente; dal raffronto tra le due norme emerge dunque che le condotte delineate sono ontologicamente nonchè strutturalmente diverse e che esse non sono neppure contestuali, essendo ipotizzabile una soluzione di continuità anche rilevante; nè varrebbe assumere che l'una presuppone l'altra: infatti, se la detenzione implica per sua natura un'apprensione, questa non integra sempre la ricettazione, ben potendosi verificare un acquisto senza la consapevolezza del carattere contraffatto dei segni (elemento essenziale della ricettazione), con posticipata presa di conoscenza e deliberazione di porre in circolazione i relativi prodotti. In tal caso la ricettazione non sarà addebitabile, non certo perchè vi sia concorso apparente di norme, bensì perchè gli estremi della medesima non risultano realizzati; di converso potrebbe accadere che la ricezione del bene con marchio contraffatto integri detto reato, ma non si addivenga all'altro ed allora è ovvio che si risponderà solo di ricettazione".

2. Per le considerazioni esposte, dunque, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Ai sensi dell'art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonchè - ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità - al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di Euro 2.000,00 così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

La natura non particolarmente complessa della questione e l'applicazione di principi giurisprudenziali consolidati consente di redigere la motivazione della decisione in forma semplificata.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle ammende.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 16 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 22 luglio 2019
Avv. Antonino Sugamele

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